Momoko - parte 1 di 2

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Si chiamava Momoko, piccola pesca. Era nata in Giappone da genitori giapponesi ma in seguito era cresciuta in Francia, cosicché quando apriva bocca pareva di vedere Bruce Lee recitare una poesia di Baudelaire.
Aveva capelli neri lisci come spaghetti, due petali di rosa come bocca e una risata che pareva imitare il suono dei sonagli.
Momoko vestiva solo con pizzi rosa e merletti, suonava il violoncello, aveva un piccolo siamese di nome Cecì, alla tv guardava solo cartoni animati.
E uccideva le persone.
Faceva parte della più pericolosa organizzazione criminale di tutta la Francia, e ne era felice, poiché gli omicidi erano il suo passatempo preferito. Nella sua piccola cameretta sui toni del rosa e del celeste aveva un armamentario incredibilmente assortito, del quale si serviva con entusiastica gioia almeno una volta alla settimana. Era quella, infatti, la frequenza con la quale le sue mani si macchiavano di sangue.
Le piaceva inoltre scattare delle fotografie alle sue malcapitate vittime dopo aver tolto loro la vita, per poi conservarle nel suo apposito album, con sotto appuntati il giorno e l'ora del delitto. Spesso sfogliava le pagine di quel suo personale libro la notte, prima di addormentarsi: era una cosa che la rilassava come poche altre. Guardava le immagini di quei corpi scomposti, esanimi, di quei visi esangui, e le tornavano alla mente la gioia e la soddisfazione del momento in cui li aveva resi tali.
Ma c'erano anche delle cose che a Momoko proprio non piacevano, che la turbavano, addirittura. Come ad esempio le coccinelle. Amava portarne delle imitazioni artificiali come gingilli ma detestava quelle vere, e se le capitava di trovarsene una sott'occhio la schiacciava senza pensarci due volte. Inoltre detestava a morte i pantaloni, ella stessa indossava infatti solo gonne o abiti. I pantaloni a differenza delle coccinelle non erano una cosa che poteva schiacciare, ma l'avrebbe volentieri fatto a coloro a cui li vedeva indosso. Era solita dire, infatti, che a uccidere qualcuno che non portava i pantaloni provava metà del piacere.
Suo marito si chiamava Antoine. Era un pasticcere di origini tedesche che portava i lunghi capelli sempre raccolti in una coda e quello, insieme al fazzoletto al collo ed i baffi, era il suo segno di riconoscimento.
I due si amavano di un amore puro ed etereo, trascendentale, del tutto incontaminato dagli aspetti pratici della vita coniugale. Ma non dall'omicidio. Fu lui, infatti, a uccidere Momoko nel sonno.
Ma questo nessuno lo seppe mai.

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Post scriptum: narrazione PURAMENTE ALLEGORICA.

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