Il palazzo

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«Queste bestie dovrebbero andare più veloci. La padrona non sarà felice se arriviamo in ritardo»
Grugnì dopo aver sbattuto nuovamente la testa.
«Non è una mia colpa! Non gli avranno nutriti abbastanza»
Aprì lentamente gli occhi pronto a vendere le vecchie mura consumate della sua cella, ma l'unica cosa che poteva vedere era il buio.
Dove sono?
Tasto il pavimento di legno, e dopo poco sobbalzò, battendo dinuovo la testa.
Mi verrà il mal di testa se la continuo a sbattere.
Sentiva un pungente odore di letame e di buoi, il suono di ruote sul terreno e una voce che spronava gli animali a velocizzare il passo.
Bene. Sono su un carro.
Si disse di stare calmo, ma era nel panico.
Che Fahim abbia incaricato le guardi di abbandonarmi in mezzo al deserto?
Si alzò di scatto, ma un potente dolore alla schiena lo fece rigettare a terra.
Si contorceva strizzando gli occhi e mordendosi il labbro.
Si inarcò per non toccare i punti doloranti e solo allora si accorse di essere legato.
Non che sia una novità.

Louis cominciò a pensare intensamente al perché si trovasse lì, e non si ricordava minimamente cosa fosse successo il giorno prima.
Cosa ho fatto per far infuriare Fahim?
Da quanto tempo sono qui?
Si stava sforzando di ricordare, quando il carro si fermò di botto, facendogli strusciare la schiena.
Sentiva le lacrime agli occhi, ma non gli sembrava il momento adatto.
Poco dopo la luce di una fiaccola gli illuminò il volto.
Mise a fuoco le cose attorno a sé. Due uomini massicci ed annoiati lo stavano osservando.
«Scendi»
Erano entrambi alti, con un leggero strato di barba e una spada legata alla vita.
Il giovane deglutì, ed indietreggiò impaurito.
Uno dei due sbuffò, l'altro invece si allungò verso Louis, e con un solo braccio lo buttò fuori dal mezzo.
Finì a terra, con il viso nel fango e le ginocchia sbucciate dai sassi.
Sputò e si pulì la bocca con la mano.
«Non ci puoi parlare. Devi usare le maniere forti»
Lo stesso che lo aveva buttato giù gli afferrò un braccio e lo issò da terra.
«E adesso aiutami a portarlo rapidamente nella sala della udienze [1]. La signora ha esplicitamente detto di volerlo per la cena»
Louis, dopo quella frase sgranò gli occhi.
Vogliono mangiarmi?
Impiantò i piedi a terra e strattonò il braccio.
Fatemi tutto, ma non voglio essere la portata di una cena.
«E adesso che cos'ha?»
Disse l'altro dopo averlo afferrato.
«Forse percepisce il pericolo come gli animali -lo guardò con disgusto- Non che ci sia tanta differenza»
Lo trascinarono, Louis sentiva i piedi far male da quanto stavano strusciando, ma non riuscì a fermare i due uomini.
Dopo poco entrarono in una piccola porta, situata nel retro di un enorme palazzo.
Louis sentita un rumore di acqua che scorre e risatine.
Un buonissimo odore librava nell'aria, e fece brontolare il suo stomaco.
Louis guardò il corridoio da dove proveniva tutto questo, ma i due uomini lo portarono da un'altra parte.
«Dovrebbero aver già cominciato a mangiare»
«Muoviamoci»
Andarono più veloci, girarono prima a destra e poi a sinistra, superarono pareti abbellite da bellissimi decori geometrici e dipinti. Louis osservò i bellissimi vasi e le rifiniture delle porte. Sembrava di stare in un sogno.
Alla fine si fermarono davanti ad un enorme porta dorata, mentre uno strano silenzio li circondava.
I due si sistemarono al meglio. Radrizzarono i veli che coprivano le loro teste, si tolsero il sudore dalla fronte e si lisciarono i pantaloni color porpora.
Dietro questa porta ci deve essere qualcuno di molto importante.
Pensò Louis.
Solo allora si rese conto della situazione, e cominciò a tremare come una foglia.
Aprirono la porta con delicatezza, entrarono aggraziati, lasciarono il ragazzo e si inginocchiarono.
«Mio signore» dissero in coro.
Louis teneva la testa bassa e non osava guardare in alto.
Era come bloccato dalla paura e non aveva idea di cosa fare.
Teneva le mani strette per non farle muovere, mentre il cuore si muoveva troppo veloce nella cassa toracica.
«Inginocchiati al mio cospetto, inetto»
Una voce aspra si propagò per la stanza e Louis alzò lo sguardo da terra.
Un enorme tavolata, arricchita di cibo -all'apparenza gustoso- e di vini pregiati, occupava quasi tutta la sala. Attorno ad essa erano sedute delle persone che lo osservavano.
Il piccolo per poco non svenne quando riconobbe l'uomo che aveva parlato.
Come posso essere così stupido!
«Mi sta forse provocando? O è ritardato? Io non ripeto mai gli ordini» aveva alzato la voce, ma aveva tenuto la sua posa ferma e controllata.
I suoi occhi lo scrutavano freddi ed irritati.
Il suo Re era abbellito da varie collane e bracciali.
Il suo petto era nudo, e la vita era coperta da un corto gonnellino stretto e corto, con cucito sul dietro una coda di animale [2].
I suoi occhi erano resi più spigolosi dalla riga nera che attraversava la palpebra inferiore e in capo portava un copricapo alto color turchese.
Louis si buttò immediatamente a terra, toccando il pavimento con la fronte.
Sono davanti al Faraone in carne ed ossa e non mi sono inchinato.
In quel momento si sarebbe una botta in testa.
Rimase mobile, quasi non respirava per non fare rumore, non volendo disturbare il Potente [3].
Sentì una sedia venir spostata, e dei passi echeggiare nella stanza.
Mi puniranno un'altra volta.
Ma almeno questa volta per una buona ragione.

Un Fiore sbocciato nella sabbia » larry stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora