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Era seduta.

Con le spalle al muro.

La testa era rivolta verso l'alto.

Le cuffie nelle orecchie.

Gli occhi chiusi.

Stretti.

Bruciavano, e le lacrime scendevano, come se fosse loro diritto farlo.

Inevitabilmente si scontravano lungo la sua guancia candida.

Bruciavano.

Strinse i pugni.

Con rabbia le scacciò via.

Succedeva sempre.

Ogni singola volta.

Non sapeva bene come iniziasse, ma si ritrovava a farlo sempre.

Era ingiusto.

Non voleva, le sembrava stupido.

Ma succedeva, e lei non poteva impedirlo.

E si trovava a mormorare quelle parole sottovoce.

Non voleva farsi sentire.

Non voleva coprire quella voce che tanto le piaceva.

"When the outside temperature rises
And the meaning is oh so clear
One thousand and one yellow daffodils
Begin to dance in front of you – oh dear."

Odiava piangere.

Le si tappava il naso, gli occhi ardevano e lo stomaco si contorceva.

Non riusciva a parlare.

Ma non poteva comunque farlo.

Non c'era niente da dire.

Era successo.

Ma ripensare a lui, le faceva sempre male.

Era speciale.

Tutto speciale.

A partire dai suoi capelli, scuri, sicuramente morbidi, bellissimi, lunghi o corti che siano.

I suoi occhi.

Dio, sprizzavano felicità da ogni dove.

Le sue labbra, la sua bocca, sempre imbronciata in un dolce sorrisetto.

E pensare che l'avevano anche preso in giro per la sua bocca.

Idioti.

Ripensò al suo strano modo di vestire, e forse, per un momento le lacrime cessarono.

Strano.

Stravagante.

Lui.

Passò da tutine che lo lasciavano col petto scoperto, ai soli pantaloncini corti con un foulard rosso.

"I'm going slightly mad..."

La sua bocca si incurvò.

Ripensare al suo volto.

In quel video.

Trasudava dolore da tutti i pori, eppure sorrideva.

Minchia se sorrideva.

Le faceva male.

Le faceva ancora più male sapere che nessuno sapeva cosa stesse passando.

Nessuno era a conoscenza del dolore che provava.

Del fatto che ormai aveva un buco sotto al piede e non poteva quasi camminare.

Del fatto che il petto gli faceva male.

Del fatto che la gola gli faceva male, tanto male, tanto da non tiuscire quasi a cantare.

Ormai non le tratteneva più.

Le lacrime.

Era quasi liberatorio.

E pensare che qualche anno prima, non le piaceva nemmeno Radio ga ga.

Il padre, gliela fece ascoltare, ma lei si ostinava a ripetere che non le piaceva, senza nemmeno ascoltarla davvero.

Che sciocca che era.

Quante volte sarebbe voluta tornare indietro nel tempo.

Per vederlo.

Per abbracciarlo, forse.

Sarebbe stata una delle tante persone, strette, che ad un concerto facevano a spintoni per appropiarsi di un altro posto.

Sarebbe stata una delle tante che avrebbe pianto durante Love Of My Life.

Sarebbe stata una di quelle che avrebbe battuto le mani forte, durante We Will Rock You.

Così forte, da non poterle muovere.

Ma non le sarebbe importato.

Sarebbe stata una di quelle che pur di cantare Bohemian Rhapsody, si sarebbe resa ridicola.

Sarebbe stata una di quelle che avrebbe ripetuto i suoi vocalizzi a squarciagola, senza vergogna.

Ma sempre col sorriso sul volto.

Ma purtroppo,  i sogni ad occhi aperti, non durano per sempre, e lei è costretta a svegliarsi.

E ritorna alla realtà.

La realtà in cui lui non c'è.

Purtroppo questa è la realtà.

Non c'è.

E se per un attimo la sua tristezza si era placata, ora era riaffiorita.

Non  poteva farci niente, consapevole della morte.

La morte che lo aveva portato via con se, troppo giovane.

Davvero troppo.

Cosa avrebbe potuto fare per lui?

Era soltanto una ragazzina.

Non era nessuno.

Era solo una persona distrutta che stava ripensando a una delle persone più importanti della sua vita.

Una persona che l'aveva fatta piangere.

Ma sorridere.

Dio, se l'aveva fatta ridere.

Aveva sempre detto di voler diventare una leggenda, e che se fosse morto giovane, non gli sarebbe importato.

Ed era vero.

Era dotato di un energia ineguagliabile.

Era un esempio.

E lei desiderava prendere esempio da lui.

Coraggioso.

Perché, non credo che cantare e continuare a vivere con una malattia mortale, senza che nessuno se ne accorgesse, fosse una cosa da persone normali.

Forse era stato meglio così.

Se fosse nata qualche anno prima e lo avrebbe conosciuto negli anni '70, lo avrebbe seguito fino alla sua morte, e sapeva che non avrebbe potuto sopportare un dolore del genere.

Era triste, senza neppure averlo mai visto, figuriamoci se l'avesse visto.

Sapeva però, che era morto felice.

O almeno sperava che lo fosse.

Felice di aver realizzato il suo sogno.

"I'm slightly mad.
Just very slightly mad.
And there you have it."

Abbassò il capo.

La canzone era finita.

Schiacciò il tasto centrale del suo cellulare, e il suo schermo si illuminò.

E sul blocco schermo, c'era lui.

Lui.

Freddie Mercury.

I MISS YOUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora