Erano passati circa cinque giorni da quando Stefano aveva deciso,finalmente, di uscire di casa, anche se la sua routine difficilmente variava.
Casa, ospedale, momento di registrazione e montaggio, letto.
Proprio in questo momento il ragazzo si trovava "al secondo punto di questa scaletta" che si era creato nel corso dei giorni.
Ogni primo pomeriggio andava lì, ovviamente accompagnato dai suoi due amici nonché i membri restanti dei Mates, prendeva una sedia e, ovviamente, si sedeva affianco al suo amico, stringendogli la mano.
"Salvatore, perché non vuoi svegliarti? Tu eri sempre quello che non voleva mai perdere tempo" sussurrò a testa bassa Stefano, incapace di vedere il suo amico ridotto in quello stato.
"Eppure, ora, stai perdendo tanto di quel tempo... Ti stai arrendendo Sal?" Lacrime salate iniziavano a rigare le sue guance.
Ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che Salvatore Cinquegrana, Salvo, Surry che dir si voglia, era steso lì, da una cosa come due settimane, in coma.
Due settimane potevano sembrare un tempo relativamente corto agli occhi di una persona qualsiasi, ma quando uno dei tuoi migliori amici, e coinquilino, si trova immobile come un blocco di marmo su un letto d'ospedale, il tempo sembra durare all'infinito.
Ed ecco, il momento che lui odiava più di tutti: andarsene.
Aveva provato a parlare coi medici e gli infermieri che avevano in cura Salvatore, cercando un modo per rimanere anche una mezz'ora in più, ma erano stati irremovibili, propinando sempre la scusa de "il paziente deve riposare e non può essere sottoposto a stress".
Sconsolato, Stefano si alzò, lasciando un bacio sulla fronte dell'amico che, come sempre, non dava nessun cenno.
"Sii forte Sal, non ti lascerò morire qui dentro" gli sussurrò dolce all'orecchio, per poi uscire dalla stanza.
Nella macchina di Giuseppe vi era un silenzio tombale, "disturbato" ogni tanto dai suoni delle vie trafficate del centro di Milano.
Sascha, inutilmente, provava ad instaurare una conversazione con i ragazzi ma uno, troppo intento alla guida, non poteva certo distrarsi, mentre l'altro, semplicemente, non era in vena di parlare.
D'altronde Stefano, in quei dodici giorni, parlava solo quando si trovava con Salvatore, poi appena usciva dalla stanza, cadeva in un mutismo che sarebbe continuato fino al giorno successivo, creando così un circolo vizioso.
Le uniche parole, se così si possono definire, che facevano capire che Stefano era ancora lì, erano mugugni del tipo "Mh" "Ok" e simili.
Quando la macchina di Giuseppe si fermò, Stefano alzò lo sguardo per vedere quel complesso di case, che ora iniziava ad odiare.
"Ci vediamo domani alla stessa ora Ste?" Chiese Giuseppe dal finestrino della macchina, sapendo però che non avrebbe ottenuto alcuna risposta.
È così fu. Come se niente fosse, Stefano prese le chiavi ed entrò in casa, chiudendosi poi in camera per iniziare a registrare.
Il registrare video era la cosa che più lo riusciva a distrarre in quel periodo, chiudendosi nel suo mondo per quelle cinque-otto ore che comprendevano la registrazione, appunto, l'editing e infine il rendering del video.
Stefano sospirò soddisfatto, posando le cuffie sul tavolo e guardando il video che, lentamente, veniva renderizzato, per poi essere caricato su YouTube.
Si alzò e si stravaccò sul letto, prendendo il telefono e "facendo un giro" sui vari social.
E, come ogni sera, ecco che capitava su YouTube, più specificatamente sui video di "Surrealpower"
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Ghost// Surrealpower
FanfictionSpesso diamo per scontato le cose che abbiamo, credendo che ci sono date per diritto dalla nascita. Ma solo quando queste cose ci sfuggono tra le dita, ci accorgiamo che niente deve essere dato per scontato, neanche la nostra vita.