CINQUE: Abbiamo vinto! Ed avevo ragione su Percy, sucate.

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Io e Luke, dopo aver rimesso in piedi Jared e Luis, corremmo verso la nostra area. Gridavamo, felici per la vittoria. Subito tutti i componenti della squadra azzurra ci acclamarono, passammo la bandiera più o meno a tutti i nostri alleati.
Poi mi girai e notai Percy che aveva battuto cinque dei figli di Ares più forti, inclusa Clarisse.

Provai una rabbia indescrivibile. Teoricamente avrei dovuto essere felice, perché Percy era nella mia stessa squadra. Ma provavo troppa simpatia per Clarisse. Anche se avevamo parlato pochissimo, eravamo come sorelle. Non potevo sopportare che fosse stata così umiliata da un novellino.

In quel momento, uno strano rumore fece silenziare tutti i semidei.
Dall'ombra sbucó una specie di cane gigante, oscuro e massiccio. Puntò dritto verso Percy, ma fortunatamente Chirone e alcuni semidei riuscirono ad uccidere la creatura prima che azzannasse Percy.

Annabeth intimó Percy ad entrare in acqua, nel ruscello dietro di lui. Il ragazzo obbedí e successe l'inevitabile.
Le sue ferite si rimarginarono e sopra di lui comparve un ologramma verde: un tridente.

- Ave, Perseus Jackson, figlio di Poseidone - mormorò Chirone. Tutti si inchinarono, pure Clarisse, quindi lo feci anche io.
Io e Clarisse ci scambiammo un'occhiata.
In quel millisecondo ci eravamo dette un sacco di cose.

Ci avevo visto giusto.
Percy era davvero figlio di Poseidone.
Incredibile come avessi indovinato subito il suo genitore divino e ancora non avessi idea di chi fosse il mio. Davvero ironico.

Quella notte, Percy dormí nella cabina numero tre.
Dato che io non avevo sonno mi sedetti vicino alla riva del lago. Osservavo il cielo, le stelle. La luna che splendeva. E ripensai a tutto quello che era successo in così pochi giorni.

Avevo scoperto di essere una semidea. Avevo fatto amicizia con Elizabeth e con Clarisse.
Mi ero innamorata di Luke.
Avevo conosciuto tutti gli altri ragazzi del campo.
Avevo pure ricevuto un'arma fantastica dal mio genitore divino!
Le cose non potevano andare meglio di così. E invece no.
C'era ancora un margine di miglioramento.

Sentii dei passi lenti dietro di me. Qualcuno mi posò una giacca calda sulla schiena.
- Belle le stelle, vero? - sorrise Luke sedendosi accanto a me. Annuii senza dire nulla, per non rovinare il momento magico che si stava creando.
- Sei stata davvero brava con quella figlia di Ares, prima - sorrise ancora lui.
- Grazie.. se non ci fossi stato tu con quel figlio di Efesto sarei soffocata - mormorai, distogliendo lo sguardo dal cielo fino a posarlo sui suoi occhi.
- Non pensarci. Abbiamo vinto, insieme, come ti avevo detto - continuò lui.
Non risposi, ma avvicinai il mio viso al suo.

La mattina dopo mi svegliai nel mio angolino della cabina undici. I ricordi della notte mi invasero la mente.
Non ci eravamo baciati. Io mi ero addormentata appoggiata a Luke e lui probabilmente mi aveva riportata qua.
Feci un piccolo sospiro di frustrazione.
Come potevo pretendere che un ragazzo più grande di me mi baciasse dopo una settimana di conoscenza? Eppure io ci avevo creduto, qualche ora prima. Lo stavo davvero per baciare.

Soffocai un singhiozzo nella piccola coperta che Luke mi aveva procurato.

- Ehi, che ci fai ancora qua? - esclamò Elizabeth facendomi tornare alla realtà.
- Adesso mi alzo - mugugnai.

La mattinata passò lenta e montona; allenamenti, allenamenti ed allenamenti. Luke non si era fatto vedere fino alle 10 e questo mi fece insospettire un po'. Poi venne nell'arena, mi saluto sorridente e disse che quel giorno non poteva allenarmi.

- Fa lo stesso, tranquillo - dissi senza guardarlo negli occhi. Cercai di usare il tono più duro che potevo trovare e fortunatamente ci riuscii.

Se per quella settimana era venuta fuori solo la parte """dolce""" di me, avrei fatto in modo di tornare la solita ragazza attaccabrighe. La ragazza che ero prima del Campo Mezzosangue. La ragazza che era vista male dall'intero Istituto, se non da tutta la città.

- Philip.. lei è quella che era in quarta elementare nella tua stessa scuola? - sussurró una donna tutta truccata e col viso evidentemente rifatto. Mi guardava già da un po', ma io non riuscivo a capire cosa volesse da me.
Il bambino accanto a lei, che aveva probabilmente 9 anni, annuì e si strinse alla donna, guardandomi con terrore.
Immediatamente connessi tutto. Lui era un bambino che, quando era in prima elementare e io frequentavo la quarta, mi diede molti problemi. Gli ruppi il polso e una volta per poco non gli ruppi anche il braccio intero.
La donna e il bambino corsero da un'altra parte, evitandomi. Stavano per sparire in un vicolo buio ed isolato, quando Philip mi lanciò un'occhiata.
Ricorderò per sempre la sua occhiata. Era gelida come il ghiaccio. I suoi occhi neri erano diventati, se possibile, ancora più scuri. Era come se stessi guardando un buco nero. Mi ci potevo perdere dentro in un attimo.

Scossi la testa e quando tornai alla realtà mi beccai una spada puntata alla gola.
- Niente male, ma pensavo che potessi fare di meglio - disse la ragazza davanti a me.
- Clarisse! ..ero sovrappensiero, scusa - mormorai.
- Tsk. Senti un po'.. Chirone ha chiesto di me, di te e di un ragazzino. Ci vuole tutti da lui tra dieci minuti, quindi fila da lui - sospirò lei lasciandomi da sola.
Corsi subito al luogo prestabilito, felice di poter staccare un po' dagli allenamenti continui.

Poco dopo arrivarono Clarisse e.. Jared!
Era uno dei figli di Apollo che aveva aiutato me e Luke a prendere la bandiera, quella notte.
Chirone era davanti a noi, con uno sguardo spento e vacuo.

- Ragazzi.. ho una missione per voi - disse soltanto. Spalancammo gli occhi all'unisono.

- Vuole dire.. che dovremo partire per un'impresa? - mormorai scombussolata. Ero al Campo da una settimana neanche, non ero la più brava nel combattimento; perché aveva scelto anche me per questa missione.

- Esattamente. Vedete, Percy, Annabeth e Grover sono partiti da un paio d'ore per una missione oltre i limiti dell'immaginabile. Devono recuperare uno strumento divino e riportarlo sull'Olimpo entro il solstizio d'estate - spiegò Chirone - ho affidato questo compito a loro tre soltanto, ma sono quasi sicuro che da soli non ce la possano fare. Quindi la vostra missione sarebbe di seguirli, proteggerli in caso di attacco ed aiutarli. Non dovete farvi scoprire a meno che non sia assolutamente necessario.

- E perché dovremmo nasconderci? - chiese Jared.
- Ma fammi indovinare! Perché quell'intelligentona di Annabeth è talmente orgogliosa che pur di non ricevere aiuto da noi ci farebbe a fettine? - sbottó Clarisse.
- Stai calma, figliola. La ragione è anche questa, sì. Ma non solo. È una cosa che riguarda uno di voi tre - cercò di calmarla Chirone.

- Al diavolo! Io quella ragazza non la aiuterò mai e poi mai, sia chiaro - borbottó Clarisse. Fece dietro-front e corse verso l'arena, presumibilmente per allenarsi.

- No, aspetta Clarisse! - cercai di fermarla, ma Chirone mi fermò.
- Lasciala andare. Immaginavo avrebbe reagito così e mi sta bene, ho solo voluto fare un tentativo. Le sue abilità vi sarebbero di grande aiuto, ma farete una missione insieme un'altra volta. Vi troverò un'altra persona per aiutarvi in questa impresa. Questa sera partirete, vi ho già preso tre biglietti per un aereo che porta da Percy, Annabeth e Grover. Preparatevi - sorrise Chirone, e lasciò me e Jared da soli.

- Cosa.. cosa diavolo significa? - mormorò Jared.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 14, 2017 ⏰

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La figlia del dio della guerra - Percy JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora