Capitolo 3

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Secondo il regolamento, bisognava spegnere le luci alle 22, con tolleranza fino alle 22:30. Io e i miei compagni, escluso Cupcake, chiacchierammo fino a quell'ora, dopo di ché loro crollarono, stravolti dalla giornata appena passata.

Io non riuscii a chiudere occhio. Fissavo le assi del letto sopra al mio, dove un ragazzino strano e taciturno era preda di chissà quale sogno, e non riuscivo ad acquietare la mia mente. Ero piena di pensieri che vagavano da quella stanza, alle prove che mi aspettavano, all'ufficiale scorbutico, a mio padre. Forse, se avessi pianto e sfogato le emozioni che in quel momento mi provocavano insonnia, mi sarei sentita meglio. Ma non volevo: dovevo rimanere forte per passare quel periodo senza impazzire. Lasciarmi andare alla frustrazione non era mai stato nelle mie corde, men che meno in una situazione difficile come quella.

Mi ritrovai a pensare a cosa avessero potuto fare i miei compagni per essere finiti là. Avevo avuto un'idea un po' distorta di riformatorio fino a quel momento: pensavo fosse popolato da anime dannate, ragazzi in preda a chissà quale squilibrio, reduci da esperienze indelebili. E invece no. Insomma, per quanto mi costringevo a non giudicare nessuno dalla prima impressione, non riuscivo a immaginarmi nessuno di loro nell'atto di compiere gravi azioni. L'unico che avrei visto bene in quei panni era proprio l'ufficiale Shawn Mendes, che invece era in tutto e per tutto dedito alla legge.

Mi alzai dal letto e cercai di scacciare quei pensieri dalla mente scuotendo la testa. Mi avvicinai alla porta d'ingresso e, dopo aver sbirciato che non ci fosse nessuno fuori se non una guardia lontana, scivolai all'esterno, per poi sedermi con la schiena contro la parete. Avevo bisogno di aria fresca e ignorai il freddo, rilassandomi. Sarebbe stata una lunga nottata.

Non so per quanto rimasi seduta lì a guardare il cielo, ma quando persi la sensibilità alle dita dei piedi decisi che era il momento di rientrare. Tornai a sdraiarmi a letto, dove trascorsi le ultime ore a girarmi e rigirarmi tra le coperte.

Quando la sirena che fungeva da sveglia iniziò a suonare, alle 7 in punto, e i miei compagni aprirono gli occhi, io mi ero già lavata e vestita.

Cupcake fu il primo a muoversi, correndo subito in bagno. Dopo di lui, Penny si trascinò verso il suo armadio, farfugliando qualcosa a Celeste. I due gemelli rimasero nei loro rispettivi letti finché non mancarono cinque minuti alla colazione: solo in quel momento scesero, infilarono la divisa e si sciacquarono il viso al volo. Nessuno sembrò notare che ero già sveglia da un pezzo e pronta per uscire, ma, quasi a leggermi nel pensiero, i miei dubbi furono presto sfatati. Penny mi sorrise, mentre apriva la porta e mi faceva segno di seguirla fuori, e sbadigliò: -Abbiamo passato tutti le prime notti senza dormire. Celeste è arrivata a una settimana, poi ha ceduto. Vedrai che ti abituerai.-

Mi chiesi a cosa avrei dovuto abituarmi, ma forse la risposta era ovvia. A tutto.

Ci incamminammo tutti insieme verso il capannone che avevo intravisto il giorno prima e che si rivelò essere la mensa. Copiai ciò che facevano gli altri, seguendoli passo dopo passo, e mi sedetti accanto a Louis, alla fine del tavolo assegnatoci. Alla mia destra, a capotavola, c'era un posto vuoto.

-Chi si siede qui?- Domandai.

Penny, di fronte a me, si strinse nelle spalle. -In teoria Shawn, in pratica lui mangia in caserma con gli altri ufficiali, quindi il posto serve solo in rare occasioni.-

Annuii e diedi fondo alla mia colazione, che consisteva in una tazza di caffè, un frutto e delle fette di pane. Non avevo avuto molta scelta, considerando che se no avrei dovuto mangiare del pudding, unico piatto caldo presente, ma davvero disgustoso.

-Come fate a mangiare quella roba.- Borbottai, guardando Celeste.

Lei arricciò il naso, incarnando lo stereotipo della tipica francese snob (che forse tanto stereotipo non era). -In effetti fa schifo. Ma ci ho fatto l'abitudine e ho bisogno che qualcosa mi scaldi.-

ATTENTION | S.M.Where stories live. Discover now