Capitolo 3

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Rimasi in silenzio, ascoltando il mio respiro rimbombare nell'ingresso della villa.

Quella casa era così grande, così fredda, così poco accogliente, così poco casa.

Mi alzai a fatica, barcollando verso il bagno e rischiando di cadere un paio di volte a cuasa dei pregiati tappeti di mio padre.

Mi tolsi il giubbotto e mi accovacciai velocemente davanti al water, iniziando a rimettere anche il pranzo di Natale di due anni fa.

Non c'era nessuno che mi tenesse i capelli, nessuno che mi accarezzasse la schiena, nessuno che mi sussurrasse che sarebbe andato tutto bene.

Un singhiozzo scosse il mio corpo mentre, ancora china sul water, cercavo di ricomporvi.

Tirai lo sciacquone e mi alzai lentamente, avvicinandomi al doppio lavandino sormontato dell'enorme specchio.

Mi sciacquai il viso con acqua gelida, cercando di ritornare in me, e osservai la ragazza riflessa nell'enorme pezzo di vetro.

Aveva gli occhi spenti e colmi di lacrime, i capelli arruffati, il trucco colato e le labbra tremanti, non una bellezza insomma.

Avevo un'enorme vuoto nel petto e il dolore mi stava inghiottendo lentamente, lacerandomi poco alla volta.

Le lacrime inziarono a bagnarmi le guance, i singhiozzi a scuotermi il corpo.

Mi avvolsi in un abbraccio, come se con quel gesto potessi rimettere insieme i pezzi del mio cuore.

Alzai lo sguardo sullo specchio e costatai le condizioni pietose in cui mi trovavo: ubriaca, sola ed in lacrime.

"Basta" mi sussurrai, cercando di calmarmi.

"Basta fringnarsi addosso" ringhiai alla ragazza che mi guardava con un misto di tristezza e rabbia.

"Non riavrai tua madre continuando a versare lacrime" mi rimproverai da sola, reprimendo l'ennesimo singhiozzo.

Mi asciugai le lacrime con un gesto irritato e ritornai in salone, salendo le scale e inciampando all'ultimo gradino.

Rimasi distesa sul freddo parquet, aspettando che le pareti smettessero di ondeggiare come in una danza hawaiana.

Mi misi in ginocchio e successivamente mi alzai in piedi, aggrappandomi alla maniglia della mia stanza per non perdere l'equilibrio.

Strisciai i piedi fino al letto e mi rannicchiai con le ginocchia al petto, cercando l'uscita in quel tunnel dell'orrore.

***

"Èlise! Vieni dalla mamma!" la donna dai lunghi capelli rossi si inginocchiò nel piccolo salone, aprendo le braccia per accogliere la figlia.

Indossava una salopette di jeans sporca di vernice, una maglietta a righe verdi e un paio di anfibi di gomma.

La bambina sorrise osservandola e si affrettò a catapultarsi tra le braccia della madre, lasciandosi stringere in un abbraccio.

"Non mi lasciare mai mamma" piagnucolò la bimba, stringendo le piccole braccia attorno al collo della donna.

Meredith sorrise, appoggiando la fronte a quella della bambina e sussurrandole quella promessa destinata ad infrangersi.

"Te lo prometto Èlise, rimarrò sempre al tuo fianco"

Mi svegliai urlando, con il cuore a mille e la fastidiosa suoneria della sveglia nelle orecchie.

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