Capitolo 2

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Due donne, due omicidi collegati. Due corpi in decomposizione, alcuni particolari in comune. La prima aveva ferite da decubito, ossia causate dalla pressione sulle arterie principali del corpo, per bloccare il flusso sanguigno fino al cervello; la seconda aveva il collo spezzato.
Avevano trovato una terza vittima ancora viva, ma ridotta in uno stato di totale immobilità; ma almeno ancora viva. Usciti dalla casa in cui l'avevano trovata, Mac dispose la squadra: Flack incaricato di trovare le credenziali del proprietario, Danny e Aiden di analizzare le stanze di sopra e Stella la cantina. Lui sarebbe andato all'ospedale con l'ultima vittima. Stella però prima che lui entrasse in macchina gli chiese senza mezzi termini: "Cosa c'è Mac?" Ma lui non rispose, lei quindi proseguí: "Stai lavorando freneticamente da giorni, da quanto tempo non vai a dormire?" Il suo tono di voce era preoccupato, il suo viso costernato. Lui le disse: "Dormirò quando avrò sonno." E abbassò lo sguardo. Stella provò allora un'ultima cosa: "Che cos'hai Mac? Soffri di solitudine?" Sapeva che questo era un tasto delicato, ma aveva bisogno di conferme, e la sua voce lasciava trasparire una grande preoccupazione per la sua situazione. Lui la guardò dritta negli occhi, poi aggiunse: "Mi trovi all'Angel of Mercy." Poi salí in macchina e se ne andò. Non voleva parlarne, non in quel momento, non poteva parlarne. Aveva capito la preoccupazione negli occhi di Stella, ma quella non era la situazione giusta per parlarne. *Scusa Stella, un giorno capirai, ma ora no.*
Le indagini sugli omicidi Goodman e Pavlova proseguivano senza sosta. La terza vittima, Jane Doe, versava in uno stato di coma irreversibile, era sveglia, ma non reagiva ad alcun impulso esterno. O almeno questo era quello che il dottore aveva detto a Mac quella sera quando l'aveva esaminata, il tenente però notò che solo gli occhi erano in grado di muoversi.
Forse stava cercando di comunicare attraverso quell'unico mezzo? Volendo vederci chiaro, e sperando così di poter ottenere delle informazioni utili al caso, Mac si rivolse al Dr. Giles, uno dei medici del laboratorio, che gli spiegò: "Sindrome di deaferentazione. Mi sono fatto un'idea... Io credo che la donna sia stata vittima di un perverso esperimento scientifico, senza dubbio attuato da chi possiede buone conoscenze mediche. È un raro disturbo neurologico caratterizzato dalla totale paralisi del corpo, ad eccezione degli occhi. In sostanza, lei è bloccata all'interno del suo corpo, ma la sua mente è perfettamente sana." "Ma può sbloccarsi..? Può uscirne?" Chiese preoccupato il detective; "Temo di no" rispose il dottore "La condizione è irreversibile." "Ma come fa a ridurle in questo stato?" "Con molta maestria; sedandole le fa diventare innocue e poi localizza i punti più concentrati di pressione sulle arterie." Mac allora si alzò e prese a disse: "La prima vittima aveva la piaghe da decubito; la seconda vittima, che è morta per prima, non aveva le piaghe da decubito. Vuol dire che è morta in fretta. Corpi inutilizzabili. Quei corpi per lui erano un fallimento, per questo sono state scartate. Ma l'ultima è stata un successo, per questo non l'ha buttata via." Fino a che punto può arrivare la perversione umana? Fino a quanto un essere umano ancora capace di potersi definire tale, si spinge oltre i limiti?



Mac tornò all'ospedale poco dopo sperando che, grazie a quell'unico senso attivo, la vittima potesse aiutarlo. "Sono il detective Taylor, della scientifica" si rivolse a lei con voce calma "vorrei che mi aiutasse a scoprire chi è stato a farle questo. Può muovere solo gli occhi... Sbatta le palpebre due volte per il sì e una volta per il no." Ad una ad una, Mac fece vedere lei le foto delle vittime e dei loro compagni, ricevendo solo risposte negative. Ma quando le mostrò la foto del proprietario della casa, la giovane iniziò a sbattere le ciglia prima due, poi più volte, la macchina a cui era collegata iniziò a emettere un suono continuo, e la giovane iniziò ad avere spasmi... Poco dopo il dottore informò Mac della " morte cerebrale" della donna. Il detective tornò al suo capezzale, era sfinito. Non dormiva da giorni, e questo caso stava risultando più complicato del previsto. Nel frattempo Stella era arrivata all'ospedale Angel of Mercy, e si diresse verso la stanza della vittima. Si fermò quando vide la figura di Mac che osservava il corpo inerte della donna. Era avvilito, stanco. Stella non poté fare a meno di guardarlo e sentì una stretta al cuore... Decise di ritornare al laboratorio ed aspettarlo.
Una volta tornato nel suo ufficio, Stella entrò e amareggiata gli disse: "Mac. Mi dispiace, ma ho cattive notizie... Ho il risultato del DNA dello sperma trovato sulle lenzuola in camera da letto, non coincide né col ragazzo né con il locatore..." Mac era di spalle, la guardò da su la spalla anche lui amareggiato e rispose: "Questo prova soltanto che non hanno fatto sesso con la vittima, ma non gli esclude dall'omicidio." Stella quindi gli disse: "Aiden e Danny hanno esaminato quel posto da cima a fondo, neanche un'impronta parziale.." ma non terminò la frase che Mac disse: " Ho parlato con la vittima e lei ha indicato il locatore." Stella lo guardava sorpresa. Come era possibile? Perplessa gli chiese: "Hai parlato con la vittima?" Il detective si avvicino di più e si appoggio con le mani alla scrivania, il suo viso era basso e molto turbato: "Credo che stesse battendo gli occhi perché..." dopo di che, una lunga pausa. Stella colse il tono della conversazione e continuò per lui, più sollevata: "Questo è solo un ostacolo temporaneo, ok? Noi andiamo avanti." Mac le dava le spalle, e ad un tratto chiese: "Perchè?" "Cosa?" disse lei. "Perchè Stella. Perchè fa questo? Qual è lo scopo; perchè blocca le donne nei loro stessi corpi..." La sua voce era bassa, sospirò e continuò: "Parliamo della natura di questo crimine. Cosa c'è, nella sua stessa natura?" e si sedette sulla scrivania. La guardava fissa. Stella si sedette con lui e gli rispose: "È diabolico; è calcolato, è personale." Aveva la voce profonda, ogni volta che iniziava a parlare di quanto l'animo umano può essere diabolicamente perverso: un misto di incredulità e triste consapevolezza. Mac continuò con voce ancora più grave e Stella lo guardò: "È intimo. Ha rimosso ogni traccia di sé dalla casa; se è così, abbiamo interrotto la sua copertura e costretto a lasciarci una testimone." "L'ha tenuta per qualche motivo..." rispose Stella.
Si guardarono negli occhi per un momento.
Il blu che incontra il verde.
Il verde che incontra il blu.
Mac continuò: "Ha rimosso ogni traccia di sé dalla casa ma mi domando se le abbia rimosse anche da lei; che mi dici dell'attrezzatura medica?" Stella gli rispose: "Usavamo super colla e polvere, non risultano impronte." "Bene, l'assassino era in copertura ed è troppo furbo per la super colla o la polvere da impronte; servono mezzi più potenti: spruzziamola con la rodamina e colpiamola con il laser." Stella quindi disse: "Si ricomincia?" "Si." Le disse lui deciso.


Mac, Stella, Aiden e Danny lavoravano con rodamina sugli arnesi medici ritrovati sull'ultima scena, usando il laser analizzavano ogni strumento. Sulla valigetta da medico, Mac trovò qualcosa: il simbolo del comunismo, e due lettere in carattere cirillico. Aiden chiese: "Che razza di lettere sono quelle?" "Sono cirilliche" disse Mac. Danny allora intervenne dicendo: "Sembrano delle iniziali" "Lo sono. B - I, in russo" disse infine Stella. Ad un tratto Mac ebbe come un flash e disse: "Bogdhan Ivanov." il padrino della seconda vittima.
Durante l'interrogatorio l'uomo si mostrava calmo, ma Mac sapeva come metterlo all'angolo. Era stato medico in Russia al tempo dell unione sovietica. Questo spiegava le sue conoscenze; "Non l'avrei mai presa per un uomo che nega, signor Ivanov." "Dottor. Ivanov, detective." Ma a questo punto il detective Taylor si diresse all'uomo dicendo: "Lei non è un dottore, lei è un assassino, con una laurea in medicina. Inizio io la storia per lei?" Il suo sguardo era diretto, intimidatorio. Le capacità acquisite durante i suoi anni nei Marines gli avevano fatto guadagnare grande abilità negli interrogatori. Iniziò a mettere in ordine i fatti, mentre il "dottore" si vedeva sempre più messo all'angolo. "Lei fa il tassista. È così che trovava le sue vittime?" E ancora: "Perchè bloccarle nei loro corpi?" L'uomo rispose con voce nervosa: "Lei sa cosa vuol dire "Bozhiy dar" nella mia lingua?" Mac rispose: "Significa "dono di Dio"." L'uomo continuò: "Zoya era venuta da me, voleva che io mi prendessi cura di lei." "Paralizzarla dalla vita in giù non credo significasse prendersi cura di lei, non è vero dottore? Si trattava tutto di CONTROLLO. Nel momento in cui siamo arrivati, lei ha perso il controllo, e ha cancellato ogni traccia di sè dalla casa, ma ha lasciato la donna. Dopotutto lei era ancora viva, non poteva staccare la spina vero?" E dopo una piccola pausa, riprese: "Loro sono morte per lo stesso motivo per cui lei è stato preso: non ha saputo quando fermarsi."


Mac tornò al capezzale della donna in coma, e le parlò: le parlò di sua moglie Claire, persa durante l'attacco alle Torri Gemelle l'11 Settembre. Un ricordo ancora tanto vivo nella sua mente, e faceva male. Tanto male. Ma lui non lo mostrava, no. Gli vennero poi in mente le parole di Stella di quella sera fuori dalla casa... Il dolore doveva rimanere dentro di lui; soffrire in silenzio era l'unica soluzione per andare avanti. La voce del suo racconto di Claire sembrava lontana, profonda, assai colma di tristezza. "L'altro giorno stavo ripulendo l'armadio e... ho trovato un pallone da spiaggia. Mi sono subito ricordato che fu Claire a gonfiarlo... Questa cosa non l'ho mai detta a nessuna ma, ho gettato via TUTTE le cose che me la ricordavano." La sua voce si fece tremante, gli occhi lucidi: "Troppa sofferenza. L'unica cosa che non ho gettato è quel pallone da spiaggia... C'è ancora il suo respiro lì dentro..." Con questo, si congedò dalla donna e uscì dall'ospedale. Prese un taxi e si diresse a Ground Zero. Arrivato lì, si avvicino al muro su cui erano scolpiti i nomi di tutte le vittime di quella tragedia, mentre la fredda notte newyorkese e il cielo lo avvolgevano di un cupo bagliore. Appoggiò le mani e la testa su quel nome, Claire Conrad Taylor, e rimase lì, fermo. Intorno a lui le macchine sfrecciavano, il vento soffiava, ma lui era lì, solo con i suoi pensieri e i suoi fantasmi. Non seppe neanche per quanto tempo rimase là, non gli importava. Era l'unico momento da solo con Claire, il momento in cui il Mac Taylor ferito e vulnerabile veniva fuori per poter ricongiungersi alla sua defunta amata...

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