Capitolo 1.

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«Veda di non fare danni con questa, è molto antica». Giulia teneva tra le mani un pezzo rarissimo: un'originale anfora greca, la cui storia e ubicazione erano state svelate grazie all'accurata traduzione degli storici di alcuni testi antichi. L'aveva cercata per tanto tempo e, grazie ai recenti scavi di quegli ultimi due anni, aveva potuto riportarla alla luce.

Il giovane lavorante prese l'anfora e l'avvolse in alcuni teli bianchi, portandola con cura alla tenda del capo Dimitri Yurikov, dove poco dopo si recò anche la ragazza.

«Spero sia felice, Giulia» disse l'uomo preparandosi un tazza di tè inglese.

«Orgogliosa, signore. Il ritrovamento di quell'oggetto era per me un obiettivo primario».

«Non ne dubito. La sua determinazione ha portato sempre a grandi risultati nel suo lavoro. È pronta a tornare a casa?»

Giulia inarcò le sopracciglia. «Signore?»

«Gli scavi in Grecia sono terminati e vorrei che riportasse di persona l'anfora al Dipartimento. Finiremo sui giornali e c'è molto lavoro da fare al Museo; poi, potrà prendersi una pausa».

«E gli scavi in Egitto?» Fin da bambina Giulia aveva sognato di lavorare in Africa, ai piedi delle maestose Piramidi, e adesso si aspettava che finalmente fosse giunta la sua occasione.

«Per ora il nostro obbiettivo è fare in modo che l'anfora sia in buone mani; e detto sinceramente, non c'è altri di cui mi fidi più di lei» rispose Yurikov.

L'archeologa sospirò, restia a volersi arrendere. «Certamente. Non esiti a chiamarmi se dovesse esserci bisogno di me per altri scavi».

Ventiquattro ore dopo, Giulia era su un volo di linea diretta a casa.

Non appena varcata la soglia, la prima cosa che fece fu quella di accendere lo stereo impolverato a volume alto e stappare una bella bottiglia di Pepsi, assaporando il solletico che le bollicine le provocavano al palato una volta scoppiate. Avrebbe preferito un bicchiere di vino rosso, ma in casa non c'era molto a seguito della sua assenza.

«Ah, sì!» Spalancò le tende. «Casa dolce casa».

Prima di partire aveva rivestito i mobili con dei teli bianchi per evitare che la polvere vi si depositasse sopra. Ora doveva sistemare tutto, riportare alla vita divano e poltrone, illuminare tutte le stanze e far respirare gli armadi. Ma il suo telefono squillò.

«Lucia, che bello sentirti» rispose Giulia lasciandosi cadere pesantemente sul divano. «Sono rientrata da pochissimo. Ti devo raccontare tutto. Stasera, alla Rocca per le otto? Sì, come i vecchi tempi».

Fu davvero un sollievo per lei potersi fare una doccia rinfrescante, canticchiando la sua canzone preferita e non pensando a nulla, se non al piacere atteso di quella sera che avrebbe passato unicamente con la sua migliore amica, lontano da lavoro e fatiche giornaliere.

Scelse un completo blu stravagante e un trucco non troppo eccessivo e si apprestò ad uscire per raggiungere il locale in centro.

«Mi soffochi se mi stringi così!» esclamò la ragazza quando Lucia le avvolse le braccia al collo.

«Che ci posso fare? Mi sei mancata».

Le due amiche si scambiarono gli aggiornamenti di quegli ultimi due anni: Lucia aveva ricevuto una proposta di matrimonio che aveva rapidamente rifiutato. «Sono un lupo solitario» aveva giustificato. Ma prima di ridarsi alla solitudine aveva pensato di comprare un piccolo cucciolo di cane che potesse quanto meno essere più intelligente e meno chiacchierone di un marito. «L'ho chiamata Kalissy ed è davvero adorabile».

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