Capitolo 14: Lontano...

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La cantina era ormai un lontano ricordo.

La vita prima della catastrofe sembrava appartenere ad un'altra epoca.

La strada che quei piedi avevano calpestato si estendeva sempre uguale,distrutta,sbiancata dal sole.

Era impossibile guardare indietro. 

Si era lasciato alle spalle tante cose.

Il diario di Marco, La sua arroganza,la sua disperazione e i suoi ricordi.

Tutte quelle cose erano rimaste chiuse in una cantina a chilometri e chilometri di distanza da lui,una cantina che non sarebbe mai più stata aperta. Chissà se il palazzo era ancora in piedi. Ne dubitava.

Non si sentiva stanco. Lui camminava,fuggiva,ma non dormiva.

Si guardò attorno. Il gruppo di cui aveva fatto parte fino a quel momento  camminava davanti a lui,decimato.

Non ricordava più nemmeno i nomi di quelli che erano morti,tutti tranne uno. Marco.

Quel nome era rimasto per così tanto tempo chiuso nella sua desta che aveva difficoltà a pronunciarlo.

Chiuso in se stesso,osservava. Osservava tutto,senza pensare a quello che vedeva.

Il suo corpo camminava,la sua mente era altrove. La sua mente era da qualche parte oltre la strada,oltre le città deserte,oltre i rifugi dei sopravvissuti,oltre gli esseri giganti,oltre il mare,oltre l'oceano,oltre il cielo,oltre l'universo. La sua mente si trovava nel luogo dove era Marco.

Era morto? No,o almeno non lo era il suo corpo. Era morto dentro,probabilmente.

Teneva gli occhi bassi,rabbrividiva. Era irriconoscibile. 

Non si sentiva più Jean Kirschtein.

Il buio calò sul mondo. Erano al sicuro ora. Gliel'aveva spiegato tantissimo tempo prima quella donna bruna con gli occhiali,Hanji. Lei aveva osservato i giganti da subito,capendo molte cose su di loro: Si muovevano solo alla luce del sole,la loro carne,se ferita,si rigenerava e si cibavano di soli umani,per poi rigurgitare i corpi.

Tutti si sedettero a terra,Jean compreso.

Egli guardò i suoi compagni. 

Eren,che non sembrava essere cambiato di una virgola,tranne per i capelli ormai lunghi raccolti in malo modo. I suoi occhi erano sempre accesi,sembrava essere pronto a combattere,a vincere.

Mikasa,che sembrava cresciuta più di tutti,aveva ormai l'aspetto di una giovane adulta,con un'espressione indecifrabile e seria stampata sul volto.

Armin,che nonostante non fosse cambiato,ora si mostrava più sicuro,più schivo e misterioso.

Sasha,che aveva pianto così tanto e ora sorrideva,e riusciva a sentirsi felice anche con un pasto freddo e rancido.

Connie,che aveva perso tutto,casa,famiglia e ironia,era maturato. I suoi capelli,che per tantissimo tempo erano stati rasati,ora erano corti e neri. Era più serio e rassegnato.

Christa,o meglio Historia,che aveva tanto da raccontare,e aveva perso la persona che le era più cara. Forse era lei quella che era cambiata di più in tutto quel tempo. Aveva rivelato a Ymir la sua vera identità: Historia Reiss,figlia illegittima di un ricchissimo imprenditore,rapita dalla mafia e costretta a cambiare nome,in attesa di un riscatto che non era mai arrivato. Poco dopo quella rivelazione Ymir era scomparsa. Se ne era andata via una notte,qualche mese prima,insieme a Reiner e Berthold,due vecchi compagni di scuola rincontrati nel tragitto. Di loro non si era più saputo nulla.

Poi c'erano gli adulti veri,come Levi,che parlava poco ed aveva perso tutti i suoi amici,e Hanji,che era sempre allegra e amava osservare ed inventare nuovi marchingegni irrealizzabili.

E gli altri? Annie era scomparsa ormai quasi un anno prima,e la stessa notte aveva fatto la sua comparsa un misterioso gigante che aveva ucciso i compagni di Levi.Il signor Smith,che era diventato la guida del gruppo e aveva perso un braccio in precedenza li aveva lasciati da poco,finendo schiacciato da alcune macerie. Tutti gli altri erano morti in modi che nemmeno ricordava.

E infine c'era lui.Lo chiamavano Jean,anche se lui non si identificava più con quel nome,che apparteneva al ragazzo sarcastico e fastidioso di tanto tempo prima.

Senza accorgersene nemmeno,chiuse gli occhi.

Ciao,Jean

Chi sei? 

Lo sai bene...

Sono morto?

No,Jean.

Non chiamarmi così,Marco. Io non sono Jean.

Sì che lo sei.

Non più.

Ah,Jean,non sei mai cambiato!

Sono morto.

No,Jean. Non sei morto,né sei cambiato. Sei sempre il solito Jean che ho conosciuto.

Non è vero...

Sì che lo è. Smettila di essere assente,smettila di aggrapparti a me. Io devo andarmene da qui,e tu devi tornare.

Tornare?

Sì,Jean. Tornare. Devi tornare.

Dove? Dove devo tornare? Io sto bene qui.

Ah,non fare il finto tonto,sai bene che questo non è il tuo posto,tu non sei morto come me, tu sei vivo,devi tornare tra i vivi

Ma...

Torna,Jean. Torna tra i vivi...


Torna...


Jean aprì gli occhi,venendo accecato per un attimo dalla luce mattutina,per poi ritrovarsi davanti alla faccia un Armin dal grande sorriso smagliante.

Il ragazzo castano si tirò su di scatto,quasi colpendo l'amico.

Sbadigliò,e si accorse di aver dormito,finalmente,dopo tanto tempo.

"Cosa c'è,Armin?" La voce gli uscì dalle labbra rauca e flebile. 

"C'è il mare,Jean,da quella collina si vede il mare!"

Jean alzò la testa,e guardò il mondo,dopo tanto tempo lo osservò,scorgendo ogni foglia a bordo strada,ogni formica che trasportava la carcassa di un altro animale,ogni nuvola bianca nel cielo primaverile.

Salì sulla collina,e vide il mare,ancora lontano ma facile da raggiungere, guardò il sole schermandosi gli occhi con il braccio,e respirò l'aria pulita.

Sorrise perfino.

Era tornato.

Jean era tornato.

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