Capitolo 7.

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Erano passate circa due settimane. La giornata in ospedale era alquanto monotona. Sempre, sempre uguale.
Letto fino a tardi, colazione che coincideva con il pranzo, visita dei miei, visita di controllo, TV il resto del pomeriggio, letto, cena.
La notte invece, la notte era speciale, magica, e questo grazie a Cole.

Il "nostro" posto era la sala d'attesa, il luogo in cui di giorno regnano ansia e preoccupazione, di notte silenzio e passione.

Io facevo miglioramenti con le gambe. Con il suo aiuto mi reggevo in piedi, camminavo addirittura.
È stato molto di aiuto per la mia guarigione.

"Andiamo su?" Era spesso questa sua domanda a rompere il silenzio dell'ospedale.
Ci divertivamo ad andare in giro di notte, quando la sala d'attesa ci stancava. Prendevamo l'ascensore fino al 28esimo piano: il tetto.

Portavamo una coperta di solito, ci sedevamo per terra e ci rannicchiavamo sotto di essa, come chiocciole con la loro casetta. E lì stavamo davvero bene.

Non c'era più nulla che ci spaventasse, che ci turbasse. C'eravamo solo io, Cole e i nostri cuori che battevano a tempo, lenti ma costanti, come a ricordarci che la vita andava avanti, anche se a noi sembrava si fermasse li.

E dalla nostra postazione guardavamo le stelle. E non c'è cosa più romantica di quella, secondo me. A volte mi veniva sonno e mi addormentavo su di lui, con il suo profumo nelle narici, che avevo sempre bisogno di annusare.

Lui era tenerissimo con me, si vedeva che ci teneva molto.
E io? Ci tenevo a lui?
Non so esattamente cosa provassi quando ero con Cole, però so per certo che era l'unico che non mi facesse pensare a Liam e so anche per certo che con Liam non avevo provato le stesse cose. Quando mi accorsi di questo tirai un sospiro di sollievo.

Una sera eravamo sul tetto, io con la testa appoggiata sulle sue gambe.
Non stavamo parlando. Ci stavamo semplicemente godendo il momento.
Ad un tratto, così dal nulla, mi prese il volto e mi baciò.
Non capii subito quello che stava succedendo ma sapevo che mi piaceva.

Lo baciai a mia volta. Il tutto non so quanto durò, ma mi sembrò eterno.
Mi staccai e lo guardai, lui non disse nulla si limitò a stringermi la mano.
Io gli diedi un bacio sulla guancia, e riappoggiai la testa sulle sue gambe.

"Alison" lui mi chiamava sempre per intero. Sapeva quanto le persone che mi chiamavano Ali mi avessero fatto soffrire. Lui mi capiva.
"...Cole" risposi incerta.

"Alison...io"
Dai...
pensai.
Su, dillo!
"Alison"
"Non ti mangio, eh" gli dissi, dolcemente.

"Io ti amo, da quando ti ho incontrato due settimane fa. E mi sono reso conto che non posso, non posso assolutamente, fare a meno di te."
Poi guardò le stelle. Era imbarazzato, forse.

"Cole..." io non seppi cosa rispondere. Lo amavo? Forse sì.
"I..io..."balbettai.
Lui sembrò scoraggiato, fece per alzarsi, ma io ero ancora appoggiata su di lui e lo baciai.
Rimase sorpreso. Di certo non se l'aspettava.

"Anche io ti amo" gli dissi.
Il suo sorriso ruppe il buio della notte, era più luminoso di cento stelle e io sorrisi a mia volta.
Mi prese la mano.

Erano quasi le cinque, e mi riaccompagnò in camera, come al solito, per rientrare nella nostra routine quotidiana, che però non ci prevedeva insieme.



I miss you - Cole SprouseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora