3 giorni dopo
Esco da casa mia con una lunga serie di valigie, e sorrido al pensare che all'interno si cela il "necessario" per una setttimana.
Mi dirigo verso l'auto di Hannah.
-"Non è che potresti evitare di mandarmi messaggi impostando il numero sconosciuto e chimarmi direttamente col tuo numero?" Chiedo io non appena abbassa il finestrino dall'interno dell'auto.
-"Che c'è? Le parole "numero" e "sconosciuto" fanno riaffiorare brutti ricordi?" Risponde lei con una domanda retorica al quanto fastidiosa, così io alzo lo sguardo al cielo, e rivolgo il pensiero a quello che affronteró da sette giorni a questa parte.
Mi allontano e carico sulla mia auto le mie valigie. Partiamo al suo cenno.
La strada è molto lunga, e io non mi reputo psicologamente pronta.2 giorni dopo.
L'aria di Port Angeles non mi è affatto mancata e il solo pensiero che a qualche kilometro da qui si trova la mia vecchia città, rabbrividisco.
Immagino che Kesha sia riuscita a diplomarsi e a superare tutto quanto, ma credo che ce l'abbia fatta insieme ad Even. Credo che loro abbiano il diritto di stare bene, e dopo tutto ciò che è accaduto, spero sia così.
Adesso mi muovo per questa strana via con Hannah, sono stata qui molte volte con la stessa Kesha, ricordo che correvamo per questo quartiere poco benestante col rischio di esser importunate, ma per noi non era importante, l'unica cosa ad esserlo era la nostra spensieratezza. E correvamo, senza pensare a nulla, dopo aver rubato erba a qualche spacciatore nuovo nel giro, o magari dopo essere state scoperte dalla polizia, noi correvamo e non riesco a negare che tutto ciò mi manca tantissimo.
La nostra meta è l'orfanotrofio nel quale avrei vissuto io per qualche mese, lo stesso in cui hanno vissuto Hannah e Derek a mia insaputa.
Questa situazione è assurda, ma la mia curiosità è troppo grande per limitarsi ad un semplice "sei stata adottata", voglio saperne di più.
-"Eccoci." Dice Hannah, riportandomi alla realtà non appena ci soffermiamo di fronte ad un edificio anteceduto da un giardino, circondato da un recinto terminante con un cancello.
-"Dove si trova il pulsante del campanello?" Rispondo io, scrutando attentamente il cancello in attesa di un suggerimento.
Hannah incomincia a ridere.
-"Cos'ho detto di così buffo?" Riprendo io.
-"Non entreremo legalmente." Dice lei, dopo aver smesso di ridere.
Ah già, dimenticavo, non è scientificamente possibile commettere azioni legali trovandosi in compagnia di un componente della famiglia Manson.
-"Vorresti dire che scavalcheremo?" Guardo il recinto, è al quanto alto.
-"Giá, Lara, scavalcheremo." Dice lei esausta.
Alzo gli occhi verso al cielo.
-"Chiederti il perché sarebbe troppo?"
-"Perché, mia cara Lara, le suore che gestiscono questo posto sono delle stronze sociopatiche con l'odio verso i giovani. Per questo motivo sono scappata all'età di 16 anni da qui. Ma comunque, un qualcosa di oscuro ci vieta di conoscere l'identità dei tuoi genitori, l'ho capito circa due anni fa, quando, in queste stesse condizioni, mi sono avventurata nel tuo passato. Pensavo che avrei potuto trovarti nella tua famiglia biologica, ma mi arresi non appena notai l'impossibilità della situazione."
-"Ah..." mi limito a pronunciare tra i mille pensieri mentre osservo l'edificio.
Non appena riporgo lo sguardo su di lei, noto che è già arrivata su di una parte alta del recinto, il suo zainetto in spalla invece, ondeggia sulle sbarre.
-"Allora, resterai lì tutto il tempo?" Mi chiede lei non appena salta verso l'interno della proprietà mentre struscia le mani tra di loro, come per pulirle dalla polvere.
Io guardo il recinto, lo reputo troppo alto per me, lei è agile... io no...
-"Mh..." mormoro io.
Tra qualche rischio di morte di troppo e qualche sorriso di Hannah, riesco ad entrare in quel posto inquietante e fortunatamente, ad uscire illesa da un'azione che sapevo già in precedenza si sarebbe rivelata bizzarra e dolorosa.
Chiudo gli occhi e mi ripeto che andrà tutto bene.
Hannah mi guida verso i posti privi di telecamere di sorveglianza, fino a quando non entriamo dal grande portico posteriore, con la speranza di non essere scoperte, o quanto meno di non destare sospetto.
Ci imbattiamo verso una rampa di scale, Hannah mi fa strada e noto soltanto adesso il suo outfit, il quale potrebbe essere riassunto nell'espressione "da maschiaccio", ma probabilmente non riuscirebbe a rendere l'idea.
Camminiamo sulle punte, con passo felpato, i luoghi intorno a me, ricordano una sorta di periodo ottocentesco, con quadri molto grandi e librerie enormi, ipotizzerei che i bambini dell'orfanotrofio non frequentino questa parte dell'edificio.
Al termine della grande rampa di scale, ci ritroviamo di fronte ad una porta molto alta e marrone.
Hannah toglie una forcina dai suoi capelli, per poi metterla nella fessura, con la speranza che la porta sia apra, ma le mie speranze muoiono non appena mi accorgo che Hannah ha fallito nel suo intento.
-"No, non ho fatto tutti questi kilometri soltanto per arrivare davanti a questa porta e restarne delusa." Sussurra lei facendosi sentire da me.
-"Mi raccomando: coprimi le spalle." Dice Hannah, mentre tira fuori da un cassetto che si trova vicino alla porta, un cofanetto, contente a sua volta una chiave.
Io annuisco.
-"La furbizia non è mai stata una loro caratteristica." Riprende la ragazza di fronte a me. Mette la chiave nella fessura, e stringendo gli occhi in segno di speranza, gira la chiave e non appena la porta si apre fa un enorme sorriso.
Hannah entra nella stanza da poco aperta, mentre io resto fuori svolgendo il compito di "guardia" ma ho come l'impressione di essere osservata, e non so spiegarmi il perché: sembra non esserci nessuno.
Hannah scorre tra una grande liberia piena di documenti suppongo, ogni cartella ha un nome ed esse sono predisposte in ordine alfabetico.
Mi affaccio dalla ringhiera, e noto una figura di piccole dimensioni, riesco a captare la presenza di una capigliatura rossa e ondulata, e il colore della pelle chiarissima.
Noto che si tratta di una bambina dotata di una strana bellezza non appena ella alza lo sguardo, incrociando il mio.
I suoi occhi sono strani: uno di essi è azzurro, l'altro verde.
La bambina mi scruta ed io faccio lo stesso, sento Hannah accanto a me, anche lei la sta guardando.
-"Chi è lei?" Chiede Hannah sotto lo sguardo della bambina.
Scendiamo le scale che ci dividono dalla bambina inquietante, e solo quando ci troviamo al termine di esse, mi accorgo che Hannah tiene una carpetta in mano.
-"Ciao, piccola." Hannah sorride alla bambina, ma quest'ultima resta a guardarla. I suoi occhi così diversi spiccano nella sua pelle chiarissima. Ella indossa un vestitino grigio con un fiocco sulla schiena che si adatta facilmente al suo corpo minuto.
-"Em... ti va di essere la mia amica? Le amiche mantengono i segreti, e quel che ti chiedo io adesso è di non dire a nessuno che sono stata qui." Riprende Hannah.
-"Tu non sei una mia amica." Risponde ad un tratto la bambina, e suppongo che nemmeno Hannah s'aspettava una risposta del genere.
-"Perché dici così?" Chiede la ragazza accanto a me.
-"Perché l'amicizia non nasce soltanto per del bisogno, dal nulla per poi finire nel nulla." Risponde la bambina, il suo aspetto fa pensare ad un'età compresa tra i 6 e gli 8 anni, ma il suo comportamento e ciò che dice ricordano un numero decisamente più grande.
-"E perché lo credi? La vera amicizia nasce dal nulla, e non finisce." Risponde Hannah.
-"Ma tu varcherai la soglia di quella porta." Indica il portico. "Andrai via, portando con te le motivazioni per le quali sei venuta, e pregherai il cielo affinché io non vada dalla superiore a raccontare ciò che ho visto."
Ad ogni parola detta da questa bambina mi accorgo che essa sia fin troppo intelligente e molto bella.
-"Qual é il tuo nome?" Chiede Hannah.
-"Emylret." Risponde la bambina.
-"Emylret, io sono Hannah, lei è Audrey, e ti assicuro che adesso abbiamo una motivazione per tornare."
-"Eh?" Chiedo io.
Hannah mi da una gomitata, come per ordinarmi di tacere.
-"Vuoi sapere qual è?" Chiede Hannah.
Emylret annuisce.
-"Sei tu." Hannah sorride, qualcosa mi fa pensare che anche Emylret vorrebbe farlo, ma ella sembra trattenersi.
-"Hai la mia parola." Riprende Hannah. "Io mantengo sempre la parola data."
Tra Emylret ed Hannah ci sono una lunga serie di sguardi, fino al momento in cui la bambina si allontana per andare a cercare un libro.
Io e Hannah andiamo via dell'edificio, e lei sembra essersi fatta fin troppo seria.
-"Tornerai davvero?" Chiedo io, dopo aver scavalcato il cancello in modo al quanto grezzo.
-"Mi sembra ovvio." Risponde Hannah, come sempre, senza mai scomporsi.