Capitolo 3 - Legame

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Kyle cercò ancora una volta di infilarsi ai piedi le All Star alte e nere senza slacciarle, e sbuffò mentre constatava che era un'impresa impossibile. In quel momento stava rimpiangendo amaramente di essersele tolte senza sciogliere i lacci la sera prima.

Era appoggiato alla scarpiera situata nell'ingresso della casa che Aron aveva preso in affitto, e il suo umore era decisamente pessimo. Quella mattina era inciampato tre volte mentre cercava di salire le scale, e aveva sbattuto contro il tavolo di legno del salotto provocandosi un gran livido violaceo sul braccio. Abituarsi al suo nuovo campo visivo si stava rivelando un'impresa difficile, e il detective cercava di fare appello a tutte le sue forze per non deprimersi e per continuare a provare a fare da solo più cose possibili.

Aron, dopo aver decantato le meraviglie della villetta a schiera che aveva affittato e dopo avergliene mostrato ogni angolo, lo aveva lasciato ambientare tenendolo sempre d'occhio. L'uomo, però, non era accorso quando Kyle era caduto e nemmeno quando aveva malamente picchiato il braccio contro lo spigolo del tavolo; non voleva essere troppo apprensivo, né voleva far sentire Kyle debole. Semplicemente gli aveva domandato se stava bene e gli aveva portato una buona quantità di ghiaccioli in un sacchetto di plastica da sistemare sul braccio.

Kyle sospirò, esasperato dai lacci che parevano incollati tra di loro, e lasciò la scarpa a terra, mentre alzava lo sguardo verso il divano rosso che stava al di là delle colonne rivestite in marmo, situate nell'ingresso. Un lieve sorriso scappò dalle sue labbra, andando ad addolcire la sua espressione imbronciata. Quel divano gli riportava alla mente quello che stava in casa di Aron, dove lui era solito addormentarsi mentre aspettava che l'uomo tornasse dal lavoro. Con un pizzico di nostalgia sfiorò la stoffa del sofà, pensando che forse Aron non aveva scelto a caso quel posto. L'arredamento era molto simile a quello della sua vecchia casa: la TV davanti al divano, il pavimento in parquet, le scale, il tavolo di legno con le sedie abbinate e una libreria nera colma di romanzi di svariati generi. La cucina era invece un po' più piccola di quella di Aron, e ospitava un tavolo di vetro dove si poteva comodamente stare seduti anche in più di due. La cosa che Kyle amava di più di quel posto però, era il lieve profumo di sapone che vi alleggiava. Non sapeva spiegarsi per quale motivo, ma in qualche modo lo faceva sentire in un ambiente familiare.

"Forse anche Aron ha nostalgia di casa" pensò il giovane tornando ad afferrare le scarpe e provando a sciogliere il nodo che lui stesso aveva fatto il giorno prima, mettendoci ovviamente troppa forza. Finalmente quest'ultimo cedette, e Kyle poté indossare le All Star senza fatica. Quando Aron iniziò a scendere le scale, il detective, che aveva già riannodato le sneakers, lo osservò fare lentamente i gradini e contemporaneamente infilarsi un maglione nero con lo scollo a V. Aron alzò lo sguardo, sentendosi osservato. Stava per dire qualcosa, ma quando vide il giovane si bloccò e rimase immobile a fissarlo per qualche secondo.

– Però! – esclamò infine, sorridendo e riprendendo a scendere le ultime scale.

– "Però" cosa? – gli domandò Kyle alzando un sopracciglio con aria confusa, mentre afferrava la maniglia della porta per fare capire all'uomo che era pronto per uscire.

– Niente, è che il tuo abbigliamento mi fa un certo effetto – spiegò Aron, mentre si avvicinava e si infilava ai piedi le Air Jordan bianche e azzurre, abbandonate davanti alla scarpiera dal giorno prima.

Il giovane rimase disorientato da quell'affermazione. Indossava solamente una maglietta viola con sopra una felpa nera, i jeans leggermente stretti e il parka foderato che gli arrivava sotto la vita. Non c'era niente di strano o di provocante nei suoi vestiti.

– Ma che dici? Sono cose normalissime – sbottò mantenendo un tono distaccato.

Aron ridacchiò mentre si infilava la giacca, e mormorava: – Certo, certo! –

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