~Capitolo 1~

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Incurvai le labbra in un sorriso scarno, prima di balzare giù dal materasso logoro, nel quale le molle gracchiarono pesantemente, accorgendomi della forma del mio corpo sul materasso, come un calco.

Sentii la serratura delle sbarre di ferro, scattare sull'attenti, per lasciarmi il dominio di oltrepassarle.

Guardai Matthew farmi cenno con la testa di uscire, mentre estraeva il mazzo di chiavi, che tintinnò fastidiosamente.

Non mi voltai per vedere quel buco di merda, dove avevo speso ben diciotto anni della mia vita.
Lo fissai, vedendolo tenere le manette tra le mani, e feci una risata contenuta ed amara.

"È la prassi" affermò limpido, vedendo il mio sguardo puntato sulle manette.
Innalzai un sopracciglio in modo del tutto indifferente, portando le braccia dietro la schiena, sentendo il metallo freddo al contatto con i miei polsi roventi.

Percorremmo il corridoio spoglio, dove i muri erano screpolati, incolore, ed i fedeli amici di "merende" ancora rinchiusi. C'è chi mi salutava come se fossi stato un Dio sceso sulla terra. La verità era che io e Dio non ci saremmo mai incontrati. La mia presenza in paradiso non sarebbe stata gradita, e probabilmente come un lanciafiamme avrei fatto terra bruciata, di tutto quel candore.

Restai fermo sul posto, arrivando davanti ad una porta bianca che Matthew si apprestò ad aprire, tirando giù la maniglia di ferro, lasciandomi passare.
Vidi il tenente Preston di spalle, che guardava oltre la grande vetrata, i novellini. Si girò verso di me, squadrandomi per poi abbassare il mento, come cenno di saluto, tenendo le mani dietro la schiena in modo diligente.
"A cosa devo questa sua scelta?" Domandai sarcastico, fregandomene altamente di un cazzo di "buongiorno".

Si schiarì la gola, facendo cenno con la mano spiegata di sedermi difronte al tavolo di legno ciliegio.
"Non ne sembri contento" proclamò con voce raschiata, tentando di riprendere il normale tono, ma vano poiché poteva essere causa di un mal di gola.
Si accomodò sulla poltrona cognac, poggiando il braccio sul bracciolo di plastica nero.
"In tanti anni di carriera ho visto molte teste di cazzo passare per qui. Ma nessuno ti ha mai eguagliato. C'è chi è marcito qui dentro, esalando il loro ultimo respiro. C'è chi è riuscito a diventare un buon samaritano, ma tu..." scosse la testa pelata, divertito, puntandomi un dito contro, ripetute volte come se avesse avuto una bacchetta in mano.
"Tu non cambierai mai. Ma hai sempre aiutato tutti i carcerati. Ti sei reso disponibile a pulire la merda al posto degli altri. E questo , fa di te una persona buona. Per quanto tu non lo voglia ammettere Rudy. Devi ringraziare la tua buona condotta ed una stella fortunata. Non farmene pentire" concluse con sguardo severo, quanto la tonalità di voce, mentre restavo quasi impassibile. Avrei dovuto dire che un cuore marchiato di veleno, non può essere ripulito. Ma avevo quarant'anni. Avevo passato più tempo del dovuto qui. Confondendo i sogni neri, con la realtà paradisiaca. Già perché per me questo era il paradiso, e quando i miei occhi si chiudevano, venivo catapultato nell'inferno. Senza passare mai dal purgatorio.

"Bene" affermai solamente, come se non fossi stato per niente grato, del suo biglietto per la libertà. Non ringraziavo nessuno, non chiedevo scusa. Non rientravano nel mio vocabolario.

Annuì con la testa, timbrando di nero qualche foglio.
"Puoi riprenderti i tuoi effetti di valore" rivelò pacato, facendo cenno a Matthew di togliermi le manette.
Venni privato del contatto freddo, sentendo i polsi liberi, e come se fossi stato meccanizzato, allungai una mano verso il tenente, che ricambiò, stringendoci la mano.

Feci per andare verso la porta, con una mano poggiata sulla maniglia. Ma mi bloccai, per via della sua voce.
"Addio Rudy" mi salutò contento, come a congratularsi con me, mentre alzai solo il mento, richiudendo la porta alle mie spalle, con un tonfo netto.

Ripresi da un armadietto di metallo, ogni minima cosa che avevo. Solo un cellulare, un portafoglio, ed un paio di occhiali.
"Ci rivedremo amico. Qualche volta vado ad un pub. Il Matador. Spero di vederti" rivelò cristallino Matthew, guardandomi con gli occhi verdi lucidi.

"Ci rivedremo di sicuro" affermai veritiero, dandogli una pacca sulla spalla, e venendo accompagnato fuori. Oltre le mura di quel carcere, oltre il cancello.
Finché non respirai la libertà. M'inforcai gli occhiali con le lenti a specchio, vedendo il sole. Il mio acerrimo nemico. Lo guardai per sfidarlo, quasi a volergli rivelare la mia presenza, ed impaurendosi di rivedermi allo scoperto. Perché era tornato qualcosa di più potente. La mia oscurità.

Dark Soul   -Anima Oscura- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora