Avete presente il vuoto che si fa spazio dentro di voi mano a mano che vi accorgete che un capitolo della vostra vita sta finendo? Se vi sentite in questo modo probabilmente è perché la parte che si sta per concludere vi ha lasciato molti segni, insegnamenti, messaggi, o comunque vogliate chiamarli voi, belli o brutti non importa: ci sono stati.
A me è capitato che mi passasse la fame (poi mi è subito tornata, non vi preoccupate) a causa di un'infatuazione irruenta a volte, ma maggiormente è stato per le morti di amici, preti, suore, roba brutta, di cui nessuno vuole mai parlare con una ragazza di vent'anni appena compiuti. Una persona è stata uccisa, gli altri sono morti tutti di cancro, chi ai polmoni, chi al cervello... eppure la gente si ostina a chiamarlo "male brutto". Non si sa perché le persone dicono di amare la sincerità, e poi utilizzano questi futili giri di parole che, a mio modesto parere, illudono che il fatto sia meno brutto. Forse sembra che allevino il dolore ma alla fine la mancanza di una persona morta per un "male brutto" o di una morta di cancro, si sente allo stesso, infinitamente doloroso, modo.
Sono figlia di due persone, non so quanti anni avevano, come si chiamavano e che lavoro facevano quando mi hanno lasciato davanti la porta della canonica nel lontano 2001. Sapevo già parlare e camminare ma non avevo dei veri ricordi, don Giacomo, laureato in psicologia, dice che non ricordo niente perché il mio cervello all'epoca si è rifiutato di accettare l'abbandono, dice anche che è una perdita di memoria quasi volontaria, che sarebbe dovuta servire per alleviare il dolore di essere sola al mondo. I miei amici preti e le mie amiche suore nemmeno ci hanno provato a nascondermi di essere stata abbandonata, ora che sono grande lo apprezzo molto ma, quando avevo quattro anni, mi risultava un po' difficile sentirne parlare con leggerezza, come fosse la cosa più normale al mondo quando, per me, non era così.
Per anni i preti mi hanno detto che ero un dono di Dio per combattere i miei desideri, per niente cristiani, di morire. Voi rimarrete scioccati dal fatto che una bimba vuole suicidarsi, la vita dei bambini dovrebbe essere tutta rose e fiori, senza problemi ma, vi assicuro, non è affatto così nel mio caso. Credo che ci sia un passaggio da affrontare nella vita per diventare grandi, non sto parlando dello sviluppo delle bambine, sto parlando di cose ben più profonde a livello emotivo, sto parlando di un piccolo interruttore che scatta quando si prende coscienza del male che tutti i giorni subiamo anche indirettamente, delle cose che ci mancano e che, forse, non avremo mai. Quando ci accorgiamo che la vita non è poi tanto bella come vogliono farci credere, questo interruttore fa 'TIC'. Io il mio l' ho sentito mentre scattava, forse è stato lo sparo ad attivarlo, o forse la vista del sangue che usciva dalla nuca di suor Paola e si spargeva sul pavimento dell'ingresso, o forse la paura di essere la prossima a finire come la suora, non so ben dirlo, fatto sta che quel maggio del 2011, a soli quattordici anni, sono diventata grande.
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Sono una storia senza titolo
RandomHo scelto questo titolo perché la storia racconta di una ragazza che non sa niente delle sue origini e quindi mi sembrava appropriato dire che questa ragazza non ha un vero titolo di inizio, proprio come la storia.