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Malia, essendo sempre stata schietta e diretta, dato il suo passato vissuto da animale, letteralmente, senza indugio chiese al ragazzo accanto a sé, Stiles, che stava guidando la sua vecchia e amata Jeep blu e nera:

<<Mi ami veramente?>>

Per poco il moro non frenò di colpo. Sapeva perfettamente la risposta, sapeva che non avrebbe potuto dire una bugia, sapeva che la verità le avrebbe spezzato il cuore e sapeva che era stato un bugiardo: aveva illuso Malia per più di due mesi. Lui non l'amava. Lui amava Lydia. Dal primo giorno in cui l'aveva vista, in terza elementare, che rammentava perfettamente.

Lei si era appena trasferita nella scuola del ragazzo e si era già ambientata perfettamente. Aveva delle amiche e in quel momento tutta la loro classe era fuori a giocare. Lui e Scott (erano migliori amici già dalle elementari, avevano passato insieme le medie e stavano finendo il liceo) erano seduti sotto ad un albero, il suo amico gli stava parlando di qualcosa che Stiles non stava ascoltando, per fissare la biondo fragola poco più in là: sdraiata, il naso all'insù per cercare di trovare delle immagini nelle nuvole, le braccia allargate sull'erba verde, i capelli ramati sparpagliati qua e là alla rinfusa che facevano da cornice alle due iridi smeraldo che sembravano brillare. Anche se le pietre preziose non brillano, riflettono la luce pensò Stiles.

<<Scott, hey, sai come si chiama quella bimba laggiù?>> Chiese Stiles girandosi verso l'amico e interrompendo il suo discorso. Si era dimenticato il suo nome sentito quella mattina in classe e ora si stava maledicendo in tutte le lingue disponibili, persino in latino.

<<Credo... Laura... Era qualcosa con la elle. Boh, vai a chiederglielo>> A Stiles bastò sapere che era "Qualcosa con la elle" per capire: Lydia Martin. Doveva fissarselo bene in testa. Stiles si girò verso Lydia, ma questa si era seduta sul prato e ora stava parlando con una bimba. Lei, non poté non accorgersi di un bambino (occhi nocciola e capelli castani, un dolce nasino all'insù e il volto costellato di nei. Aveva un che di curioso, sembrava una scintilla, un qualcosa che gli faceva brillare le iridi) seduto all'ombra di un albero poco più in là, vicino a quello che doveva essere il suo migliore amico.

Stiles si riscosse dai propri pensieri e Malia, accorgendosene gli disse, sconsolata: «Sai, Stiles, non c'è bisogno della tua risposta. Non è solo perché ho sentito il tuo battito. Stavi pensando a Lydia, vero? Non ci vuole una laurea in psicologia per capire che non stavi realmente amandomi, ero io che ogni giorno mi illudevo. Ma non ti preoccupare, ti perdono.  Lasciami pure qua, torno a casa da sola. Sappi che invece io ti avevo amato veramente.» Stiles obbedì e frenò, il cuore a pezzi, e Malia scese dall'auto quasi a testa bassa. Quando la ragazza fu scesa dall'auto, lui si prese la testa fra le mani. Come aveva potuto illudere in questo modo subdolo e perfido una persona? Con quale coraggio? Scosse la testa, aveva avuto un comportamento del quale vergognarsi. 

Dall'altra parte di Beacon Hills, Theo, vedendo il cielo abbastanza aperto, si era catapultato in casa a prendere delle coperte e un cuscino. Dopodiché li aveva sistemati sul retro del suo pickup e si era messo a guardare le stelle. "Sempre meglio del solito soffitto bianco" pensò, ridacchiando fra sé e sé. Amava comporre delle sue costellazioni, costellazioni delle quali nessuno sapeva dell'esistenza tranne ovviamente lui. Oltretutto nessuno sapeva che lui amasse guardare le stelle e sperava che nessuno lo scoprisse, chissà quanto avrebbero potuto prenderlo in giro. Ma nessuno sapeva nulla di lui. Ed eccolo che ritornava sul pensiero della solitudine, chiodo fisso che nessuno riusciva a togliergli dalla testa. Ma nessuno ci aveva provato.

Le stelle invece le vedevano tutti e chissà quante altre persone (oltre a Theo) le stavano osservando, magari con un binocolo o ad occhio nudo, come faceva lui. Il cielo era unico per tutti. Quindi in qualche modo aveva delle cose in comune con tutti gli altri. Il cielo.

Proprio in quel momento sentì dei passi sulle foglie secche che dagli alberi erano cadute e si alzò di scatto. Si sedette sulla coperta morbida e si guardò intorno. Davanti a lui una figura si stava avvicinando. Cappuccio nero, testa bassa. Theo sgranò gli occhi. Poi decise che anche se chiunque fosse stato là l'avesse visto non gli sarebbe importato più di tanto. Si rimise in posizione supina. Ma ora era diverso. Ora bruciava dalla curiosità. Guardava le stelle, ma non le osservava.

«Theo, sei tu?» Il diretto interessato chiuse gli occhi e fece un forte respiro. Aveva riconosciuto la voce, anche se gli sarebbe piaciuto non averlo fatto. Un (forse troppo familiare) biondo dagli occhi grigio-azzurri si stava avvicinando e l'aveva appena interrotto dal suo momento. Ma non sarebbe riuscito a rispondergli con stizza o ad essere particolarmente antipatico come al solito. Era come se guardare le stelle lo tranquillizzasse e avesse un particolare effetto su di lui. Un po' come la Luna piena. Ma al contrario.

<<Sì, sono io. Liam, cosa c'è?>> Theo si morse la lingua per una risposta così maleducata e poi si stupì (non poco) di quella reazione. Gentile sì, ma non così tanto.

<<Stavo facendo una passeggiata. Che ci fai qua?>> Theo fece per chiedere per quale motivo Liam stesse passeggiando proprio vicino a casa sua, ma si trattenne e cercò di ignorare la prima frase, anche se la curiosità iniziava a farsi sentire, per la seconda volta.

«Guardavo le stelle.» Accennò un sorriso, che probabilmente il suo interlocutore non colse, dato il buio e la poca illuminazione. Chiuse gli occhi e dopo riaverli aperti, con un grande impeto di coraggio continuò la frase, sganciando la bomba: «Vuoi accomodarti?» Cominciò a torturarsi ripetutamente il labbro, aspettandosi di essere deriso in faccia. Ma quel momento non arrivò mai.

«Ehm... Sì, va bene. Arrivo.» Se non si fosse contenuto nascondendo le proprie emozioni, Theo sarebbe rimasto a bocca aperta e prima di far arrivare Liam al suo pickup chiese il perché.

«Perché no?» intanto il biondo era arrivato e ora stava salendo sul retro della macchina. Una volta seduto, si mise a gambe incrociate e si girò verso l'altro ragazzo, in attesa di una risposta. In realtà non voleva una risposta vera e propria, per una volta voleva vedere Theo non sapere cosa rispondere. Come se avesse espresso questo desiderio davanti ad una cometa il ragazzo più grande non ribatté. Liam sorrise leggermente. Finalmente c'era riuscito.

Theo battè un paio di volte la mano sulla coperta, come per invitarlo a sdraiarsi con lui. Il biondo piegò di lato la testa, confuso e con un cipiglio sconvolto sul volto. Da quando Theo era così gentile? Poi si girò verso il cielo e capì alcune cose abbastanza importanti sulla chimera. Le stelle avevano lo stesso effetto che la Luna piena aveva su di lui, solo capovolto. Mentre la prima a Liam stesso faceva sembrare più irascibile e scorbutico, le stelle (o forse il cielo di sera in generale) lo rendevano più gentile. Si sdraiò vicino a lui e rimasero così, in silenzio.

Spazio autrice

Helo! Visto che il "test" fatto nel "capitolo" Idea ha deciso che avrei messo altre ship (e continuate a dire la vostra anche sulla storia in generale. Se volete darmi dei consigli su come continuare nessuno vi vieterà di farlo o vi fermerà, quindi sbizzarritevi), eccovi una Stydia bella fresca! Ma ho accontentato anche chi voleva una scena Thiam.

alone |theo raeken|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora