Parte 6

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I suoi seni erano gonfi e grandi, perfetti, come se fossero stati di marmo, come se fosse stato Michelangelo stesso a scolpirli nel bianco di Carrara. Due capezzoli voraci, eretti, come se fossero ribelli alla pesona a cui stava per concedersi. La pelle era di latte, come di chi non ha mai conosciuto il piacere del sole, pelle morbida al tatto, sembrava bruciare per l'eccitazione. Le vene azzurre disegnavano una reticolo di piacere sotto la sua pelle diafana. Una piccola meraviglia di emozioni e di contrasti.

-Sei molto bella Juliette....-

Il suo "grazie" usci sforzato, come se la gola chiudesse la sua bocca, come se il respiro fosse rubato per altre emozioni, come se il parlare le fosse proibito, come se una parola avesse trasformato tutto di quella emozione senza fine. Le mie mani continuavano ad accarezzarla, a coprire il suo corpo, i fianchi, la schiena, il ventre, come se fossi un sensale che saggia la qualità della merce. lentamente, come se le dita dipingessero della bellezza, come se potessi gustarmi ogni centimetro della sua pelle. Sentivo i brividi correre tra le mie dita e la sua pelle, l'eccitazione, la voglia, il desiderio di essere, di poter finalmente essere. Libera dalle sue paure, dai suoi pensieri, dalle remore del pudore. I suoi seni, i capezzoli da tenere stretti, da sentire tra le mie dita, per scorgere il brivido che attraversava il suo corpo. Juliette mordeva le sue labbra come per non abbandonarsi, come per voler seguire solo il piacere che io le donavo. La guardavo abbandonata, bendata, come se annussasse tutto ciò che accadeva, come se volesse respirare le emozioni, prendersele, farle sue. Accarezzare l'attaccatura delle sue natiche, scendendo piano fino al suo sesso, accarezzarlo e scoprirlo fradicio di piacere, aperto come un fiore che aspetta di vedere raccolto il suo nettare, divaricare piano le sue labbra, aprirle piano e sentire i suoi umori più profondi. Massaggiarla nel suo intimo, affondare le mie dita e poi toglierle bagnate, osservarle soddisfatte prima di spalmare il suo stesso piacere sul suo viso, sulle gote, sulla sua bocca.

-Ho il Tuo Collare Juliette, ora lo metterò al collo della mia piccola schiava, lo hai meritato. E' il tuo appartenermi, il simbolo di come io appartengo a te, di come ora saremo una sola cosa.-

-Dio...-

Solo questa parola, morsa nella bocca, come se fosse stata incontrollabile per la sua mente, come se fosse stata la sua debolezza, come l'attesa fosse finita e iniziasse la vita. La crisalide che esce dal suo bozzolo e diventa farfalla. Era splendida, bella da morire vederla ornata di quel collare di cuoio scuro, grosso, spesso, di un colore bruno che rasentava il nero con la medaglietta in oro che pendeva e brillava. Il simbolo dell'appartenenza che avvolgevo piano intorno a lei, che si chiudeva, che emanava quel profumo immaginato mille volte. Juliette provò il piacere senza fine quel pomeriggio. Non ricordo nè io nè lei quanti furono i suoi orgasmi in quelle sei ore che dedicai a lei, quante volte me li gridò sulla mia bocca, quante volte strinse le sue mani sul mio corpo gridandomi il piacere che la squassava, la faceva tremare, fremere come se fossero state scosse elettriche. I suoi capezzoli tirati, stretti, succhiati, schiacciati, il suo sesso che colava piacere ed orgasmi, la sua bocca che succhiava senza sosta il mio sesso, quasi a volersi affogare di quel piacere. Appartenere e goderne di quella appartenenza, essere, abbandonarsi e trovare braccia che proteggono, che tengono, che innalzano. Tra un orgasmo e l'altro, in brevi attimi di pausa che io le concedevo, ebbe modo di raccontare se stessa, il suo piacere finalmente conquistato, di come era indescrivibile, della sua paura di non sapere chi fossi, di essere eccitata da questo, uno sconosciuto che aveva preso il suo corpo, lo usava, lo dilatava, lo gustava, lo esibiva e lei bendata che sembrava essere travolta da una tempesta di emozioni che non aveva mai creduto fosse possibile provare. Non aggiungerò altro a questo racconto, chi legge può immaginare gli atti, le azioni, il piacere e credo che sia la cosa più bella lasciarvelo fare. Vorrei solo donarvi le parole di Juliette che non ho più visto, per sua scelta per mia scelta, per accadimenti che non interesseranno i miei lettori, ma che hanno il sapore del tragico e dell'imprevedibile. Parole che scrisse poche ore dopo il nostro incontro, affidate ad una email. Juliette mi chiese il silenzio, la libertà, vivere se stessa in un momento della sua vita che, per promessa giurata, non posso raccontare. Juliette merita il mio rispetto e credo, spero, che anche voi avrete il pudore di non chiedere di più.

Mi sembra di impazzire, un fiume in piena le mie emozioni, desiderio di tuffarsi in quel vortice violento, desiderio impellente di fuggirne lontano, subito, prima che sia troppo tardi, già una volta volevo fuggire e non l'ho fatto. Ora vorrei fuggire, ma una voce mi cattura e mi inchioda qui, in attesa e l'attesa dura quel tanto che basta, poi ecco di nuovo la sua voce, vellutata, suadente, dolcissima e l'attesa ricomincia e io di nuovo vorrei fuggire. Non sono scappata la prima volta e forse non riuscirò a fuggire più. Le sue mani, le sue parole, la sua bocca e il cielo si colora di arcobaleno e io sono persa dentro di lui. E lui mi chiama "mia dolcissima schiava e bambina" con una dolcezza infinita. Poi l'attesa, come l'avere una benda sugli occhi e non sapere altro e tremare, non sa come mi chiamo, ma conosce i miei angoli bui, i miei desideri nascosti e li porta alla luce. Non so se mi troverà ancora.. non lo so...

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 18, 2017 ⏰

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