18. Game, set, match

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Justine Bieber - Yummy

Beccati.

Dylan mise distanza tra i nostri corpi con un solo passo, mentre io sprofondai nell'imbarazzo voltandomi verso il lavello. Fu solo allora che mi accorsi della pozza d'acqua che si apriva sotto i nostri piedi, richiudendo immediatamente il flusso del rubinetto.

Nathan era sull'uscio accigliato e rabbioso. Potevo leggerlo nei suoi occhi piccoli e vispi che era deluso dal mio comportamento. Non ressi il confronto con i suoi zaffiri, costringendomi ad abbassare lo sguardo e vergognandomi miseramente. Non avrei dovuto spingermi al limite.

All'improvviso le parole di Dylan mi risuonarono nella mente chiare e forti: "Non la passerai liscia." Era forse quello ciò che intendeva? Prendersi gioco di me?

Mirai nella sua direzione per cogliere il suo movente. Ne ricavai un guizzo divertito e uno sguardo rasserenato. Sembrava essere tutt'altra persona. Era riuscito nel suo intento. Sorrise prima di sorpassare il cugino dandogli una sonora pacca sulla spalla.

Nathan s'irrigidì sul posto, aveva in una mano il grembiule lezzo. Scrollò le braccia al tocco di Dylan: sembrava seriamente irritato.

«Non è successo nulla» sussurrai spaventata come una bambina sorpresa a rubare caramelle. «Nathan?» riprovai con un po' più di voce.

«Ero venuto a chiederti dove fossero i vestiti. Invece, ho trovato te e Dylan avvinghiati. Ti sei scordata di Cassidy?» sputò a denti stretti per evitare che ci potessero udire al di là della porta. Gli diedi le spalle per non soccombere sotto la forza del suo sguardo inquisitore.

Stupida, ero stata incredibilmente stupida. Abbassai le palpebre consapevole per la ramanzina di Nathan.

«Amanda, lo dico per te. Stai lontana da Dylan. Hai potuto constatare come tratta le ragazze e non voglio che tu stia male, ancora una volta. Sono la persona che ti conosce meglio al mondo e se ti dico che Dylan ti farà soffrire con i suoi giochetti, stanne certa che ci riuscirà. Non è capace di creare alcun legame. Lo ha anche ammesso. Per lui si tratta solo di divertimento da quando-» si interruppe non volendo andare oltre. Fu allora che alzai lo sguardo per poter osservare la preoccupazione invadergli il volto.

«Non volevo niente da lui» provai a discolparmi mordendomi la lingua. Non ero colpevole di aver mosso il primo passo, eppure... mi ero dimenticata dei miei principi, dei suoi gesti passati e del suo terribile caratteraccio, venendo ipnotizzata dalle sue melliflue parole.

«Meglio per te. Avrei dovuto immaginare che le sue vecchie abitudini fossero dure a morire. Mi sentirà una volta tornati a casa. Non deve giocare con voi, nessuna di voi» concluse serio avvicinandosi a me e stringendomi in un abbraccio. Mi diede un bacio sulla guancia.

«Degli abiti si trovano nel secondo ripiano sopra il lavandino» pronunciai quelle parole con cautela. Si era calmato, ma io ancora temevo nella sua completa ritorsione. Mi sentivo più colpevole di quanto volessi ammettere.

Il bruno si allontanò poco dopo, richiudendo la porta alle sue spalle.

Mi sedetti su una delle sedie intorno al tavolo per fare mente locale. Raccolsi i capelli in una coda alta giungendo alla conclusione che quello sbaglio era dovuta all'inadeguatezza della situazione. Non ero preparata. Era stato solo quello, nulla di più.

Mi sarei tenuta debita distanza per evitare che una situazione del genere potesse avere un seguire.

Feci un bel respiro.

Era deciso.

***

Avrei tanto voluto che quella serata non fosse mai iniziata.

Love. Be afraid. || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora