Non può essere.
Deve per forza esserci un errore.
Andrò in fondo a questa storia e so già che questo sarà il mio peggiore errore.Tiro fuori il foglio che ho precedentemente "preso in prestito" dal cassetto di Hannah. Imcomincio a leggere, e... quella scrittura... quella dannatissima scrittura! Ogni volta in cui notavo che quella scrittura fosse di Derek non riuscivo a capire se fosse essa stessa la cosa più intrigante delle sue opere, o se lo fosse invece ciò che narravano. Bene, quel fottutissimo ragazzo riesce a confondermi anche da morto!
"Caro diario,
sta mattina, mentre m'imbattevo per il quartiere più malfamato della città, mi passò davanti una bambina dagli occhi azzurri e fin troppo grandi per la sua età e potrei giurare d'aver accostato, in un primo momento, l'immagine di questa sconosciuta a quella di mia sorella Hannah.
Sembra banale, ma tutto questo fu sufficiente a farmi riflettere così tanto, da farmi arrivare al punto di marchiare con dell'inchiostro, il quale spero non venga mai letto da nessuno, le pagine bianche di questo vecchio quaderno.
Sono sempre stato fottutissimamente diverso dagli altri, la mia espressione è sempre stata gelida e poco affettuosa.
Non sono mai stato amato, né ho mai amato, ma credo d'aver commesso un'azione molto simile a quella che la gente definisce "amare" in un tempo indeterminato.
Quando mia sorella nacque, io avevo soltanto 6 anni e quando la vidi per la prima volta ebbi come una sorta di sensazione che adottando una strana voce ripeteva costantenente "tu la proteggerai". Probabilmente avrei voluto ascoltare quella voce, ma, in fin dei conti, non mi reputai buono a sufficienza da poter fare ció, eccetto una volta, nella quale la salvai da colui che sarebbe stato definito da noi "padre".
Hannah rimase nella stessa posizione per circa 20 minuti, al termine dei quali mi guardó con le lacrime agli occhi per poi chiedermi di uccidere anche lei. Io rimasi pietrificato, e non soltanto a causa di ciò che quella bambina di 10 anni mi aveva appena chiesto, e tanto meno per via del fatto che avessi ucciso mio padre, ma perché mi piacque da morire.
Lei tremava, io guardavo il cadavere di mio padre con un ghigno. A causa di ciò che la vita le preservó, divenne anaffettiva ed io ho sempre odiato essere di troppo, per cui... la lasciai lì, a giacere sul pavimento freddo e uscì di casa con l'intenzione di non tornare mai più.
Ma così non fu, dovetti ritornare da lei, poichè qualche mese dopo fummo obbligati a trasferirci in una sorta di orfanotrofio.
Ricordo ancora quando la vidi dopo mesi trascorsi lontana da me, i quali sembravano essere anni. Lei mi guardava con quegli occhi fin troppo innocenti e grandi. Nel corso della mia giovane vita ho ucciso molta gente, ma non sono mai riuscito a sentirmi in colpa come in quel giorno. Il singolo pensiero che l'avessi lasciata sola, in balia della sua debolezza mi trafiggeva da dentro e col tempo imparai a vivere con queste lame, dette anche "emozioni contrastanti".
Avrei potuto rimediare, ma decisi di non farlo, infatti me ne andai via il giorno del mio diciottesimo compleanno, abbandonando per l'ennesima volta quella ragazza così brillante e per certi versi innocente.
Ho amato mia sorella in silenzio, non volevo che si cullasse a causa del fatto che ci fosse qualcuno a salvarla: ho sempre voluto che si salvasse da sola semplicemente perché ho sempre voluto che fosse forte e credo proprio che adesso lo sia diventata.
Qualche voce narra adesso di una ragazza che gira con il cappuccio, che si sente incompresa e che forse è troppo chiusa per essere letta, ma io ho la certezza che arriverà qualcuno che riuscirà a leggere da fuori e, uccideró con le mie stesse mani quel "qualcuno" se mai dovesse approfittare del fatto che sia riuscito a leggere. Continuerò a custodire il ricordo di una bambina dagli occhi fin troppo grandi per quell'età, diventata ormai la donna con la corazza più dura al mondo." ~Derek Manson.Questa situazione è fin troppo assurda, nutro come il desiderio di perdere la mia curiosità e confermare il mio trasferimento alle Hawaii, ma purtroppo qualcosa da dentro urla che voglio sapere di più.
E mi trovo qui, ad una scrivania, in bilico tra l'eliminazione del passato e la conquista di un ipotetico futuro.
Il mio cellulare squilla e appaiono sullo schermo di esso due parole fin troppo temute da me: "Numero sconosciuto".
Mi affretto a rispondere e la voce di una ragazza mi stupisce.
-"Lara" un brivido corre lungo la mia schiena, nessuno mi chiamava così da fin troppo tempo. "So chi sei e so che potrei denunciarti a causa della violazione di proprietà, ma sta sera ho voglia di divertirmi, vediamoci al quartiere francese tra un'ora, nel punto in cui ci siamo incontrate per la prima volta."
-"Chi sei?" Chiedo io.
-"Oh, Lara, sai benissimo chi sono." Beh, in effetti... la domanda era un po' stupida e il fatto che quella voce femminile appartenga ad Hannah sembra palese.
Prima che io potessi ribattere, lei chiude la telefonata ed io rimango perplessa.
Dovrò seriamente affrontare tutto ciò? Possiedo in maniera sufficiente la forza mentale per affrontarlo?
Decido di uscire da casa mia e dei brividi di freddo si fanno sentire lungo la mia schiena. Salgo sulla mia auto, ho bisogno di sapere.
Arrivo qualche minuto dopo, c'è molto buio, guardo l'orologio e sono già le 21:00.
Scendo dall'auto e mi stringo nel cappotto.
Non è ancora arrivato nessuno.