Capitolo 3

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Dite la verità, vi ho sorpreso o no con il finale dell'ultimo capitolo? Se lo ho fatto, bene, era quello il mio intento, se non lo ho fatto... benvenuti nel club degli apatici e finti indifferenti.

Le mie vacanze di Natale e Pasqua (quelle di Pasqua in particolare) erano per la maggior parte del tempo monotone: le passavo nella casa di campagna di don Franco, scrivendo, andando a fare la spesa con don Giacomo e preparando la cena con suor Paola (almeno finché era viva). Mi annoiavo terribilmente e quell'anno sarebbe stato ancora peggio siccome avevo otto anni, avevo quasi finito il primo liceo e i professori avevano deciso di farci il dono di una settimana di vacanze senza il minimo accenno di un libro da leggere o altri compiti: un paradiso per tutti, eccetto per la povera orfanella sola, di nome Melania.

-Melania! Melania, per amor di Dio alzati o don Giacomo morirà di crepacuore: sai quanto odia guidare con il sole!- urlò suor Paola con la sua voce profonda mentre si sistemava i ciuffi biondi sotto al velo nero e spalancava con la grazia di due elefanti la porta della mia stanzetta facendo entrare tutto d'un botto la luce del corrdoio illuminato da una vecchia lampadina appesa al soffitto senza l'ausilio di un lampadario. Era il 5 aprile del 2011, piene vacanze di Pasqua, ed era anche il giorno in cui saremo partiti per raggiungere i miei cari amici animaletti, nella mia cara casa di campagna... ah, dimenticavo di accennare al fatto che tutto questo sarebbe avvenuto niente di meno che alle 3.30 del mattino poiché la casa distava due ore di macchina e il nostro caro don Giacomo, unico patentato, odiava guidare alla luce del sole. Mi alzai, mi vestii, presi i bagagli, mi misi nel pulmino giallo della parrocchia e, come di consuetudine, mi riaddormentai fino a meta raggiunta.

Una volta arrivati cademmo in quel circolo vizioso precedentemente descritto: disfai i bagagli e poi accompagnai suor Paola a fare la spesa.

-Mel hai portato la lista delle cose da comprare?- -Ti ho ripetuto di si mille volte...- -Hai ragione, ultimamente con la testa non ci sto tanto, menomale che ci sei tu. Perché stasera non vai in paese e cerchi di fare amicizia con qualche ragazza della tua età? Mi dispiace che tu non abbia molte amiche.- -No suor Paola, non mi piacciono quelle ragazze, mi prendono in giro e poi fanno cose stupide.- -Oh, santo cielo, ma come devo fare io con te?- Erano anni che cercava di convincermi a fare amicizia ma nessuno faceva per me, me lo sentivo. Per il resto del tempo rimanemmo in silenzio, l'avevo davvero scoraggiata e mi sentivo un po' in colpa, magari per una sera avrei potuto anche accontentarla.

Così feci, quella sera mi recai in paese: tutto era come avevo immaginato, cioè noioso. Si sentiva quel clima di falsa felicità che nelle feste è aria quotidiana, sapete di cosa parlo immagino. C'erano bancarelle ovunque di cibarie, gioiellini, giocattoli tradizionali e oggettini fatti a mano che provocavano tanti "O mio Dio ma quanto sono adorabili queste calzine!" da parte di donne incinte e vechiette. Qua e là c'erano bambini che rubacchiavano chi una caramella, chi un braccialetto e chi una nocciolina e poi, sedute al bar in piazza, c'erano quelle che sarebbero dovute essere mie amiche. Per un periodo lo erano anche state ma poi avevo capito di non aver nulla in comune con loro e mi ero ritirata a fare l'eremita nella casa di don Franco. Ricordai la speranza di suor Paola e mi decisi ad avviarmi verso quel gruppetto, ci stavo davvero andando, ma ad un tratto notai, seduta nel tavolino più remoto della piazza, una ragazza che doveva avere più o meno la mia età, "spenta". Era vestita di tutto punto, i capelli castano scuro cadevano morbidi sulle sue spalle e arrivavano quasi al punto vita, stretto da una gonna bianca fino a sopra le ginocchia. Aveva degli occhi azzurro cielo, richiamati dalla camicetta di seta dello stesso colore e dai numerosi braccialetti: era tanto bella, quanto triste. Decisi che sarei andata a sedermi accanto a lei ma non avrei parlato, in modo da lasciarle la scelta. Forse decisi questo perché era quello che avevo sempre sperato facessero con me.

Sono una storia senza titoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora