Capitolo 1: ***Prologo***

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Chanyeol ha sempre pensato che nulla accada per uno specifico motivo e, sopratutto, niente sia deciso in partenza.
Sin da quando era piccolo era convinto che le fortune, le disgrazie, le morti e le sofferenze fossero dovute al caso: semplici incidenti di percorso in una vita banalmente costellata di ostacoli. E guai a parlargli di astri, zodiaco, oroscopi e compagnia varia. Chi osava pronunciare queste parole in sua presenza veniva brutalmente deriso dalla bocca ironicamente sorridente del bambino con le orecchie troppo grandi e le gambe spropositatamente lunghe.
A dirla in parole semplici, Park Chanyeol non ha mai creduto nel destino.

Ma, com'è giusto che sia, anche le regole più ferree hanno le proprie eccezioni, e l'eccezione che mette in dubbio tutte le certezze di Chanyeol risponde al nome di Byun Baekhyun.
Baekhyun è – o era, il ragazzo non ha ancora deciso quale dei due tempi verbali sia più corretto da utilizzare in queste situazioni – il migliore amico di Park Chanyeol: l'unico ammasso di cellule umane sulla superficie del pianeta Terra in grado di smuovere il suo cuore fossilizzato.

La vita di Chanyeol è scandita da piccoli, regolari, simmetrici pensieri; quella di Baekhyun – se vita si può chiamare – da porte blindate, muri bianchi e un incessante ticchettare di orologi da parete.
È crudele come l'esistenza di una persona possa cambiare così velocemente da non rendersene conto, ed è ancora più devastante ricordarsene ogni giorno, ad ogni risveglio.
Ha cercato molte volte di cancellarlo, ma è ovunque.
È Baekhyun la mattina tra le lenzuola, è Baekhyun che si bagna sotto la doccia, è Baekhyun con il gelato al ribes, è Baekhyun alle dieci del mattino con la seduta di psicofarmaci, è Baekhyun sotto la pioggia, è Baekhyun con la vasca da bagno colma d'acqua ed un asciugacapelli acceso tra le mani, è Baekhyun con un sorriso che non riconosce più. È Baekhyun, Baekhyun, Baekhyun.
A volte, Park Chanyeol, ha desiderato morire.

Un giorno di tre anni fa, mentre parla con Lu Han, confida di aver tentato il suicidio. Lu Han spalanca le labbra e boccheggia incredulo, Chanyeol si limita a scuotere appena la testa.
Ci era andato così vicino dal pensare addirittura di poterci riuscire, ma il palmo della mano con cui reggeva la mezza scatoletta di antidepressivi tremava troppo per raggiungere la sua bocca. E la foto che ritraeva se stesso assieme all'amico era troppo vicina ai suoi occhi.
Park Chanyeol si è sentito un vigliacco, come la prima volta in cui ha messo in dubbio le sue innate convinzioni, in un piovoso giorno autunnale.

Ha guardato fuori dalla finestra ed osservato pigramente le gocce picchiettare sul davanzale della cucina – anche se non cucinava per sé un pranzo degno di quel nome da più di un mese, ma la cosa non lo preoccupava – e, ad ogni goccia che moriva al momento di baciare il terreno, Chanyeol aveva concepito un pensiero nuovo.
Quando il telefono ha squillato, stava riflettendo sul fatto che per ogni morte ingiustificata, da qualche parte nel mondo, qualcuno avrebbe vissuto più a lungo.
Si era soffermato nell'osservare il numero sconosciuto che compariva sullo schermo del suo cellulare, poi si è deciso a rispondere.
Gli istanti che seguono sono pochi secondi tremendamente nitidi, un marchio a fuoco nella sua memoria.

Sono passati tre anni da quando Chanyeol ha sentito per la prima volta la parola schizofrenia paranoide.
Tre anni da quando ha urlato contro il cielo, maledetto il destino, maledetto Dio e ha sentito qualcosa dentro di sé spezzarsi con un suono secco.

Sono passati tre anni, e Park Chanyeol continua a visitare Baekhyun in clinica tutti i giorni, con in mano un gelato al ribes e sul viso un'espressione che non è più la sua.

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