-Luna🌙

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Eravamo in riva al mare, mano nella mano; la mia testa sulla sua spalla, i miei occhi ipnotizzati completamente dal suo sguardo. La gente che ci circondava sembrava non contare nulla in quel momento, perché i suoi abbracci protettivi mi avvolgevano dolcemente, e mi facevano sentire finalmente al sicuro dopo tanto tempo; tutti i problemi sembravano scivolare via quando Ermal mi stringeva tra le sue braccia calde, le sue braccia calde che erano uno spazio perfetto, in cui ci sarei rimasta fino alla fine dei miei giorni. Oramai graffi e lividi non mi bruciavano più cosi tanto, perché quel ragazzo al quale mi aggrappavo con tutte le mie forze come fosse la mia unica ancora di salvezza, era diventato da un giorno all'altro la cura di tutti i miei mali; continuammo a guardarci negli occhi per istanti interminabili, poi lui mi porse le sue labbra, ed io avvicinai pian piano le mie alle sue, sempre di più, sempre di più, ancora di più... e poi mi svegliai, e bastò poco più di un istante per far sfumare quest'attimo meraviglioso; proprio cosi, mi ero illusa fosse reale, eppure era solo un sogno, nient'altro che uno stupido sogno. Ermal Meta non aveva la minima idea di chi fossi, né tantomeno mi avrebbe mai conosciuta o se ne sarebbe mai importato minimamente di me. Sbattei il cuscino sul pavimento con tutta la forza che avevo in corpo: in quel momento avrei solo voluto ritornare a sognare, farlo per tutta la vita, ignorare il mondo circostante ed immergermi in un universo forgiato con i miei stessi pensieri, poiché la terribile realtà che stavo vivendo in quel periodo sembrava opprimermi e schiacciarmi come un rullo compressore.
"Ascoltami bene. Andiamo alla festa di un mio collega oggi. Vestiti decentemente. E cerca di non fare sciocchezze, altrimenti sai già cosa succede." tuonò la voce di Christian dall'altra stanza; a quanto pare gli costava troppo dirmi anche un semplice "buongiorno". Scavai nell'armadio, scelsi l'abito migliore che avevo e lo indossai velocemente; tentai di nascondere al meglio che potevo i lividi che avevo sulla faccia con il correttore, misi un filo di mascara e mi impegnai ad assumere un aspetto perlomeno presentabile. Infine mi guardai allo specchio: la mia maschera era pronta. Tuttavia non riuscivo a sentirmi più bella come la Luna di cinque anni prima, anzi, consideravo quasi ripugnante trovarmi faccia a faccia con il mio riflesso. "Sali in macchina. Muoviti." Come sempre mi limitai a seguire gli ordini di Christian, tremando ad ogni sua parola; sapevo cosa accadeva quando tentavo di ribellarmi, l'avevo provato fin troppe volte sulla mia stessa pelle, e non avevo intenzione di soffrire ancora una volta. Christian si mise al volante senza degnarmi di uno sguardo, probabilmente troppo concentrato nella ricerca di un qualsiasi pretesto per prendersela con me. Improvvisamente la sua voce graffiata spezzò il silenzio "Il caffè era senza zucchero." Ecco, non avevo dubbi. "Sei solo una stronza. Io mi impegno tanto per te, invece tu non sei capace nemmeno di mettere un po di zucchero nel caffè." proseguì lui "A chi pensavi mentre lo preparavi?? Forse al tuo amante segreto??" la situazione stava diventando pericolosa, soprattutto perché invece di concentrarsi sulla strada, Christian era impegnato a farsi i suoi soliti film mentali; allora tentai di calmarlo in tutti i modi "No tesoro, io penso solo a te, sempre e solo a te." Tuttavia le mie parole non bastarono: Christian era sul punto di mettermi le mani addosso ancora una volta, quando fortunatamente gli squilli del cellulare distolsero la sua attenzione dal solito litigio inutile. "Pronto? Ah Matteo sei tu, buona giornata! Come mai mi hai chiamato?" Era un suo collega, con il quale discuteva spesso dei problemi che c'erano in fabbrica: questa persona mi aveva salvata pur non sapendolo, ed in quel momento gli dovevo tutto. Mentre Christian era occupato a conversare al telefono, la sua voce solitamente graffiata aveva improvvisamente assunto un timbro calmo e pacato: in quel momento pensai a quanto era abile a fingere, poiché sembrava completamente un'altra persona quando discorreva con amici o colleghi. Continuai ad ascoltare la sua conversazione per ingannare il tempo, quando una melodia familiare mi distolse dalla telefonata: non identificai immediatamente la canzone, visto che l'avevo ascoltata a malapena una volta sola, ma quando giunse il ritornello di Vietato Morire, ricomparve ancora una volta quel nome impresso nella mia mente: Ermal Meta. Sorrisi al suo pensiero, e mi lasciai trasportare nuovamente da quella splendida poesia. "Che schifo di canzone" detto questo Christian cambiò stazione radio: dovevo immaginarmelo, era troppo bello per essere vero. "Violenza sulle donne. Ma che vada a quel paese questo stronzo." disse Christian, riferendosi ad Ermal ovviamente "Siete voi donne che meritate di essere picchiate, non certo noi uomini ad essere troppo violenti. Luna, io lo faccio solo per il tuo bene, sappilo. Lo faccio perché io ti amo, ma quando ti comporti da stupida non mi rimane altra scelta." Mi limitai ad annuire, tuttavia dentro ribollivo di una rabbia incontenibile. Pochi minuti dopo giungemmo a destinazione, e Christian parcheggiò davanti ad un cancello di ferro leggermente arrugginito: mi affrettai a scendere dall'auto, mentre lui si apprestava ad aprirmi la portiera con falsa galanteria. Ancora una volta Christian si sarebbe calato nel ruolo del fidanzato perfetto, mentre sarei stata costretta ad assecondarlo, fingendomi soddisfatta del nostro rapporto: la patetica mess'in scena che ogni volta ci apprestavamo a mettere in atto aveva inizio in quel momento.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 21, 2018 ⏰

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