Il nulla. Il quel preciso istante Stefano aveva provato il nulla più assoluto, come se qualcuno gli avesse privato di tutte le emozioni possibili, positive o meno.
"Sascha ma cosa stai dicendo? Oggi pomeriggio ho parlato con Salvatore ed era vivo" rispose con fare svogliato, alzandosi dal letto e prendendo una felpa a caso da indossare.
"Stefano ti pare che io faccia uno scherzo del genere? Ti prego, vieni il prima possibile" e con un ultimo singhiozzo Sascha chiuse la chiamata.
No, non poteva essere, doveva per forza trattarsi di uno scherzo, anche se di cattivo gusto e con una recitazione ammirevole doveva ammetterlo, da parte del ragazzo più grande, giusto?
Ma, mentre usciva di casa avviandosi alla sua macchina, una nuova serie di domande caratterizzate da una parola in comune, iniziarono a farsi spazio nel suo cervello.
E se Sascha aveva detto la verità? E se, avendo risposto con tono aggressivo al ragazzo più grande, quest'ultimo si fosse offeso? E se, inconsapevolmente, era stato lui a uccidere il suo amico?
Quest'ultima domanda gli continuava a martella nella testa, provocandogli un lieve ma continuo e fastidioso mal di testa che non gli dava tregua.
Parcheggio la macchina nella grande e lugubre zona parcheggio dell'ospedale e si diresse a passo spedito verso di esso.
Ormai non aveva bisogno, notò con tristezza, di chiedere ai dottori o infermieri di turno quale fosse il piano o la stanza, infatti in poco più di qualche minuto era già lì.
La scena che gli si presentò davanti agli occhi gli fece gelare il sangue nelle vene.
Come aveva immaginato, Sascha era seduto su una piccola sedia posta davanti alla stanza dell'amico, con mano tremanti e occhi pieni di lacrime da fare da contorno.
Spostò lo sguardo alla sua destra e vide Giuseppe, girato di spalle, intento a parlare con un medico.
La sua voce era calma e pacata, anche se il suo corpo lo tradiva a col tremolio delle mani.
Stefano gli si avvicinò, picchiettando sulla spalla del ragazzo per attirare la sua attenzione.
Giuseppe si girò, e quello che vide Stefano lo lasciò per un attimo senza parole. Il volto era pressoché identico a quello di Sascha: faccia pallida, occhi scavati e occhi lucidi pronti per piangere.
"Giuseppe..." iniziò a parlare, ritrovando dopo alcuni minuti la voce, "mi spieghi cosa sta succedendo?"
"Per le nove e mezza ho ricevuto una telefonata dall'ospedale" rispose Giuseppe atono, come se avesse dovuto ripetere quel discorso per la ventesima volta in quella serata "dicendo che Salvatore aveva avuto un problema. Mi misi in macchina e insieme a Sascha sono venuto qui. Volevamo vedere Surry, ma hanno detto che le sue condizioni non erano in grado di ricevere visite. Mentre ce ne stavamo andando, l'elettrocardiogramma ha iniziato a fare un suono continuo" Al discorso seguì una lunga pausa, segno evidentemente che non avrebbe voluto continuare "Salvatore purtroppo non c'è la fatta e-"
"Voglio vederlo" Tagliò corto Stefano. Non aveva riflettuto sulle parole che aveva detto, le erano in modo spontaneo, ma ormai le aveva dette, e non si poteva tirare indietro.
"Stefano, sei sicuro?"
Giuseppe non ottenne nessuna risposta, poiché il ragazzo più piccolo si era già avviato verso la porta a passo spedito.
Giuseppe, Sascha. Perché avrebbero dovuto mentire su una cosa così importante per il gruppo? Perché continuare questa farsa?
Le risposte che stava tanto arditamente cercando, erano dietro la porta che ora stava aprendo con violenza.
"Salvatore, mi potresti spiegare di cosa stanno p-" le parole gli si bloccarono in gola, come se all'improvviso si fosse ritrovato senza sapere come articolare le parole.
Salvatore era lì, come da due settimane a questa parte, con gli occhi chiusi e la coperta che di certo non era di colori sgargianti, posta poco al di sotto delle spalle e le braccia distese lungo i fianchi.
Ma un dettaglio, un dettaglio non poco trascurabile fece gelare Stefano sul posto.
Al corpo dell'amico non era attaccata nessuna tipologia di macchina per monitorarlo o qualche tipo di flebo inserita tramite le vene.
Era solo Salvatore, dello stesso colore bianco che troneggiava nella stanza, disteso su un letto al centro di quest'ultima.
Dopo lunghi istanti in cui Stefano non era stato in grado di muovere il proprio corpo, finalmente fece qualche passo, prendendo la classica sedia e mettendosi a un lato del letto.
"Salvatore..." le lacrime iniziano a spingere prepotenti per uscire dai suoi occhi, ma le ricacciò indietro a forza.
No, non poteva e non doveva essere vero. Molte volte aveva pensato a quello scenario, ma mai aveva pensato di trovarcisi dentro. Aveva sempre sperato che il tutto si risolvesse per il meglio.
D'altronde, la speranza non è l'ultima a morire?
Gli prese la mano e la strinse fra le sue; quel gesto, all'apparenza così normale, riuscì a spezzare tutte le speranze che Stefano si era creato.
La mano di Salvatore era pressoché gelida, neanche un piccolo tepore, ghiaccio totale.
Stefano scoppiò in un pianto che dire isterico era usare un eufemismo.
In preda ad una totale crisi di panico, scattò dalla sedia e prese fra le sue braccia il corpo, ormai senza vita, dell'amico.
Cadde con le ginocchia sulle mattonelle fredde di quella stanza, stringendo al suo petto Salvatore, come fa una manna per proteggere il proprio figlio.
"Non è giusto, non è affatto giusto!" Iniziò a gridare a squarciagola, alzando la testa al cielo e lasciando cadere le lacrime senza freni.
Dopo alcuni minuti, sentì un vociare di più persone che entravano nella stanza.
Quegli ultimi minuti furono di puro caos. Alcune infermerie che staccavano non curanti il corpo di Salvatore da Stefano, Giuseppe e Sascha che alzavano da terra il ragazzo e lo portavano fuori dalla stanza, ovviamente con delle imprecazioni da parte di Stefano.
Era vero, era successo veramente.
Salvatore Cinquegrana, aka Surrealpower, aka Surry, aveva lasciato questo mondo.
NA
QUESTO NON È IL FINALE DELLA FANFICTION, MA SOLO QUELLO DEI THROWBACK (per chi non sa di cosa sto parlando, veda il finale del Chapter #4)
Scusatemi davvero tanto se non ho aggiornato, ma è stato (ed è) un periodo abbastanza difficile per me.
MA PER FARVI PERDONARE, UN CAPITOLO DA 1000 PAROLE UOOOO
Ps. Si, nella immagine del capitolo sono io, fatemi sapere se volete un capitolo dove spiego il raduno
Vb, zattutti 👋🏻
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Ghost// Surrealpower
FanficSpesso diamo per scontato le cose che abbiamo, credendo che ci sono date per diritto dalla nascita. Ma solo quando queste cose ci sfuggono tra le dita, ci accorgiamo che niente deve essere dato per scontato, neanche la nostra vita.