~Capitolo 2~

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Mi avviai verso l'unica cosa che mi era rimasta. La mia Harley Davidson rossa fiammante. Si abbinava perfettamente con il colore della mia anima. Salii sopra, aggiustandomi gli occhiali a specchio sul viso, con l'indice, sentendo finalmente il sapore dell'inquinamento cittadino. L'odore del gas, della benzina, del caffè, degli hamburger marci nella periferia. L'odore di merda e urina, ai muri della città malandata. Little Havana. Potevo dire di essere caduto nei bassi fondi, da Downtown a qui. La notte era sempre illuminata, sempre in movimento. Miami non dormiva mai, non si stancava mai di mostrare la sua imponenza e l'immensa bellezza. Non si stancava di mostrare il lato oscuro che spiccava di notte, tra le luci colorate e caleidoscopiche. Ingannava, ingannava come me Miami. Dava un aspetto di bellezza, ma all'interno portava solo del marcio.

Girai per i quartieri cubani, vedendo alcuni fumare i sigari, con il loro tipico tanfo acuto, seduti su sedie di paglia consumata, fuori dai negozi. Donne di colore, con treccine a contornare la folta capigliatura, fuori dai saloni a chiacchierare e sgridare i bambini, che si allontanavano verso la strada per giocare a pallone.

Mi rabbuiai a quel ricordo, mantenendo lo sguardo freddo sulla strada non del tutto immacolata.

Cosa avrei fatto non lo sapevo. Dove sarei andato ancor meno. Ma ero sicuro che dei miei incubi non mi sarei mai separato.

Percorsi il quartiere, quando arrivai in un vicolo stretto, sentendo una voce familiare al mio udito. Rallentai fino a fermarmi, sentendo il battere delle mani su dei bidoni di metallo.

Sostai la moto, vicino al muretto, scendendo.

Un piccolo viadotto, stretto. Mi tolsi gli occhiali, appendendoli alla giacca di pelle.

Finché non mi avvicinai a quel gruppo di ragazzi, che si girarono rimanendo ammutoliti. Chi ancora le mani sospese, pronte a colpire il coperchio dei bidoni con tonfi pesanti. Chi intento a formare strisce perfette della polverina magica. Libidinosa.

Quando Asthon si portò una banconota arrotolata, vicino alla narice, tappando l'altra per tirare su la sua medicina migliore. Storse il naso, scuotendo la testa come a riprendersi, mentre un ragazzo gli batté una mano sull'avambraccio.

"Tu chi cazzo sei?" Domandò un ragazzo, con un codino rilegato dietro, i capelli neri e la pelle olivastra, portando in avanti le spalle per aggiustarsi il gilet di jeans.

"Il cazzo che mi pare. Il cazzo che se mi fai incazzare ti pesta a sangue" affermai strafottente, sorpassandolo con una spallata. Finché Ashton ancora assolto dalla sua merda, non alzò gli occhi neri, incontrando a poco i miei. Intravidi un brillio nelle sue iridi consumate, ed arrossate, da tutta la droga che assumeva. Il viso scarno e pallido.

"Ru...cazzo Rudy. Sei tu?" Domandò stralunato e con voce impastata, mangiandosi le vocali, alzandosi per venirmi incontro.

"Il diavolo in persona bello" spalancai le braccia in modo teatrale, aprendo le labbra in un sorriso gioioso, avvicinandomi finché non lo abbracciai, tirandogli delle pacche sulla spalla destra.

"Cazzo amico" si lamentò quasi, ma ancora esterrefatto, scostandosi da me.

"Noto che la potenza nelle mani è rimasta immune" si beffeggiò lanciando uno sguardo con il mento, verso le mie mani.

"Ciò che non si uccide, può solo fortificarsi" rivelai secco. Per poi ridere e sciogliere la tensione che sembrava essersi creata.

"Sono passati diciotto fottuti anni. Dove cazzo sei stato?" Chiese incredulo, come se non sapesse un cazzo della mia fottuta prigionia.

Esalai un sospiro, rilasciato nel vento fresco di quella stradina malandata.

"A sbattermi novellini in prigione. Ho una fottuta voglia di scoparmi una fica stretta" rivelai voglioso, sentendomi eccitato al solo pensiero di penetrare una fica.

"Amico, giuro che non sapevo niente. Quelli degli alti borghi non parlano, non si mischiano con gente come noi. Credono di essere troppo superiori. C'è un nuovo boss in città. Si dice che spacci terrore insieme alla miglior cocaina di tutta Miami" mi fece quella rivelazione quasi in un bisbiglio, gesticolando con la mano piena di anelli, girandola a formare un cerchio invisibile, avvicinandosi a me per non farsi sentire dai ragazzi che non conoscevo.

"Hmm" serrai le labbra, simulando un verso interessato, passandomi una mano tra i capelli castani.

"Ho bisogno di un favore" confessai, passandomi una mano sulla fronte, vedendolo annuire e poggiare una mano sulla mia spalla.

"Sputa amico. Lo sai per qualsiasi cosa, io ci sono" ammise limpido, guardandomi negli occhi, dove potevo vedere ancora delle piccole vene rosse, intorno all'iride.

"Hai bisogno di droga? Di fica?" Domandò a raffica, emettendo una risatina sarcastica.

"Ho bisogno di un posto dove stare. E di una fica da sfondare" ammiccai sull'ultima parte, vedendolo alzare il mento ed annuire compiaciuto.

"Bello ho tutto ciò che ti serve. Una vecchia catapecchia disabitata. Non è il massimo del comfort ma..." Lo bloccai con un'alzata di mano.

"Andrà benissimo" affermai risoluto, non volendo perdermi in stronzate superficiali.

"Perfetto. E se vuoi Sharon è disponibile. È una escort che lavora qui nei bassi fondi, non prende tanto, ma è meglio di niente" m'informò pacato, mentre mi passi una mano sul collo, massaggiandolo quasi.

"D'accordo" confermai rigido, sentendomi davvero frustrato. Tanto tempo passato senza vedere un buco, che sembrava di morire di fame. Era peggio. La fica la necessitavo come acqua nel deserto.

Sentii un rumore di chiavi, tintinnare tra loro, vedendo che staccò una chiave dal suo mazzo, lanciandomela.

"È infondo a questa strada. Vai sempre avanti, e poi ti trovi ad un bivio. Prendi la strada a destra, due metri più avanti la trovi. Non ti sbagli. Il cancellino è sempre aperto, e l'aiuola fa schifo" mi spiegò nuovamente scusandosi quasi con un'alzata di spalle.

"È anche troppo Ash, e non sarà per sempre" lo rassicurai cristallino, alzando il mento.

"Ci vediamo in questi giorni. Salutami la tua combriccola" mi feci beffa dei ragazzi che tiravano coca, e ridevano sguaiati. Ed un tempo ero anche io così.

"Quando vuoi un tiro, siamo qui bello" proclamò gioviale, tornando a rollare un'altra canna, leccando accuratamente la cartuccia, per rigirarla tra le mani.

Alzai solo il mento come saluto. Non mi sarei più mischiato in quella merda. Avevo riflettuto per diciotto anni. Si cambia in molte cose. Ma l'anima marchiata sarebbe rimasta in eterno. Non avevo spazio per niente. Se non per me stesso ed i miei incubi.

Il rombo della mia fedele amica, si espandeva tra le mura della città, vedendo delle case malandate costeggiare la via, nel quale si trovava la mia nuova abitazione. Avevano sopravvissuto diciott'anni in una cella di merda, sarei sopravvissuto a tutto.

Piantai i piedi per terra, spegnendo la moto e scesi giù, aggiustandomi il laccio degli anfibi.
Sollevai gli occhi, e mi sfilai gli occhiali, guardando il posto dove avrei alloggiato.
Feci un passo avanti, sentendo la suola dei miei anfibi, gettando uno sguardo al pavimento, per vedere un tappetino Beige di paglia, con la scritta sbiadita che annunciava un -Welcome-.
"Benvenuto un cazzo" sussurrai con un sorriso sghembo, facendo oscillare nell'indice il cerchietto in metallo delle chiavi che tintinnarono, prima di aprire la porta di legno, e catapultarmi nella mia nuova reggia.

Dark Soul   -Anima Oscura- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora