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E in tutto quel casino, Mycroft chiamò. Sherlock prese meccanicamente il telefono, lo fissò a lungo, molto a lungo, e poi con un gesto veloce lo scagliò contro la finestra.
"Lo sapevo"
Voleva urlare di gioia, saltare e ballare, ma sentiva che non aveva ne fiato ne energia.
"Lo sapevo"
Sussurrò ancora. E poi, senza preavviso, iniziò a piangere.
John lo fissava, dubbioso e sotto shock. "Sherlock, perché piangi? Non ti preoccupare, lo rimetteremo dentro. Andrà tutto bene"
Sherlock scuoteva la testa e piangeva.
Miss Hudson guardò John con aria di disapprovazione. "Lei non capisce proprio niente" e si girò a guardare Sherlock.
Il detective, con le guance rigate di lacrime e un sorriso a trentadue denti, stava sussurrando, più a se stesso che altro "non sono più solo"

Dentro il computer, era poi venuto fuori, c'era una lista di persone che erano state inserite in un programma protezione testimoni: tutte le vittime. Avevano tutte assistito a qualche malefatta di Moriarty, ed erano uscite dal programma dopo la sua morte apparente. Insomma, una vendetta e un ritorno grande stile tutti insieme, solo quell irlandese di Jim poteva riuscirci.
John aggiornava meccanicamente il blog, ma continuava a pensare alla reazione di Sherlock. Non se la sapeva proprio spiegare, cosa lo aveva reso così felice? La sua nemesi di nuovo viva? Rilesse l'ultima riga che aveva scritto e trovò cinque errori di battitura e uno di grammatica. Sospirò, e pensò che doveva proprio concentrarsi e non pensare a cose difficili come le interazioni sociali del suo amico. Tanto sono incomprensibili.

Sherlock prese una penna e un biglietto. Scrisse in fretta il suo messaggio, e poi lo consegnò a uno dei suoi vagabondi, insieme a una banconota da cinquanta sterline. Il foglietto per vari giorni viaggiò di tasca in tasca, spostandosi verso Dublino. Salì sull'ultimo treno nella borsa di una viaggiatrice a sbafo, che lo consegnò al giornalaio. Venne poi infilato in un giornale, lanciato verso una porta. Raccolto, imbustato e spedito a un altro indirizzo. Due mani guantate lo recuperarono dalla posta e lo posarono, assieme ad altre lettere, su un vassoio d'argento. Il maggiordomo poi entrò con passo sicuro in un ufficio. "La posta, Sir"
L'uomo alla finestra si girò lentamente, sorridendo gelido. "Grazie Bill, posala lì." Moriarty si avvicinò con eleganza alla scrivania e si sedette sulla poltrona di cuoio. Scartò varie lettere, ma qualcosa gli disse di aprire la busta senza mittente. Lesse la scritta veloce in penna blu e indovinò subito di chi fosse: il suo sociopatico preferito.
"Voglio vederti"
E fu allora che il suo sorriso si scaldò.

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