Once upon a time...

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C'era una volta, un piccolo villaggio poco distante dalle brughiere ad est del regno

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C'era una volta, un piccolo villaggio poco distante dalle brughiere ad est del regno. Tutte le casette del paesino avevano il tetto dello stesso colore delle mele, rosso acceso della passione, e gli abitanti erano principalmente floricoltori. Era un posto incantevole, protetto dalla supervisione degli Dei.

Un giorno, tra le braccia stanche di una donna invecchiata dal tempo, nacque una bellissima bambina, una creatura candida e pura come un fiocco di neve.
Una bellezza mai vista prima.

Seduta comodamente su una piccola nuvola, tra tutti gli esseri celesti fu proprio la Dea del fato a vegliare sulla nascita della pargola.
La sua bocca si curvò in un taglio allarmante mentre osservava indispettita le guance paffute del neonato.
"È proprio una bambina adorabile,
ho trovato! Lancerò un sortilegio su di lei. Sarà uno spasso."

La bambina crebbe, mantenendo la caratteristica delicatezza di un anemone che la identificava.
Aveva i capelli bianchi come il latte, nonostante non fosse affatto vecchia.
Era magra e minuta come un colibrì, una folata di vento avrebbe potuto spazzarla via senza difficoltà.
Non per niente, gli anemoni sono tra i fiori più fragili, delicati e di breve durata.

Per quanto fosse bella e gentile, la ragazza purtroppo aveva una malattia rara, malvista dai residenti del posto, che erroneamente associavano ad un possibile zampino da parte del diavolo.

L'albinismo era la causa di quegli occhi infossati e di quel corpo scarno; del sangue e di tutte le lacrime che bagnavano gli angoli del paese.
"Mostro! Non sei umana come noi!", le dicevano. E le urlavano cattiverie contro, i figli del fabbro, dell'erborista, del macellaio e di altrettanti lavoratori rispettosi. Le urlavano contro e riempivano il suo corpo di segni, ora con le mani ora con i piedi. A schiaffi e a calci la mortificavano in quella sua mera e futile esistenza che, ne era certa, non era stata lei a richiedere.
E, se chi lo aveva fatto al posto suo ne avesse visto le conseguenze, avrebbe abbandonato l'opera ancora prima di cominciare.

Ma la fanciulla, nel profondo, aveva ancora una fioca fiamma che bruciava e le dava quella fievolissima forza che le permetteva di alzarsi appendendosi ai mattoni sporgenti ed alle rientranze nei muri, talvolta di gattonare strisciando le ginocchia lesionate sul suolo, mentre i capelli arruffati si estendevano a mo' di piovra ovunque, varcando persino la soglia delle labbra, ove l'amaro era così pesante che per lei aprire la bocca era un'impresa ancor più ardua del fuggire.
Ogni volta si allontanava dalla scena del delitto a capo chino, con gli arti tremanti, debole come una foglia secca e col sangue che le rigava la pelle come vino rosso versato nel latte fresco di mungitura.
"Non penserò a queste cose tristi", si ripeteva giorno dopo giorno. "Se lo facessi, le mie lacrime non smetterebbero mai di scendere."

Nel suo piccolo cuore di bambina, ella custodiva il segreto di un sogno incorrotto dalle mani della provvidenza.
Se soltanto le fosse stato concesso esprimere anche un solo desiderio, avrebbe chiesto che almeno una persona in tutto il mondo le fosse amica.
Forse, così, sarebbe stato più facile vivere.
O almeno quello era ciò che le piaceva immaginare mentre guardava il cielo stellato in lontananza, ripulendo le sue gote dagli ultimi residui di terriccio.

"Perché tutti odiano così tanto i ratti?"
Tutti risero.
"Ovviamente perché sono sporchi!"
Ad ogni sorgere del sole, una nuova sceneggiata, sempre la stessa storia.
I bambini erano disposti a cerchio intorno a lei, chi a cavalcioni, chi con le braccia conserte, chi appoggiato con le spalle al muro o con la mano sulla spalla di un compagno.
Ridevano, allungavano le estremità del corpo fino a raggiungere parti scomode anche solo da citare.
Eppure, quel giorno era diverso dagli altri.

Una figura si avvicinò alla scena, tra gli scherni dei dei ragazzini, facendosi strada con un bastone.
Era un uomo dalla corporatura esile e dai capelli corvini. Gli occhi coperti da bende, che nascondevano più di metà volto.

"Allora rispondetemi, dato che non riesco a vedere", s'intromise lui. "L'atto di non vedere questa irragionevole discriminazione,
È veramente il ratto più sporco?"
I marmocchi, probabilmente intimoriti da una persona più grande di loro, barcollarono.
Continuò, rivolgendosi a loro che avevano iniziato ad indietreggiare, "Non fatelo mai più!"

Nonostante l'inebriante scossa nata dalla felicità della sorpresa inaspettata che le aveva provocato un tumulto interiore, ancora non riusciva a far cessare di scendere le lacrime.

Se solo fosse potuta diventare qualcuno di sua scelta, allora avrebbe voluto quantomeno sembrargli una ragazza normale.
Quel pensiero le feriva il petto con un dolore lancinante.

Era una ragazza premurosa, ma che finiva inevitabilmente col darsi la colpa per qualsiasi cosa accadesse.
Cosa fare dunque per consolarla?
Ho trovato! Perché non darle un fiore appena sbocciato, uno splendido esemplare di giglio bianco, e piazzarlo delicatamente accanto a lei?

La Dea del fato apparve con un ghigno malizioso che palesava le sue intenzioni tutto fuorché guidate dalla luce del bene.
"Se solo potessi vedere l'orrendo viso di quella ragazza, che razza di faccia faresti?"
Mentre assaporava già il gusto del suo trionfo le scappò una flebile risatina.
"È incantevole, non è vero?"
E così, lanciò repentina un incantesimo sul giovane, liberandolo dalle catene che da anni lo trascinavano e lo costringevano sempre di più ai fondali.

Il fiore si tinse di nero, profondo e cupo come la notte più buia.
Un orrido fiore di giglio nero, metafora del sonno eterno.

"Guarda, è un regalo da parte di quel ragazzo,
prendilo pure."

La bambina strinse affranta la pianta tra le sue sottili dita, portandosi le mani al petto.
Quella doveva essere senz'altro la sua punizione.
Dopotutto, aveva dimenticato la sua posizione, una come lei non si sarebbe mai potuta permettere di essere innamorata o di provare qualsiasi cosa lontanamente simile.
"Sarebbe molto meglio se morissi, non è vero?"

Il ragazzo, che fino a quel momento non aveva avuto bisogno della vista appena riacquistata per rendersi conto della bellezza della fanciulla, gridando le rispose "Non piangere! Io sarò sempre al tuo fianco, fino al giorno in cui moriremo. Ecco perché, da oggi in poi, tu sarai una ragazza normale."
Le spostò una ciocca candida dietro un orecchio, per poi posizionarvi il giglio dallo stesso colore della sua chioma, della sua pelle. Della sua anima.

Hai visto?
Quel sortilegio che sembrava quasi un brutto sogno... sembra che fosse stato appena spezzato.



 sembra che fosse stato appena spezzato

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