Osmodeo sorrise soddisfatto quando anche l'ultimo cadde. E anche questa volta Fiorella piangeva grosse lacrime amare.
Delicata, bella, incurante dell'essere che ospitava nel suo corpo, che viveva nelle sue viscere, che guardava attraverso i suoi occhi, che si nutriva del suo malessere.
Fiorella, sempre così sfortunata in amore. Tutti gli uomini che frequentava scappavano da lei. Legati all'inizio da una forte passione sfiorivano presto, come se un forte sole li avesse colti, appassendoli. Non rimaneva più nulla se non i sogni infranti della giovane donna, le sue calde lacrime e la pancia piena di Osmodeo che si nutriva della sua disperazione.
Un giorno però si presentò alla ragazza un altro giovane pretendente, Giuseppe.
Questa volta non l'aveva attirato lui, non l'aveva lusingato. Era stato il ragazzo ad accorgersi di Fiorella, ammaliato dai suoi occhi color miele e dalle sue labbra piene. Giuseppe era mosso da una determinazione che Osmodeo negli altri non aveva visto, in nessun uomo che prima si fosse avvicinato alla sua sposa. Non riusciva nemmeno a guardare attraverso gli occhi della ragazza quando erano insieme. Non riusciva a studiarlo, a farlo scappare.
Un giorno, una svista.
A Fiorella cadde dal collo qualcosa, un ciondolo, una bambolina dorata avvolta da un abito nero. Era legato a una collana che il ragazzo le aveva regalato all'inizio della loro relazione. Fu come se a Osmodeo gli si fossero aperti gli occhi per la prima volta. Fiorella alzò la testa per incrociare lo sguardo preoccupato di Giuseppe e Osmodeo la vide, Elettra. Giuseppe era il suo sposo.
Fiorella prese in fretta la bambola, cercando di sistemarla per rimetterla al collo e in quel momento lo sentì. Sentì il noto odore di bruciato che l'aveva accompagnata per anni.
«Andiamo a sistemare la collana, Giuseppe. Presto.»
Quella sera i due parlarono.
«Non volevo dirtelo, pensavo mi avresti presa per una pazza. Non volevo che scappassi, come gli altri.»
Ma Giuseppe non l'avrebbe mai fatto. Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli, aveva un piano e aveva cercato Fiorella per anni. Era necessario che loro avessero un bambino insieme, un sacrificio per la loro libertà.
«Assorbirebbe entrambi, certo, lo porterebbe alla morte. Ma noi saremmo finalmente liberi.»
Era l'unico modo.
Passarono 6 mesi e Fiorella rimase incinta. Se ne accorse subito Osmodeo che sentì la presenza di Elettra, seppur in minima parte, nel corpo della sua sposa.
Fiorella durante la gravidanza diventava sempre più bella e forte. Tutto procedeva lentamente. Tutto andava per il meglio. Tutto era al suo posto.
Alla donna si ruppero le acque con due settimane di anticipo.
«Aiuto! Cazzo, qualcuno mi aiuti, la mia ragazza sta per partorire!»
Giuseppe entrò di corsa in ospedale sorreggendo Fiorella che sudava per lo sforzo di non urlare e non partorire, e in un attimo gliela portarono via.
«Forse sarei dovuto entrare con lei» si disse.
Era da almeno un'ora che Giuseppe aspettava. Camminava avanti e indietro per il corridoio dell'ospedale. Si avvicinava alla porta della sala parto, cercava di percepire qualche suono, dopo tornava indietro. E ricominciava.
Successe tutto in un attimo. Lo colse una fitta al petto, si bloccò il respiro e cadde in ginocchio. La gola ardeva, un forte conato di vomito lo prese. Non sarebbe riuscito a raggiungere il bagno. C'era un cestino a pochi passi da lui, ci arrivò strisciando e lasciandosi dietro una scia di vomito e bile. Ci buttò la testa dentro e si liberò. Nemmeno per la peggiore delle sue sbronze. Da lontano percepì un urlo. Riuscì ad alzarsi barcollando dopo qualche istante. Faceva schifo, ricoperto di vomito, doveva prima raggiungere un bagno.
Si sciacquò il viso e si guardò allo specchio. Si sentiva strano. Si strappò il bracciale dal braccio sinistro e aspettò di sentirla. Non c'era. Elettra non c'era più. Corse di nuovo davanti la porta della sala parto. «Andiamo Fiorella, fai presto.»
Quando scoccò la seconda ora di attesa uscì un medico dalla grossa porta della sala parto e gli andò incontro. Aveva il camice completamente macchiato di sangue, il volto stravolto. Si tolse la mascherina, a seguirlo un'infermiera. Tra le braccia aveva un fagotto e dentro un bambino che piangeva. Glielo spinse in braccio. Dannazione se piangeva e si dimenava, sembrava indemoniato.
«Mi dispiace, abbiamo fatto il possibile per la sua compagna. Ci sono state delle complicazioni, ha perso molto sangue. Non sappiamo cosa sia potuto accadere, faremo un'autopsia con il suo permesso. Ma come vede siamo riusciti a portare in salvo suo figlio. Lui sta bene...»
Giuseppe aveva smesso di ascoltare.
Dopo i funerali di Fiorella, Giuseppe portò a casa suo figlio, Emmanuel. Il bambino era forte, in salute. E lo sarebbe stato per tanto tempo.
Fin quando non avrebbe cercato di ostacolare i suoi demoni.
Giuseppe lo sapeva, gli era bastato guardare negli occhi suo figlio, quegli occhi che gli ricordavano troppo Fiorella.
Così fece l'unica cosa che doveva essere fatta.
Header: Christophe Hohler
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Short Story"La tenevo stretta tra le mie mani, quasi fosse un tesoro inestimabile, e assaporavo il suo doloroso rinfrescarmi scendere lungo la mia gola ardente. Faceva caldo quel giorno, particolarmente caldo, ed era stata una fortuna aver trovato quella linfa...