1. Dinuovo in viaggio

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"Aveva trascorso tutti quegli anni lontana da se stessa. Un campo arido, riarso, al di là di ogni lamento o desiderio, al di là del sogno, della delusione. Il futuro non aveva importanza. E dal passato aveva appreso solo questa lezione di saggezza: l'amore era un errore pericoloso e la sua complice, la speranza, un'illusione insidiosa. E ogni qualvolta quei due fiori velenosi incominciavano a sbocciare nella terra assetata di quel campo, Mariam li sradicava. Li sradicava e li gettava via, prima che potessero attecchire".

"Vedete, ci sono cose che vi posso insegnare io, altre che potete imparare dai libri. Ma ci sono cose che bisogna vedere e sentire".

"Non si possono contare le lune che brillano sui suoi tetti,
né i mille splendidi soli che si nascondono dietro i suoi muri".

Mi sono sempre chiesta come le nuvole potessero assumere tutte quelle forme così simili a oggetti, persone o luoghi lontani. Non ricordo neanche quante volte ho fatto quella domanda ai miei genitori. Mentre da mio padre ricevevo sempre la stessa risposta secca "sono solo casualità", mia madre rispondeva sempre in modo differente per rendere però sempre lo stesso concetto, uno di questi, non che il mio preferito, era "le nuvole si muovono mosse dal vento, la gente impegnata non le nota neanche ma la gente con una grande fantasia e una grande voglia di conoscere ci vede ciò che li rende più felici e tu sei proprio così, Talita".

Non ho mai dimenticato le parole di mia madre e, in effetti, crescendo, sono diventata proprio come aveva detto lei, una ragazza con molta fantasia e voglia di conoscere. Fin da piccola mi sono dedicata anima e corpo allo studio, amando il piacere che si prova a conoscere cose nuove su tutto quello che ci circonda. A sei anni conoscevo a memoria le capitali degli stati di mezzo mondo. A sette anni li conoscevo tutti.

Mi sono sempre vantata di questo e a scuola i compagni mi affibbiarono il titolo di secchiona. Ma non me la prendevo, anzi, mi vantavo ancora di più.

In ogni scuola in cui andavo la mia istruzione cresceva e si ampliava e viaggiare mi ha permesso di conoscere dal vivo molti di quei luoghi che prima avevo visto solo in una cartina. Mi vantavo pure di questo, il viaggiare. Una cosa che m'invidiavano tutti i bambini e ragazzini nuovi che conoscevo in ogni scuola, ma non si sono mai soffermati a chiedermi perché viaggiassi così tanto, senza potermi fermare abbastanza in un posto per farmi un amico, quell'amico o amica che ero io, questa volta, ad invidiare agli altri.

"Talita! Andiamo è tardi."

Chiudo le pagine del mio libro preferito tenendo il segno con l'indice mentre mi alzo dal mio stato di quiete. Mi sembra una scena già vista. Valige davanti alla porta, finestre chiuse per l'ultima volta, aria tesa, frenesia, tutti dettagli che seguono l'ennesimo licenziamento di mio padre.

Girando gli occhi al cielo nel compiere sempre la stessa routine da anni, poso il mio libro nella mia solita borsa di pelle sgualcita mentre lasciamo l'ennesimo appartamento in affitto.

"Dove andiamo questa volta?"- oso chiedere mentre siamo su un taxi con meta indefinita.

"All'aeroporto."- risponde mio padre, con indifferenza, accendendosi una sigaretta.

"Aeroporto?"

"Si, sarà un viaggio un po' più lungo questa volta."

"E dove stiamo andando di preciso?"- chiedo ancora troppo curiosa per non farlo.

"Ho trovato lavoro a Los Angeles."- risponde prendendo un tiro di sigaretta stringendo le guance e strizzando gli occhi in un'espressione a cui sono ormai abituata.

Los Angeles, di male in peggio. Lasciare Istanbul per andare a Los Angeles, negli Stati Uniti.


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