Capitolo 4° -Un mondo crudele-

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Ore 13:05 del pomeriggio

Nicolas point of view:

Ero rimasto molto infastidito dal comportamento del professor Allen nei confronti di Elisabeth. Non ne comprendevo nemmeno il motivo, ma vedere lui così vicino a lei mi aveva irritato. A stento sono riuscito a trattenermi dall'urlagli di lasciarla in pace.
Perché ero così protettivo con Elisabeth?
Non è nel mio carattere essere così appiccicoso nei confronti delle persone, soprattutto persone che avevo conosciuto da poco!
"Che c'è di sbagliato in me?"  Pensai mentre camminavo a testa bassa per la strada di casa. All'improvviso alzai lo sguardo e la vidi, stava camminando qualche decina di metri davanti a me e sembrava non mi avesse notato. Istintivamente mi misi a correre verso di lei chiamandola per nome in modo da catturare la sua attenzione. Sentendosi chiamare Elisabeth si girò verso di me e ancora una volta rimasi colpito dalla sua bellezza e dai suoi occhi color smeraldo. La raggiunsi e la salutai con un sorriso a trentadue denti sul volto.
<<Ciao Elisabeth!>>
Le dissi, lei subito mi rispose salutandomi con un tenero sorriso.
<<Ciao Nicolas.>>
Era meravigliosa, le labbra rosee incurvate ai lati mi sorridevano, i capelli biondi tenuti in una coda bassa e la maglia viola piena di gelati che coronava il tutto dandogli un aspetto bambinesco.
"È davvero splendida. La mia bambina." Mi ritrovai a pensare guardandola quando la sua voce mi risvegliò dai miei pensieri.
<<Volevi chiedermi qualcosa?>>
Mi chiese. Non sapevo cosa dirli, l'avevo raggiunta senza alcuna ragione così dissi la prima cosa che mi passò per la testa.
<<Bè, anch'io per tornare a casa devo percorrere questa strada e mi chiedevo se ti andasse di camminare assieme a me. Potremmo parlare, conoscerci meglio e diventare amici!>>
Le dissi. Desideravo passare del tempo con lei, volevo parlarle, conoscerla, stare al suo fianco e quando accettò sentii un ondata di felicità travolgermi come un uragano. Passammo molto tempo a chiacchierare e conoscerci meglio. Scoprii che lei era di origine inglese ma che a causa del trasferimento del padre da piccola ha dovuto traslocare in America. Le raccontai che anch'io, come lei, mi ero trasferito qui quando ero un ragazzino. Mio padre e mia madre quando avevo solo dodici anni divorziarono; io rimasi con mia madre che dopo poco tempo si risposò con il suo attuale marito John e per raggiungerlo ci siamo trasferiti in America.
John è una persona molto gentile, all'apparenza sembra un po' rude e spaventoso ma è un buon uomo. Ci è sempre stato per me e per mia madre ed è sempre rimasto dalla nostra parte.
Non ci ha mai fatto mancare nulla, soddisfava ogni nostra richiesta per quanto costosa potesse risultare.
Una notte, in cui ero rimasto sveglio perché non riuscivo a prendere sonno, sentii dei rumori provenire dal salotto. Preso dalla curiosità mi alzai dal mio letto e mi diressi verso quelli strani rumori che via via si facevano sempre più forti quando vidi qualcosa che non avrei mai dovuto vedere.
John era rientrato a casa coperto di sangue e con una pistola in mano. Ricordo ancora perfettamente l'odore ferroso del sangue che ricopriva la sua giacca nera e che pian piano si espandeva per la stanza, per poco non svenni sul posto. John mi guardò con uno sguardo triste, quasi sull'orlo delle lacrime, mi fece segno di stare in silenzio e si tolse la giacca uscendo dalla stanza dirigendosi verso il bagno. Io ero ancora paralizzato e rimasi fermo in salotto fin quando non lo vidi ritornare con degli abiti puliti addosso.
Ci spostammo sul tavolo e dopo vari minuti di silenzio in cui nessuno dei due voleva parlare, John mi raccontò che da ragazzo si era messo nei guai con una gang della città e per risarcirli aveva accettato di lavorare per loro. Una volta entrati però non si può più tornare indietro infatti, quando cercò di uscire dalla banda venne minacciato, gli dissero che avrebbero ucciso tutte le persone a lui care e fu in quel periodo che conobbe mia madre. Per lui, lei era come il sole, riuscì a ridonarli la felicità che da tempo aveva ormai perso.
Si sposarono dopo poco tempo che si erano conosciuti, anche mia madre era felice al suo fianco però era ingnara di ciò che il marito faceva durante la notte. La gang, scoperto il suo punto debole cioè io e mia madre, lo minacciò  di ucciderci se non avesse continuato a lavorare per loro e John li ubbidì.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggerci, di non perdere il suo sole che illuminava ogni giorno le sue giornate e lo riscaldava coi i suoi raggi accecanti.
Avevo solo quattordici quando mio padre mi raccontò la sua storia, sbattendomi in faccia tutta la verità di questo mondo crudele senza che io potessi fare nulla, se fosse stato per lui mi avrebbe tenuto in una campana di vetro insieme a mia madre in modo da proteggerci da qualsiasi cosa, ma così non è stato.
Da quel giorno decisi che quando sarei diventato maggiorenne e quindi avessi avuto l'età giusta secondo la legge per potermi separare dai miei genitori e vivere da solo, mi sarei trasferito altrove, lontano da loro in modo da liberare mio padre dal peso di proteggermi. E così feci, alcuni mesi dopo il mio diciottesimo compleanno mi trasferii a Los Angel e mi iscrissi alla A.F Academy per poter continuare i miei studi.
Ovviamente non ho raccontato tutto ciò a Elisabeth, di sicuro si sarebbe spaventata e mi avrebbe evitato per il resto della sua vita considerandomi un ragazzo pericoloso, mi limitai solo a raccontarle che mi ero trasferito a Los Angels di mia spontanea volontà e che vivevo da solo in un appartamento in un quartiere vicino alla scuola.
Lei mi guardò curiosa con i suoi occhi da cerbiatto sprizzanti di curiosità ma non approfondì l'argomento. Continuammo a camminare per una mezz'ora parlando di ciò che ci piace e dei nostri hobby.
<<Sport preferito?>> disse Elisabeth guardandomi negli occhi.
<<Ovviamente baseball. Il tu->> non feci in tempo a finire la frase che lei volse la testa verso di me con occhi serrati, come se avessi detto la cosa più strana dell'universo, per poi fare un sorriso a trentadue denti e guardarmi sprizzante di gioia urlando.
<<È anche il mio!!!! È un gioco bellissimo vero! Io e mio padre ne siamo patiti e ogni domenica quando trasmettono la partita alla TV restiamo incollati allo schermo come due cozze!! E guai a chi osa soltanto disturbarci qualsiasi persona sia!!!>>
Mi misi a ridere di gusto per poi guardarla negli occhi e chiederle a voce bassa, quasi come se non volessi essere sentito.
<<Anche se fossi io a disturbarti?>>
La vidi avvampare e subito giocherellare con le dita nervosamente per poi dirmi la frase che rese quel giorno noioso e uguale come tutti gli altri, un giorno nuovo e allegro.
<<Se fossi tu non importerebbe, sappi che per te ci sarò sempre non importa cosa....>>



Angolo autrici:
Ciao bella gente! Sono Marty! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi scuso per vari errore che potreste trovare nel capitolo. Non sono certo un grammatico!
Non ho nient'altro da dire quindi...
CIAO, ALLA PROSSIMA!!!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 31, 2017 ⏰

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