Capitolo 4 - Malga Rao

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La cenere cadde a terra leggera, unendosi a quella che giaceva già da parecchio sul pavimento del terrazzo. Il suo grigiore contrastava con il color bordò delle mattonelle del balcone e con il candore della poca neve che lì si era accumulata. Sul bordo del parapetto innumerevoli mozziconi di sigaretta erano stati schiacciati contro il cemento, e il freddo glaciale aveva portato via anche la lieve scia di fumo che ancora emanavano.

Kyle era appoggiato al bordo del balcone ormai da un'ora, e fissava l'orizzonte con sguardo vuoto, distante. Aveva indosso solamente un paio di pantaloni grigi e una maglietta del medesimo colore, nonostante la temperatura. Eppure non aveva freddo, non un singolo tremore proveniva dal suo corpo. Le uniche a muoversi erano le sue mani, che ogni tanto compivano il gesto di sostituire la sigaretta consumata con una nuova.

I demoni di un uomo, Kyle lo sapeva, non sempre si manifestano visibilmente, in modo che chi lo circonda se ne accorga. Si insinuano nell'animo della loro vittima, lo corrodono e gli sussurrano parole crudeli all'orecchio, cercando di farle prendere la direzione che desiderano. Poi, quando finalmente riescono a far sì che il malcapitato distrugga tutto ciò che possiede con le proprie mani, ridono e gioiscono, soddisfatti per la sofferenza a cui hanno dato vita.

Contro questo stava combattendo il giovane. Contro quella voce sottile e appena percepibile che stava tormentando le sue orecchie, che non gli permetteva di godersi neppure un poco della vita spensierata di cui Aron gli aveva fatto dono.

Nei suoi occhi dorati che avrebbero dovuto mettere a fuoco un maestoso paesaggio dominato dal bianco, dal marrone e dal verde, c'era solo una grande paura mescolata a un'ansia senza fine. Era riuscito a non lasciarsi rapire da quei pensieri per lungo tempo, ma ora che iniziavano a soffocarlo non sapeva proprio come uscire dalla loro morsa.

Un meraviglioso albero, che aveva fatto spuntare con coraggio le prime gemme verdi sui suoi rami, fu attraversato da una folata di vento gelido proprio in quel momento, e la neve che aveva addosso lo lasciò libero per poi cadere a terra con un tonfo, ma il giovane non udì né quel rumore né quello delle tapparelle dei vicini che si alzavano per controllare cosa fosse successo. Nelle sue narici il profumo del caffè caldo proveniente dalla casa accanto non sortì alcun effetto, così come la luce accecante del sole dorato che sferzò le nuvole bianche e lo colpì in viso. Era come se si fosse trasformato in un manichino privo di vita, una bambola muta e priva dei cinque sensi.

Eppure dentro di lui ogni singolo frammento della sua anima stava urlando con disperazione, mentre lottava per scacciare via la cascata di ricordi e pensieri che gli si era riversata nel cervello.

Vengo a prenderti.

Nella sua testa quella frase dominava sulle altre, era un avvertimento e si ripeteva di continuo in mille svariati modi.

Sto arrivando, non manca molto.

Il giovane avvertì un senso di nausea. Il suo stomaco si stava come torcendo, pareva che rispondesse allo stato d'animo dei suoi pensieri con perfetta precisione.

Ti troverò.

Il suo cuore perse un battito, incespicò e poi batté di nuovo, ma questa volta più velocemente, con prepotenza, riecheggiandogli in gola.

Ti porterò via ogni cosa.

I suoi occhi si chiusero, e il giovane fece appello a tutte le sue forze per scacciare via i suoi pensieri, non voleva continuare a torturarsi in quel modo. Non era giusto che si facesse del male. Ma più tentava di dimenticare quelle parole, più tentava di seppellire il ricordo di Kenneth da qualche parte nella sua mente, più questo tornava e si faceva sempre più vivido.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 11, 2018 ⏰

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