-Che c'è? Ti faccio pena?- Mi chiese la ragazza quando mi sedetti vicino a lei -Si, un pochino, ma più che altro sono curiosa di sapere perché fai l'asociale quando quelle adorabili gallinelle delle tue amiche sono sedute proprio in quel tavolino al centro delle piazza.- -Non sono il tipo di persone che amo frequentare diciamo.- -E che persone ti piace frequentare allora?- -Direi che tu potresti anche andare, ragazzina- -Mi hai chiamato ragazzina... si, direi proprio che potremmo diventare conoscenti.- -Bene. Piacere di conoscerti, mi chiamo Jessica.- -Devo ammettere che ti sta bene il nome, Jessica. Io sono Melania.- -Grazie, lo so, Melania.- . Ad un certo punto arrivò un signore sulla quarantina, con gli stessi occhi di Jessica. Il suo viso era duro e spigoloso, lo sguardo serio e le labbra carnose non accennavano nemmeno a curvarsi per dar vita ad un sorriso. Era un bell'uomo e sembrava proprio il classico uomo ricco ma infelice e rigidissimo che fa la bella vita, uno di quelli da cui si dovrebbe stare lontani. Disse a Jessica, con voce impassibile e severa, che era ora di andare via e lei, senza fiatare, obbedì. Prima di scomparire tra la folla però mi tirò un sassolino con allegato un foglietto. Aprii il pezzettino di carta incuriosita e lessi: -Ci vediamo domani sera alle 21:00, stesso tavolo. Ti aspetto Mel.-
Mi svegliai verso le 10:00, ero assonnata, tanto assonnata. Alla fine la sera ero rimasta a bere coca-cola su quel tavolino e a pensare a Jessica fino a mezzanotte, chissà perché era triste... La mattina tornai in paese con suor Paola per fare la spesa. Quel giorno ero particolarmente simile alle altre ragazze: ridevo, scherzavo, facevo dispetti e domande e, capirete bene, che un cambiamento del genere, in una come me, si nota subito. Per la mia suora fu una gioia vedermi così viva quindi mi chiese cosa fosse successo per generare un simile cambiamento in me. -Suor Paola, in questi anni ho sempre pensato di non avere amiche perché ero strana e ho sempre temuto di rimanere sola un giorno... ma ieri, ieri ho conosciuto una ragazza come me! Ecco suora, avevo solo bisogno di un'amica!-. Le scese una lacrima, poi due, poi mi abbracciò, poi mi lascio, poi facemmo la spesa, poi tornammo a casa e poi, prima che me ne rendessi conto avevo già le scarpe ai piedi e stavo correndo verso la piazza del paese, in ritardo come sempre. Quelle dannate scarpe mi facevano male ma erano bellissime e quindi, contro tutti i miei principi, le avevo messe lo stesso. Nonostante il dolore ai piedi però ero felice: immaginavo Jessica, seduta impaziente, che mi avrebbe salutato commentando il mio ritardo con una delle sue battutine, e poi la immaginavo a raccontarmi la sua storia, sarebbe stato come leggere un libro che ancora non era stato pubblicato, mi rendeva tutto così... così GIOVANE.
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Sono una storia senza titolo
RandomHo scelto questo titolo perché la storia racconta di una ragazza che non sa niente delle sue origini e quindi mi sembrava appropriato dire che questa ragazza non ha un vero titolo di inizio, proprio come la storia.