CAPITOLO 2.

17.4K 1.2K 535
                                    

Capitolo 2
ZAÌRA

«Lascia stare quei libri e muoviti! Papà ti vuole parlare».

Zabar è appena entrato nella mia stanza senza preoccuparsi di bussare alla porta.

Sospiro e chiudo il libro di storia.

So già che sprecherei il tempo se mi mettessi a discutere con lui, ne uscirei sconfitta a prescindere.

«Arrivo!», mi alzo dai cuscini che ho sparso sul pavimento, nell'angolo della mia camera da letto, il luogo in cui mi piace stare quando devo studiare o semplicemente leggere un buon libro.

Durante il giorno ho avvertito una certa tensione in casa.

Papà è più agitato del solito, ma non saprei spiegarmi il perché.

«Dai, muoviti!»

Mio fratello mi tiene la porta aperta e mi fissa con i suoi occhi scuri, caratteristica che, insieme ai capelli neri, accomuna tutti i componenti della mia famiglia.

Una volta accanto a lui, lo fulmino con lo sguardo.

Come risposta, mi prende con forza per un braccio e mi spinge in corridoio.

Non replico e inizio a camminare davanti a lui, sfregandomi con la mano la parte dolente dell'avambraccio.

Zabar è sempre stato molto impulsivo, ma è peggiorato da quando abbiamo scoperto della malattia di Paraska.

Siamo la classica famiglia rom allargata: otto persone a vivere sotto lo stesso tetto, tra cui i miei genitori, mia sorellina, i miei nipoti, mio fratello Zabar e Paraska, sua moglie.

Per fortuna, la villa è abbastanza grande per tutti quanti.

Ci sono momenti in cui ho bisogno di stare da sola, per i fatti miei, lontana dalla confusione che mi circonda, ma questa cosa è pressoché impossibile a casa nostra.

«Stare sempre china sui libri non ti servirà a nulla», dice Zabar alle mie spalle, facendomi trabalzare di nuovo.

Cosa vuol dire?

Scendiamo le scale che portano al piano di sotto in silenzio.

Una volta arrivati davanti alla porta del salotto, Zabar la apre e mi ordina con un cenno di entrare.

Varco la soglia, l'uscio si chiude alle mie spalle. Quando mi volto, capisco che lui è rimasto fuori.

Avanzo nella stanza, sento le gambe molli.

Trovo la mamma seduta su uno dei due divani posizionati uno di fronte all'altro, separati da un tavolino di vetro sopra cui regna un enorme vaso con fiori colorati.

Papà sta parlando al telefono, con una mano infilata nella tasca dei pantaloni, sta fissando il nulla fuori dalla finestra.

Mi avvicino a mia madre, ma lei non mi considera minimamente.

Sta osservando il tappeto come se fosse la cosa più affascinante che abbia mai visto.

«Che succede?», bisbiglio prendendo posto accanto a lei.

«Tuo papà ha una cosa importante da dirti», avvisa senza guardarmi.

«Cosa?», insisto chiedendomi perché gli altri componenti della famiglia non siano presenti nella stanza.

«Shhh», si porta un dito alla bocca, finalmente punta i suoi occhi nei miei.

È preoccupata, il che mi spinge ad agitarmi ancora di più.

Cosa sta succedendo?

«A domani sera, amico mio. Non vedo l'ora di rivederti».

Papà tronca la chiamata e si avvicina a noi con un largo sorriso dipinto sul volto.

PASSIONE GITANADove le storie prendono vita. Scoprilo ora