l'infelicità

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E lasciato solo a dormire in una stanza dalle imposte chiuse, le spesse sbarre di sole dipinte sul pavimento, era percorso da una solitudine e una malinconia insondabili. Vedeva la sua vita, lontana, in fondo alla solenne prospettiva di un sentiero alberato nella foresta, e capiva che sarebbe sempre stato un uomo triste: costretta nel piccolo volume del suo cranio, prigioniera di quel cuore pulsante e segretissimo, la sua vita avrebbe sempre percorso sentieri solitari. Perduto. Capì che gli uomini erano irrimediabilmente estranei l'uno all'altro, che non si arriva mai a conoscere davvero nessuno, che imprigionati nel buio ventre di nostra madre veniamo alla luce senza averne visto il volto, che siamo consegnati stranieri alle sue braccia, e che presi in quella insolubile prigione dell'essere, non possiamo fuggire, indipendentemente dalle braccia che ci stringono, dalla bocca che ci bacia, dal cuore che ci riscalda.
Era passato da un mistero all'altro: da qualche parte, dentro e fuori dalla sua coscienza, aveva udito un lontano scampanio, come provenisse da sotto il mare, e nell'ascoltarlo il fantasma di un ricordo gli aveva attraversato la mente; per un attimo sentì di aver quasi ritrovato tutto quel che aveva perduto. Poi quell'attimo si dissipò come fumo; e lui seppe che non avrebbe mai più potuto ritrovare quella strada.
Si guardava spesso nelle pozze d'acqua, riflesso nel colore autunnale delle piogge, vendendo lo sporco che l'infelicità gli aveva lasciato in viso; rifiutava con l'anima che fosse davvero così e tante volte tentò di scappare da questo mondo. Si rifugiò nella sua immaginazione, sognando.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 20, 2019 ⏰

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