Prologo

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5 ANNI PRIMA
I suoni delle sirene si avvicinano, ormai non ho tanto tempo: mi hanno individuata. Muovo veloci passi per allontanarmi dalla casa, con le mani colme dei possedimenti di una delle famiglie che mi hanno rovinato l'infanzia. Nei miei occhi si esprime tutta la cattiveria e l'odio represso degli ultimi anni. Ancora qualche metro e arriverò al mio SUV, già pronto per partire. Qualcosa, però, mi blocca, perchè un indescrivibile senso di rimorso mi assale, respiro affannosamente. Con un singhiozzo mi accascio sull'asfalto, portandomi le mani sul volto, imperlato di sudore. Ecco, ho ripreso il possesso del mio corpo e mi sto rendendo conto di tutti i furti che ho commesso e delle famiglie che ho fatto soffrire. Le luci abbaglianti delle sirene mi hanno ormai circondato e, attraverso le lacrime scorgo un gruppo di uomini che si fanno strada tra gli agenti. Un ragazzo, che sembra quasi avere la mia età, attira la mia attenzione: sembra che la sappia lunga quanto me riguardo ai maltrattamenti durante la dolce età. Dall'aspetto acuto e preciso, sembra quasi uno studente. Mentre studio questi individui, loro prendono il mio coltellino e si accertano che io non abbia armi oltre alla mia attrezzatura da scassino. Poi lasciano il resto agli agenti, che formalizzano l'arresto e mi spingono in una vettura della polizia.
OGGI
...Pic... Pic...
Con aria stanca osservo l'acqua gocciolare dal rubinetto rotto, mentre mi sistemo sul letto pulcioso dove sono solita dormire da qualche anno ormai. Un rumore metallico ed un cigolio mi fa capire che qualcuno sta entrando nella cella e, piuttosto rapidamente, mi alzo in piedi, mentre Andrè mi viene ad aiutare. Appena Andrè vede la donna grassoccia e pustolosa (da noi detenute definita pustola), fa una faccia disgustata e sputo per terra, a poca distanza da lei. Pustola mi guarda sdegnata. «Se fosse per me non la passeresti così facilmente, Qwilleran. Nè per questo, nè per tutto il resto... Ma sfortunatamente c'è qualcuno di più importante che desidera vederti. Quindi muoviti.» grugnisce la donna, con un'espressione incattivita. Andrè se ne va e rabbrividisco: «O...Okay. Chi... Chi mi vuole vedere?»
«Questo non mi è dato saperlo. Muoviti.»
Tremando esco dalla cella, attraversando il lungo corridoio, dal pavimento piastrellato, passando una mano lungo il muro ruvido. Due uomini mi affiancano e mi prendono per le spalle, conducendomi attraverso parecchie grate di sicurezza, verso l'esterno. Fuori sono costretta a salire in una vettura della polizia, dove per sicurezza mi ammanettano. Il mio cuore è un vortice di emozioni e sento un mancamento, perciò mi stringo contro il sedile e respiro a fatica. Gli agenti mettono in moto la vettura, sfrecciando a tutta velocità in direzione chissà dove. Ad un certo punto inchiodano e mi costringono a scendere. Sono davanti ad un edificio importante, che non conosco. Gli agenti mi fanno entrare e mi trovo in una stanza piuttosto ampia, con un secondo piano che vi si affaccia e con tante altre stanze dalle porte a vetri, comunicanti con essa. In giro per la costruzione c'erano agenti in uniforme ed in borghese e tante altre persone. I due individui mi conducono in una stanza, la cosiddetta "sala delle riunioni" e mi ritrovo davanti ad un gruppo di persone. Tra di loro c'è lui, il ragazzo che sembra uno studente. «benvenuta, Andrew.»

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