Appena misi piede nel corridoio latteo, il vociare si spense gradualmente, lasciando posto solo a qualche respiro nervoso. Avanzai verso il portone d'uscita a passo cadenzato e fiero, ora che avevo tutto il tempo.
In fila contro la parete alla mia destra, la Gemini Storm attendeva di entrare nell'arena per dare prova del suo valore. Socchiusi gli occhi mentre un ghigno beffardo nasceva sulle mie labbra: ma quale valore esattamente?
Scossi la testa. Cosa speravano di dimostrare, ora che se n'era appena andata la Gaia?Qualche membro della Gemini Storm colse nella mia espressione la velata frecciatina, e ovviamente ciò non piacque. In particolare il vicecapitano, Diam, un ricciolino moro dall'aria poco sveglia, cercò con insistenza di incrociare il mio sguardo, e quando lo degnai con una fredda occhiata delle mie, mi lanciò uno sguardo carico d'odio e di sfida.
Sin da quando lui era ancora Hiromu ed io Reina non era mai corso buon sangue tra noi, come in quei lontani e soleggiati giorni d'infanzia all'orfanotrofio Sun Garden, quando in quel piccolo giardino ci dividevamo in gruppi per giocare a nascondino; era solito a guardarmi con astio e cercare di mettere gli altri contro di me, perchè a sua detta davo sempre ordini a destra e a sinistra. Io di tutta risposta lo facevo sempre contare, impettita.
Ora però era un odio diverso, sì, qualcosa di profondo e maturato, più simile ad un rancore: c'era anche da dire però, che il tutto non era più solo un gioco, ma qualcosa di più serio, che metteva tutti contro tutti.
Figuriamoci ora che lui era stato smistato in una squadruncola di livello C ed io elevata a capitano della Gaia, la crème de la crème dell'Aliea Gakuen.
Doveva essergli pesato sull'orgoglio.Mi riavviai i capelli cerulei con un gesto della mano, e gli sfilai davanti distogliendo la mia attenzione dalla Gemini Storm, ed il vociare riprese. Avevo cose più importanti a cui pensare ora che avrei rivestito una carica di rilievo.
La valutazione era andata proprio come mi aspettavo: perfettamente. Dopo tanta fatica mi concessi finalmente un meritatissimo autoapprezzamento, dato che fino ad ora ero stata assolutamente intransigente con me stessa.
Inspirai a fondo l'aria impregnata dal puzzo di disinfettante che riempiva la via principale, dalla quale si snodavano le varie scale ed ascensori che portavano agli alloggi dei giocatori, e all'aria ricreativa a poche decine di metri da qui.
Mi sarei preparata immediatamente un tè nero bollente.
Immaginavo già di girare per questi medesimi corridoi con la fascia blu stretta al braccio, responsabile del futuro dell'accademia. Gli altri giocatori al mio passaggio avrebbero guardato con ammirazione, così come papà e gli altri.
Io vivevo per questo. Ammirazione anzichè umiliazione.
L'apprezzamento da parte degli altri e l'orgoglio di essere arrivata dov'ero erano gli obbiettivi che mi avevano spinta a toccare per la prima volta il meteorite tra anni fa, gli stessi che mi avevano tenuta in piedi tra sfiancanti sessioni di allenamento e pesanti effetti collaterali.
Qualcuno che non aveva fatto il mio stesso cammino avrebbe potuto obbiettare che questo non era il modo più pulito di ottenere il potere, ma a me non importava: in che altro modo una ragazza orfana, senza niente e sull'ultimo gradino della scala umana, avrebbe potuto affermare di essere qualcuno, se non così? Il mondo là fuori era molto più crudele di questo in cui mi ero rifugiata.Le ante della porta scorrevole davanti alla quale mi fermai si aprirono, e al posto del vetro perlaceo mi trovai davanti due occhi felini e furbi, color ambra liquida. Dannazione, avevo davvero poca voglia di incontrarlo.
Si sistemò il colletto della fiammeggiante divisa della Prominence sul collo, infilandovisi fino alle orecchie, sbuffando sonoramente.
"Fa un freddo qui dentro, Ulvida...ma che caspita, con tutti i milioni che girano in quest'accademia non hanno intenzione di spendere un quattrino nemmeno per una dannata stufa!"
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Inazuma Eleven - Dogville
FanfictionL'Aliea Gakuen: una strana accademia, se così si può chiamare, tagliata fuori dal mondo. Un luogo ignoto di misteri ed intrighi, la cui gran parte non è mai venuta alla luce. Ne conosciamo a grandi linee la storia, ma alla fine cos'è un racconto se...