L'abito bianco

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Serro le palpebre, non ce la faccio più ad osservare il basso soffitto.

Sembra volermi schiacciare, soffocare, così come la porta della stanza, che delimita la chiusura della mia gabbia.

Cerco di respirare a fondo, ma non ci riesco. Non sono più padrona della mia vita e tra poco non lo sarò più neanche del mio corpo.

Vorrei solo togliermi questo dannato abito e stracciarlo.

Per molte donne indossarlo significa realizzare il proprio sogno, ma non è così che io immaginavo il mio.

Desideravo sposare un uomo buono con cui condividere la mia vita.
Desideravo qualcuno che mi amasse, nient'altro.

Evidentemente, il mio, era destinato a rimare uno stupido sogno e, semplicemente, chiedevo troppo.

Non piangere, non piangere.
Non servirebbe a niente.

Perché mi hai fatto questo, papà?
Perché per migliorare la tua vita hai venduto la mia?

Non potrò mai dimenticare quel giorno, così come le lacrime di mia madre e lo sguardo freddo di mio padre.

Non potrò dimenticare le mani di quell'uomo, che toccavano il mio corpo per valutarne l'acquisto oppure i suoi occhi, che scrutavano le mie forme acerbe.

Io intanto pregavo. Pregavo con tutta me stessa che ne rimanesse deluso, che dicesse che non ero abbastanza.

Lui, invece, sorrise soddisfatto.

Strinse la mano di mio padre, per suggellare il loro accordo, e disse che sarebbe passato il giorno dopo per effettuare il pagamento.

Ricordo il senso di nausea che invase il mio stomaco, le lacrime che non volevano saperne di fermarsi e i miei gesti disperati.

Mi lasciai cadere a terra, supplicando mio padre di cambiare idea e tenermi con sé.
Ciò che stava accadendo non poteva essere vero.

Non funzionò. Fui costretta a prendere le mie cose e a seguire quell'uomo.

Colui che a momenti entrerà da quella porta, con l'intenzione di rubarmi l'unica cosa che mi resta.

Potrei urlare, disperarmi, ma non ne ho la forza.

Una delle ultime cose che mi disse mia madre fu di non rassegnarmi: la vita prosegue, anche se spesso imbocchiamo sentieri che segnano il nostro cammino.

Ma credo sia troppo difficile continuare a percorrere il sentiero che è stato scelto per me.
Forse, tutto ciò che sto vivendo, è quel che realmente merito...

Avverto dei passi nel corridoio ed è come se, uno ad uno, rimbombassero nel mio petto.

Sento la serratura scattare e la porta aprirsi: lui è qui.

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