- Capitolo 1 - Zero possibilità

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Mi ero ritrovava davanti l'intera assemblea di nobili.
I loro occhi vermigli e cremisi mi squadravano con meraviglia e stupore.
Non avevano mai visto una simile sposa in tutta la loro esistenza.
I loro sorrisi erano tirati, alcuni nascondevano a stento le risate.
Erano sul punto di ridermi contro, ma a me non importava.
Da quella mattina mi era stato detto di non fiatare. Dovevo solo camminare lungo la navata e ritrovarmi davanti le stanze del mio sposo, dove lì avremmo deciso il dafarsi per la cerimonia.
Mi avevano infilato a forza un'abito lussuoso, ricco di dettagli.
I capelli castani erano stati tinti di un colore simile al viola, perche' con il vestito non si intonavano!
Mi avevano cosparso il volto con il tipico trucco della nostra gente:un'abbondante dose di cenere bianca e il trucco nero per evidenziare i punti forti del viso.
I miei occhi azzurri erano stati sostituiti con delle lenti rosso sangue, il colore che le spose devono avere.
Per due notti il mio sonno era stato sostituito dalle incessanti lezioni di postura e alla fine, avevo solo imparato a stare in silenzio e a camminare con posa.
Il mio rifiuto era stato categoricamente debellato.
Dovevo sposarlo! Non si poteva fare altrimenti!
Certo, con la forza sarei riuscita ad uccidere qualche guardia per scappare via, ma poi dove sarei andata?
Fuori da quelle mura decorate e da quello sfarzo c'era la guerra.
La mia casa, il mio campo di battaglia.
Quella mattina Etma il primo squamato si era congratulato per il mio "raggiungimento", ma sapevo che era tutta una farsa.
Inoltre il mio futuro sposo era sconosciuto quasi a tutti nel palazzo.
Nessuno poteva dirmi come era o che aspetto avesse, mentre su di me erano al corrente di tutto.
Lungo l'interminabile corridoio notai gli sguardi arrabbiati delle altre dame.
Era invidia la loro? O avevano paura di essere scacciate dai loro posti?
Beh non era quello il problema.
Ero abituata alle donne come loro, il loro unico interesse era quello di stare lontano dalla guerra.
Le compativo alle volte, tutti desideravano starne alla larga.
I miei passi si bloccarono non appena notai il vestito impigliarsi nei miei lussuosi calzari.
Era molto lungo e leggero, sembravo quasi svestita e la cosa non mi metteva mio agio.
Una delle mie "damigielle" era intervenuta con mano svelta per aiutarmi a non strappare nulla.
Si chiamava Tula, era una ragazzina sui dodici anni molto silenziosa.
Non volevo servi, ma insistenti come erano non avevo avuto scelta se non accettare la piccola sputa fuoco.
La porta scorrevole si mosse di scatto ed entrai con passo deciso lasciando Tula al di fuori.
Avevo commesso il primo errore.
"Una sposa entra guardando a terra e lentamente, non come se dovesse uccidere qualcuno!" la mia istruttrice era stata molto chiara al riguardo.
La stanza era nel buio completo.
Il mio sposo era seduto in un angolo in penombra.
Non potevo vederlo in faccia, non mi era permesso prima del matrimonio.
Mi sedetti davanti a lui come mi avevano insegnato.
Piegai la testa in avanti e inchinandomi leggermente mi ricomposi senza mai alzare lo sguardo.
Fu solo allora che la voce calda e tranquilla di quell'uomo mi sciocco' profondamente
"Ha sbagliato ad entrare" disse senza muovere un muscolo.
"Mi perdoni" dissi cercando di mostrare sincero rammarico (che non avevo),
"E' entrata come se dovesse uccidere qualcuno, mi sono quasi spaventato sa?" stava ridendo, ero ormai rovinata.
Sapevo di avere zero possibilità.

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