Ciao ragazzi!
Ho iniziato a scrivere questa storia a 11 anni . Adesso che sono entrato nella comunità di Wattpad ho 13 anni ed ho ripreso a scriverla. Se vi piace, oltre a lasciarmi un like(stellina), scrivetemi un commento. Scorrete la pagina sotto e potete leggere gli altri capitoliErano le undici del mattino ad Oslo, quando una macchiolina rossa sfrecciava nelle strade deserte, unico contrasto di colore nel grigio triste e dominante.
Era una piccola automobile tedesca e al suo interno si trovavano quattro fratelli, in ordine dal più grande al più piccolo: Annabeth, di diciassette anni, Peter, che ne aveva tredici, Lucas, che ne aveva sei e infine George, che ne aveva solo cinque. Alla guida c'era invece il legale Bertold Brown, originario della California ma ora nomade per tutta l'Europa e senza una meta precisa. Era da un anno intero che si occupava del caso dei fratelli Molter.
I ragazzi erano orfani di genitori morti a causa della guerra, il padre era Leonard Molter, un rispettabile uomo tedesco sottomesso a qualsiasi governo comandasse la sua nazione e la madre era Laura Bertini di origine italiana, che aveva incontrato Leonard in viaggio, poi con lo scoppio della guerra era rimasta intrappolata per motivi burocratici entro i confini tedeschi, probabilmente per lo sua ferrea opposizione al Duce.
La loro morte era rimasta avvolta nel mistero, o meglio erano stati travolti dall'ombra della guerra e come la maggior parte delle persone la oro morte non era importata alle grandi potenze, rimanendo quindi un caso irrisolto e senza un motivo per il quale essere risolto.
Bertold Brown aveva sempre avuto un debole per gli orfani, dato che lui stesso lo era stato anni prima, ma adesso si era stancato di portare da un luogo all'altro i ragazzi e aveva trovato un posto in cui lasciarli, il Charles Moon Institute, un rifugio recentemente aperto nel centro della capitale norvegese per gli orfani della guerra.
- Allora, come vi sentite ragazzi? -chiese cercando di mantenere un tono allegro, voltandosi un momento verso il sedile posteriore per poi ritornare con lo sguardo sulla strada. I folti baffetti neri di due centimetri che gli coprivano parte del labbro superiore sembrarono piegarsi verso il basso, come l'espressione che si era dipinta sul suo volto di forma paffuta. Il suo corpo aveva una forma rotonda, ornata con una giacca e una camicia troppo strette, che sembrava potessero veder saltare via tutti i propri bottoni da un momento all'altro, il cranio aveva una pettinatura piuttosto alternativa, con una piega deformata volta verso destra, ma il tutto era sovrastato da una corta bombetta nera. Nessun rispose.
- Avanti ragazzi, sapevate che non potevate rimanere con me per sempre, dopotutto non potete sapere come sarà il Charles Moon.
- Come dovrebbe essere se non il solito orfanotrofio?- rispose Annabeth rappresentando tutti i fratelli.
- Allora dimmi, come dovrebbe essere il "solito" orfanotrofio?
- Un posto orribile, dove ti danno da mangiare fino a quando non sei abbastanza forte da essere mandato a lavorare nelle fabbriche, per poi morire giovane magari stritolato da qualche macchina o per i gas nocivi, o magari se ci mandano in miniera ci sono altri modi ancora per morire.
La ragazza stava per continuare, ma la smise vedendo la paura negli occhi dei suoi fratelli minori.
Bertold si sentì una stretta al cuore, pensando ai ragazzi che aveva accudito per un intero anno in quelle terribili condizioni che Annabeth aveva elencato, dopotutto lui era di cuore tenero e non aveva ai fatto del male a nessuno, ma decise di rispondere:
- Mia cara, qui non siamo dove tu sei cresciuta, qui non fanno queste cose alle persone, siamo in Norvegia.
- No - rispose lei - gli esseri umani sono tutti uguali, nessuno è buono a questo mondo, proprio nessuno, te lo posso assicurare. Questa è l'unica cosa di cui sono certa della vita che ho vissuto
Il signor Brown era nervoso, non voleva di certo che ragazzi continuassero a vivere la vita triste che solo conoscevano, quando li aveva conosciuti si era ripromesso che avrebbe fatto conoscere loro la felicità per la prima volta, ma ormai si era rassegnato.
Dopo circa mezz'ora arrivarono all'istituto. Bertold fermò l'auto, nessuno si mosse. L'uomo si guardò intorno ed esitò, poi aprì lo sportello ed uscì dall'auto mentre i ragazzi restarono dentro. Quello che videro dopo fu molto confuso: da quello che capirono Bertold si fermò a chiedere informazioni ad una suora che passava davanti alla porta d'ingresso chiusa dell'istituto, poi, dopo aver parlato ritornò con un passo furioso in macchina e sobbalzando ad ogni movimento e mettendo in moto l'auto esclamò:
- Dannazione, è un segno, è un dannato segno.
Poi ritornò sulla strada e probabilmente imboccò una strada a caso continuando ad imprecare e ad agitarsi ancora più di prima.
-Cos'è successo? - chiese Annabeth
Bertold prese fiato, chiuse gli occhi per rilassarsi e dopo qualche secondo nel quale la ragazza continuò ad insistere, si decise a rispondere:
- L'orfanotrofio è pieno. Quello stramaledetto posto è pieno,è un segno.
La ragazza non poté non trattenere un sorriso, seguita dai suoi fratelli.
- Ho deciso - disse solennemente il legale - vi porterò da vostro zio.
- Cosa?! - esclamarono contemporaneamente Peter e Annabet.
- Sì, avete uno zio ad Oxford - disse sempre più nervoso Bertold
- E tu non ce lo hai mai detto? Perché non ci hai portati lì da subito? - rispose Peter quasi infuriato.
- Ascoltatemi ragazzi, io sono un semplicissimo legale che ha deciso di aiutarvi senza alcuna paga, solo per bontá d'animo. Ma nonostante io abbia fatto il possibile per voi... ma spendere una fortuna per un viaggio fino alla Gran Bretagna non è mai rientrato nelle mie mansioni.
Per un momento i ragazzi rimasero a guardarlo esterrefatti, quasi convinti dal suo discorso, poi Peter disse lentamente:
- Di chi era fratello?
- Di vostro padre - disse ora più calmo e provando pietà per i ragazzi - il suo nome è Edward Molter. È amche lui di origine tedesca, ma si è trasferito ad Oxford appena ventenne.
- E ora ci porti lì? - domandò Lucas timoroso.
- Sì, presto tutto questo sarà finito. Vivrete in una bellissima villa con un grandissimo giardino ed enormi sculture che lo abbelliscono, ognuno di voi avrà una stanza propria e lo zio è una persona molto affabile, da quello che mi è stato raccontato, vivrete una bellissima vita. Io... magari resterò lì nella nazione e con qualche lavoretto racimolerò abbstanza soldi da poter ritornare qui.
- Sei sicuro di volerlo fare? Insomma, spenderai tutti i tuoi soldi. - disse Annabeth
- Per questo fino ad ora non lo ho fatto, ma non posso vivere con il rimorso di avervi lasciati in qualche luogo squallido qui nel continente mentre lì c'è qualcuno che vi aspetta e che renderebbe magnifica la vostra vita. È un uomo molto ricco e voi sarete felici con lui. Se non lo facessi il rimorso mi rovinerebbe la vita per il resto dei miei giorni.
- Lui sa che esistiamo? - chiese con una flebile voce Lucas.
- Molto probabilemente vi crede morti con i vostri genitori. Allora, la prima nave che salperà per l'Inghilterra dovrebbe essere tra tre giorni, ma è di un privato, ultimamente lasciare l'europa continentale non è mai una cosa... che passa inosservata, anche solo per andare in Gran Bretagna.
- E questo come fai a saperlo? - chiese Annabeth
- Mi informo ogni giorno - disse dopo una breve esitazione.
- Signor Brown, lei è la persona migliore che io conosca - disse la ragzza con uno smagliante sorriso.
Tre giorni dopo arrivarono in anticipo al porto e salparono in orario per l'Inghilterra. Per fortuna la nave era governata da un bravo e gentile equipaggio.
Approdarono al porto di una cittadina sulla costa ovest inglese, per non dare nell'occhio, poi presero diverse coincidenze da una città all'altra. Poi arrivarono ad Oxford.
La loro meta era nel pieno centro della città, in una piazza di fronte ad una statua marmorea e dalla forma irregolare.
Se non fosse stato per le indicazioni non la avrebbero neppure notata. Il suo grande cancello di ferro largo circa cinque metri si confondeva perfettamente con l'urbano della città, ma una volta che ci si trovava di fronte non si poteva non notare il gigantesco giardino che provava a nascondere. Dopo quest'ultimo un garndissimo edificio rustico fatto di mattoni rossastri e un tetto spigoloso e bluastro che faceva sembrare l'edificio una forma moderna di castello, con i numerosi comignoli che spuntavano da zone diverse del tetto. Poi una voce squillante e con l'accento tedesco malamente mascherato, seguita dal cigolio del cancello che si apriva esclamò:
- Ragazza, hai la stessa identica faccia di tuo padre.
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PETER MOLTER - L'ACCHIAPPASOGNI DEI MALI
Fantasy1944. Peter Molter è un ragazzo di 13 anni che, sfuggito dagli orrori nazisti della 2^ Guerra Mondiale, trova rifugio insieme ai suoi tre fratelli nella villa di Oxford dello zio Edward Molter, che li ospita e li tratta come figli propri, nonostante...