I.

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Parcheggio sotto quella che, fino due mesi fa, era la casa che condividevo con Federico.
Me ne sono andato dopo un suo sfogo apparentemente senza motivo, non siamo una coppia litigiosa. Non ha mai dato modo alla parte peggiore di me di venire fuori. E' sempre stato fin troppo rispettoso, anche nel non fare domande sulla fine della storia tra me e Claudio.

Quando qualcuno ti mette una pulce nell'orecchio puoi fare due cose: ignorarla o andare fino in fondo.
Se al posto di Federico ci fosse stato Claudio probabilmente avrei ignorato qualsiasi voce sul suo conto, vera o finta che fosse. Claudio era la mia aria, non potevo ammettere a me stesso che potesse tradirmi.
Federico, invece, è il mio riscatto.
Il riscatto di poter trovare una persona corretta dopo essere stato deluso dall'amore della tua vita.
Per questo, inconsciamente, ho guidato fino a qui come un pazzo.
Voglio capire se davvero ho sbagliato tutto anche con lui. Se davvero il non sentirsi amato da me lo ha portato tra le braccia di un'altra persona. Se davvero provo per lui un sentimento o si tratta solo di gratitudine.
Ho bisogno di risposte per poter dare una svolta alla mia vita.
Dentro o fuori. Passato o futuro.
O magari nessuno dei due.

Ho aspettato qualche giorno prima di fare questa imboscata. E' domenica, sono le 11 del mattino e la macchina di Federico è
parcheggiata a pochi metri dalla mia. Non sono mai stato geloso di lui, non me ne ha mai dato modo o forse i miei occhi non sono stati in grado di osservare la realtà che li circondava.

Apro piano la porta di casa, non ci vediamo da due mesi e non ho avuto
occasione di ridargli la mia copia di chiavi.
La cucina è immersa ancora nel buio, probabilmente sta dormendo.
Mi guardo intorno in cerca di qualcosa, di qualcuno.
Come un ladro percorro il breve corridoio che mi separa dalla sua stanza.
La porta è leggermente accostata, trattengo il respiro e premo con il
palmo della mano su di essa per aprirla.

La prima cosa che noto sono due paia di scarpe da ginnastica che non
ho mai visto ai piedi del letto, nella parte dove di solito si
trovavano le mie pantofole. Alzo lo sguardo e due corpi giacciono
vicini coperti dalle lenzuola bianche che Federico ama tanto.
Sorrido soddisfatto mentre dentro di me sensazioni diverse si susseguono.

<<Mario.>> faccio un segno di saluto con la mano, richiudo la porta e
sto quasi per andarmene quando sento i passi di Federico dietro di me.

<<Possiamo parlarne?>> annuisco.

Ci sediamo al tavolo della cucina con in mano una tazza di caffè. Non
ricordo l'ultima volta che abbiamo fatto colazione insieme e quasi mi
viene da ridere se penso alla circostanza in cui ci troviamo adesso.
Federico mi guarda, gli occhi dispiaciuti e so che sta pensando alla
cosa più giusta da dire. Lo guardo come si osserva una persona che, in
fondo, devo ringraziare. Eppure neanche lui è migliore degli altri.

<<Te lo avrei detto, non volevo che lo scoprissi così...so che, insomma
che ci sei già passato...>>

<<Tranquillo, dovevo accorgermene da solo.>>

<<Voglio essere sincero con te perché sei una persona buona e...sei
stato davvero importante per me.>>

<<Ti ascolto.>>

<<Quando ci siamo conosciuti ho avuto un colpo di fulmine, eri bisognoso di attenzioni e di qualcuno che ti aiutasse a guarire le tue ferite. Mi sono preso cura di te sperando che, anche tu, potessi vedermi in modo diverso un giorno...ma...sono passati mesi e i tuoi occhi non cambiavano. Guardavi me, sorridevi, eppure avevo sempre la sensazione che ci fosse un muro tra me e loro. Come se arrivassi dopo qualcosa, o qualcuno.>> sospira e beve l'ultimo sorso di caffè.

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