8. Gemma

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Durante il breve tragitto composto dallo splendente prato verde che porta dalla casa della servitù all'incantevole villa, non ho fatto altro che chiedermi il perché la signora Anne mi abbia mandata a chiamare. Le ipotesi sono svariate. Potrebbe chiedermi di buttare fuori la spazzatura o di aiutare la cuoca in cucina oppure ancora di pulire qualche bagno. Nonostante i miei sforzi mentali non riesco ad immaginare lei che mi chiede qualcosa che non implichi qualche faccenda domestica, sebbene io effettivamente non lavori neanche qui.

Nei pochi giorni che ho passato qui, non sono più rientrata in quest'enorme casa dopo l'incontro con i padroni e sinceramente non faccio certo i salti di gioia nel farlo. Tutto questo lusso mi mette a disagio e mi fa sentire inferiore, per questo appena metto piede nell'ingresso e la porta mi viene aperta dall'elegante maggiordomo Conrad che saluto con un sorriso, mi sento improvvisamente nervosa.

Di sicuro rifiuterò qualsiasi richiesta di pulire un bagno o rifare un letto, io non sono una serva.

"La signora ti sta aspettando al piano di sopra." - mi informa Conrad gentilmente.

Anche se preferisco restare sempre al mio posto al sicuro nella mia immagine posata di ragazza per bene, ammetto che sono molto curiosa di visitare questa casa. E' così grande e spaziosa, troppo forse per tre sole persone. Vorrei tanto sapere cosa c'è in ogni stanza, deve essere interessante scoprirlo. Per ora mi accontento di scoprire il piano di sopra, percorrendo la larga scalinata in marmo bianco, cercando a tutti i costi di non far rimbombare i miei passi per tutta la sala.

Mi addentro all'interno del largo corridoio, anch'esso decorato con quadri enormi e tavolini in legno scuro disseminati un po' a destra e un po' a sinistra con il solo obbiettivo di sorreggere vasi di fiori, fotografie o piccole bomboniere apparentemente di nessun valore, ma in questa casa niente è privo di valore. Anche un semplice sopramobile sembra costoso qui dentro.

"Talìta." - Anne sbuca fuori da una delle tante stanze richiamando la mia attenzione. E' davvero una bella donna e il vestito lungo nero che indossa insieme agli orecchini brillanti le danno un aspetto davvero regale, suppongo stiano uscendo per una delle loro solite cene di lavoro.

"Salve, mi hanno detto che mi cercava."

"Si infatti, vieni entra."- mi sorride invitandomi ad entrare in quella che sembra la loro camera matrimoniale. Anche questa volta non passa inosservato il grande letto a baldacchino ricoperto da inutili cuscini decorativi e le brillanti ante a specchio dell'armadio a muro. -"volevo chiederti un favore, tesoro. Purtroppo la babysitter questa sera mi ha abbandonata."- comincia con un sorriso mentre una tenera bambina con un pollice in bocca appare da dietro la gonna nera della madre. -"sei disposta a guardarla mentre siamo via?"- mi chiede quasi timorosa.

E' bello vedere che le persone che vivono qui non sono come quelle che ci si aspetterebbe. Ho sempre accomunato il troppo lusso a quelle famiglie che non fanno altro che sperperare denaro solo per apparire migliori degli altri. Eppure posso confermare che questa famiglia è l'eccezione che conferma la regola. Conoscendo i signori Styles ho capito che tutto ciò che li circonda è solo frutto di duro lavoro e tanta volontà, nient'altro. E' questo che mi fa pensare che si meritano tutto ciò che hanno e io sono rimasta affascinata da questa donna che sembra quasi dispiaciuta di chiedermi un piccolo favore che non posso di certo rifiutare.

"Se vuoi posso pagarti, non c'è problema."

"No! non c'è bisogno, lo faccio volentieri."

Mi affretto a rispondere felice. Non mi farei mai pagare per una cosa del genere e poi è già una ricompensa sapere che, seppur conoscendomi da poco, si fida di me a tal punto da farmi badare a sua figlia.

"Ti ringrazio Talìta, sei un angelo. Non te lo avrei mai chiesto se non fosse stata un'emergenza."- dice voltandosi verso lo specchio per dare una passata di rossetto sulle labbra. -"è spuntata fuori questa cena all'improvviso e non ho fatto in tempo a chiamare qualcuno. Avrei potuto lasciarla ad Harry ma lui probabilmente non sa badare neanche a se stesso."- continua con un certo rimorso nella voce.

Mentre l'ascolto parlare sento che qualcosa o qualcuno strattona un lembo della mia gonna facendomi abbassare lo sguardo. Vedo la bambina di cui non conosco ancora il nome fissarmi con ancora con il suo pollice in bocca e i suoi occhi castani identici a quelli di Anne. Istintivamente le mie ginocchia si piegano per raggiungere la sua piccola altezza.

"Le piaci."- afferma Anne guardandoci dal riflesso dello specchio.

"Come ti chiami?"- le chiedo curiosa, ma dalla sua bocca non esce alcun suono, deve essere molto timida.

"Non ti risponderà."- parla invece Anne che si avvicina a noi sedendosi sul bordo del letto.

"Come mai?"

"Il pediatra dice che è solo una fase passeggera che spesso capita ai bambini piccoli, dice anche che presto parlerà, ma ha già cinque anni e non l'ho ancora sentita dire mamma o papà."- risponde la donna in tono abbastanza triste. Decido comunque di non infierire e di regalare un sorriso alla bimba che silenziosa si dondola prendendomi la mano con la sua libera.

"Si chiama Gemma."- conclude Anne alzandosi dal letto quando il marito la richiama dal piano di sotto per informarla che è ora di andare. -"dobbiamo andare, se hai bisogno di qualcosa puoi chiedere alla cuoca in cucina, è molto materna e conosce bene Gemma. Non faremo tardi."- continua abbracciando e baciando sua figlia sulla morbida guancia per salutarla.

Prima che possa pensare a cosa fare, Anne è già andata via e il portone d'ingresso al piano di sotto si chiude risuonando per tutta la casa. Gemma mi fissa curiosa, forse chiedendosi cosa ho intenzione di fare. Il problema è che non lo so neanche io, non ho mai badato ad una bimba tanto piccola fin'ora.

"Allora, cosa ti va di fare?"- chiedo stupidamente. - "ah, già, tu non parli."

Mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa che, un'ispirazione che probabilmente non troverò nella camera da letto dei signori Styles. Comprendendo che è inutile restare qui, prendo dolcemente la manina libera di Gemma e la conduco al piano di sotto stando attenta a non farla cadere dalle scale. Questa cosa si sta rivelando più difficile del previsto. Per un attimo, una volta arrivati giù, mi sono ritrovata a pensare a me alla sua età, cosa mi piaceva fare a due anni?

"Gemma, ti piacciono i fiori?"

Non mi aspetto certo una risposta vera e propria da parte sua ma sono contenta quando vedo un leggero cenno del capo. Il sole ormai sta già tramontando ma c'è ancora quel poco di chiarore arancione che rende piacevole e colorato il giardino fiorito fuori casa. Prima di entrare pochi minuti fa ero preoccupata di non poter terminare la mia lettura di biologia, ma ora, devo dire che sono contenta e con la testa più leggera. Forse è il primo momento di vero relax da quando sono qui.

"Sai quando vivevo in India, mia mamma mi portava sempre in giardino ad intrecciare fiori."- racconto alla bimba seduta a gambe incrociate insieme a me sul prato. -"Ricordo che mi divertivo a strappare i petali delle margherite e a lanciarle in aria come se piovessero fiori."- sorrido a quel ricordo mentre la piccola che ha finalmente utilizzato entrambe le mani per raccogliere un fiore giallo, mi ascolta guardandomi di tanto in tanto.

Non intrecciavo fiori da anni, i posti in cui abbiamo vissuto io e papà erano appena vivibili e non c'era traccia di prati o giardini. Questo posto è veramente una manna dal cielo, mi ritrovo molto più spesso a pensare a mamma in questo periodo. Forse per i fiori, forse per la dolcezza di Anne che mi ricorda lei, non so di preciso cosa sia, ma è una bella sensazione respirare aria fresca e sentirsi di nuovo leggeri e spensierati come un tempo. In qualche modo Gemma riesce a comunicare con solo uno sguardo, la fisso, ha quell'aria crucciata di chi non sa come legare tra loro i fiori, ma poi il suo sguardo si rilassa quando ha capito come fare. Mi ricorda tanto me da piccola e questa cosa mi fa sorridere mentre il leggero venticello smuove i miei capelli insieme agli orecchini colorati di mille colori che ho comprato l'anno scorso in un bazar turco.

Improvvisamente la bimba alza lo sguardo mettendo una mano sulla fronte per non accecarsi con la luce del sole tramontante. Inizialmente penso stia guardando me ma poi capisco che il suo sguardo è diretto oltre le mie spalle. Mi giro velocemente per dare un'occhiata e la mia attenzione è richiamata da un'alta figura vestita con jeans e t-shirt nere, non di certo il mio stile, io amo i vestiti colorati.

Harry ci fissa per qualche secondo in lontananza probabilmente con l'obbiettivo di entrare in casa. Per cortesia alzo una mano per salutarlo e noto subito che Gemma fa lo stesso con molto più entusiasmo, deve volere molto bene a suo fratello, il quale le rivolge in piccolo cenno e un piccolo sorriso. Prima di entrare in casa lancia un ultimo sguardo a me, uno sguardo così cupo e duro, quasi arrabbiato, ma perché mai dovrebbe essere arrabbiato con me? Non abbiamo mai neanche parlato.

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