Capitolo 3

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Angoscia

Il mio nome.
Quello non era altro che il mio nome.
Ma com'era possibile? Io ero lí, davanti a loro, potevo vederli nelle loro cupe vesti, udire i loro pianti angosciosi e persino toccarli, come avevo fatto con il piccolo Peter.
Come poteva essere scritto il mio nome sulla targhetta?
Sprofondai in un abissale senso di vuoto.
Pensai che non sarei stata in grado di comprendere che tutto quello non era affatto un sogno, come più volte sperai, ma l'inconfutabile realtà se non avessi trovato il coraggio di alzare il coperchio e vedere con i miei stessi occhi il... mio volto.
Prima di scoprire la bara tolsi dalla cassa la profumata ghirlanda.
Avvertii una strana sensazione: mi parve di non percepire nulla a contatto con quei fiori delicati, come se alle mie mani mancasse il sangue o avessero perso il tatto. Non avvertii la morbidezza dei fiori, né la leggerezza dei loro petali. Eppure prima ero stata capace di percepire la lucidità del legno.
Non avevo mai provato una sensazione simile.
Non mi feci, tuttavia, trasportare da quei pensieri, poiché la mia mente era offuscata dalla tremenda paura di poter effettivamente trovarmi davanti ció che mi aspettavo di vedere.
Le mani tremavano mentre le dita avvolgevano il legno levigato nella loro fredda presa e il cuore nel petto fremeva d'angoscia, ma dovevo sapere. Dovevo vedere.

E così l'aprii.

RAVEN: ancora un giornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora