Salve gente!
Questo è il secondo capitolo della storia che, come il precedente, è scritto dal punto di vista della nostra protagonista. Il prossimo sarà narrato da Harry!!!
Pensando a come sviluppare i capitoli seguenti...vi piacerebbe che ci siano anche tutti gli 1D?
Vorrei che leggeste il capitolo con Il regalo più grande di Tiziano Ferro come sottofondo (io l'ho scritto così).
Ringrazio tutte le ragazze che hanno commentato il capitolo precedente e tutti quelli che lo hanno letto.
Detto questo, ci vediamo al prossimo capitolo!♡Il cellulare segnava le 6:30 del mattino, i lampioni riempivano la strada di luce artificiale, i rumori del traffico avevano infranto la quiete della nascita del sole. Alcune sfumature rosee e pacate, ancora impresse nel cielo, si frammentavano pigre segnando così l'avviarsi della giornata.
Seduta sul mio letto a gambe incrociate spiavo il panorama dalla finestra della mia stanza. La mia personalità romantica trovava conforto nei colori, si lasciava emozionare dalle loro combinazioni e ritrovava la serenità. Era stato un sollievo osservare l'alba dopo una notte lenta a concludersi. L'oscurità profonda mi aveva lasciato spazio per riflettere da sola nella mia insonnia. Una lacrima solitaria aveva solcato il mio volto mentre io, per distrarmi dai miei stessi pensieri, contemplavo la luna. Per la prima volta da quando mi trovavo a Londra, una città cui volto mi era ancora in parte estraneo, la notte mi aveva riportato alla mente un ricordo che racchiudeva in sé una scarica violenta di emozioni.Camminavo veloce dal salone al balcone di casa ripetendo più volte il piccolo percorso, impaziente che papà mi seguisse. Da tanto tempo mi prometteva di passare insieme questa sera, si fece prestare da un suo collega il telescopio giorni prima, in quel momento lo stava sistemando mentre io percorrevo ripetutamente lo spazio incitandolo a far presto. Per accorciare i tempi di attesa preparai adeguatamente il piccolo spazio esterno del nostro appartamento: spostai all'angolo il piccolo tavolino centrale che di tanto intanto usavamo per cenare insieme, posizionai vicine tre sedie di legno piegabili, accesi uno zampirone per scacciare le zanzare lateralmente ai nostri piedi . Era tutto come volevo. Papà portò il telescopio in balcone dove finì di regolarlo, mamma lo seguì ed io, improvvisamente intimidita dal desiderio che si stava finalmente esaudendo, chiusi il terzetto. Avevo perso il dono della parola. Papà vide per primo attraverso lo strumento, io studiavo il suo atteggiamento per non farmi cogliere impreparata al mio turno, mamma fu la seconda ad usare il telescopio. Io iniziai a saltellare colta dalla fretta. Quando i miei genitori si ritennero soddisfatti della visione si voltarono verso di me. 《Ehi principessa, manca ancora un quarto d'ora, rilassati.》Mi disse papà ridendo, compiaciuto della mia felicità; si spostò per farmi avvicinare. Tenni il telescopio come lui indicava e vidi per la prima volta i particolari della luna. Ero estasiata. Papà mi spiegò cosa stessi osservando, quei minuti si convertirono in secondi nella mia mente. Poi vidi ciò per cui realmente eravamo radunati lì: l'eclissi lunare. Mamma e papà lasciarono che io usassi il telescopio per tutta la sua durata, accontentandosi di vederla ad occhio nudo come la maggior parte dei cittadini faceva. Quando il fenomeno si concluse, mamma portò del gelato confezionato e il suo piccolo lettore CD. Tiziano Ferro fece da sottofondo a quella che sembrava essere, a nove anni, la notte più bella di tutta la mia vita.
Sorrisi rivivendo il momento ma altre lacrime rigarono le mie guance creandomi una sensazione di sconforto. Avevo lo sguardo di papà stampato davanti agli occhi. Quelle iridi verdi smeraldo, che da piccola invidiavo, mi osservavano trapassandomi da parte a parte. Mi sentii sola nel cuore della notte e piansi abbracciata al cuscino.
I colori caldi del sole neonato mi cullarono trasmettendomi nuova pace. Mi aggrappai ai ricordi che avevo del presente di Damiano per fuggire completamente dai miei.
Ripensai a due notti fa, quando incontrammo insieme il nuovo vicino di casa. Sapevo di avevo reagito in modo esagerato e che, se non ci fosse stato Damiano, avrei ceduto al panico. Quello sguardo però, quegli occhi così simili ad altri che ho amato tanto, così smarriti nel vuoto, in cerca di qualcuno invisibile, mi aveva destabilizzato. Inoltre vidi quelle iridi smeraldo su di un ragazzo che puzzava terribilmente d'alcool; in un solo attimo troppi ricordi avevano affollato la mia mente, non c'era più spazio per pensare. Damiano sembrava invece tornato nel suo baratro, il mio cambio d'umore lo aveva riportato giù nell'abisso, questa era stata la mia tesi. Stanotte pensai nuovamente all'accaduto e conclusi infine che fosse semplicemente preoccupato per me: le sue attenzioni nei miei riguardi erano infatti raddoppiate in poche ore.
Iniziai presto a chiedermi perché quel ragazzo potesse essere in stato di shock senza arrivare ad una conclusione. Ma come potevo arrivarci se di lui non sapevo nulla? Una cosa di lui però l'avevo appresa: il suo nome. Harry. Un nome tanto diverso da quello di mio padre, Fabrizio, di cui associavo lo sguardo a quello del giovane.
Le mie gambe formicolavano costringendomi ad alzarmi per sgranchirle. Mi diressi in cucina ma non avevo alcuna fantasia di ingerire del cibo. Feci svelta una doccia per poi uscire e passeggiare nel parco dietro casa. Nessuno camminava per strada, il mio fiato caldo creava una nuvoletta quando sospiravo, io mi stringevo nel cappotto dal cappuccio impellicciato, il collo avvolto da una sciarpa maxi a quadri grigia. Il giardino era deserto, le sue panchine erano vuote al di fuori di una, quella che si trovava a metà del piccolo percorso tracciato di ciottoli. Quest'ultima era occupata in parte da una figura lunga e snella che riconobbi apena mi avvicinai abbastanza da definirne i contorni. I parchi italiani erano pacifici e gioiosi, quelli londinesi invece conservavano qualcosa di magico. Seduto lì c'era il mio nuovo vicino. Aveva uno sguardo assorto, indirizzato verso un albero che non credo vedesse. La sua persona non mi terrorizzò come aveva fatto invece la prima volta. Contrariamente all'idea che mi ero creata immaginando un secondo incontro con il sottoscritto, lui mi incuriosì. Ebbi quindi modo di osservarlo senza essere scoperta, rallentai appositamente il passo. I capelli lunghi e castani superavano di poco le spalle, vestiva di nero, aveva un anello ad ogni dito, le mani affusolate chiuse tra loro in grembo. Senza averlo pensato, gli rivolsi un saluto sperando di farlo tornare con il pensiero in questo giardino.
《Ehi.》Dissi soltanto.
Lui sbattè le palpebre e si girò leggermente verso di me che mi trovavo ormai di fronte a lui, i suoi lineamenti mostravano un'espressione confusa.
《Sono Silvia, la tua vicina di casa. Quella che stava con un ragazzo due notti fa.》Tentai di pescare in lui qualche ricordo, mi sentivo terribilmente fuori luogo. Lui parve capire.
《Oh.》Mi rispose soltanto, poi aggiunse: 《Scusami, non mi ricordavo.》
Non avevo pensato ad una possibilità del genere, demoralizzata senza un vero e proprio motivo quasi rimpiansi di avergli parlato. Quasi. Cercai di formulare una frase che portasse ad un discorso. Improvvisamente avevo voglia di tirarlo fuori da quello stato d'animo: sembrava arenato lontano, in un'isola sperduta. Qualcosa di simile alle emozioni provate da Damiano in questo periodo sembravano dominarlo. Posi fine alla formulazione di varie ipotesi per questo suo conportamento che aveva attivato le mie sinapsi, sentivo che qualsiasi di queste sarebbe stata troppo azzardata, in fondo non avevo idea di chi fosse lui. Potevo aggiungere però due nuovi punti nella mia lista mentale di ciò che sapevo Harry. Adesso conoscevo il suo nome, sapevo che si trovava davvero in stato di shock due notti fa, che stava passando un periodo buio.
Scrivere un elenco mentale era una prassi che che compivo inconsciamente con qualsiasi persona che mi si presentava sul cammino, Damiano me lo faceva notare spesso dicendomi anche che esageravo, che non ero Dio, che non potevo aiutare chiunque. Dal canto mio facevo tutto ciò senza pensarlo razionalmente, ero stata crescita con una dottrina basta sul rispetto e sull'aiuto reciproco in una famiglia. Io avevo solo esteso il concetto nel mio insieme d'amicizia. Ormai era un comportamento automatico.
Senza l'odore d'alcool il ragazzo sembrava piuttosto alla mano. Nonostante il suo malessere aveva un modo di fare che mi tranquillizzava, mi rattristavo indovinando cosa potesse provare lui. Avendo paura di offenderlo sperai che queste emozioni non trasparissero sul mio volto.
《Sono Harry.》 Mi informò. Lo so già grazie, avrei voluto dirgli. Invece mi trattenni ponendo una domanda.
《Conosci già la zona?》
《In effetti no, stavo passeggiando per questo.》Gli occhi erano circondati da occhiaie leggere e, vista l'ora, si era svegliato presto stamane (come me d'altronde). Non deve aver passato due giorni tranquilli.
《Se vuoi ti accompagno.》Proposi sorridendo, avevo tutta la sua attenzione. Lui ci pensò per poco, qualche secondo che mi fece nascere mille dubbi, gli sembro invadente ipotizzai. Il mio cuore stava evidentemente partecipando ad una maratona perché lo sentivo pulsare veloce. Cercai di ignorarlo con tutta me stessa.
Camminammo insieme ad una certa distanza, non ci sfiorammo mai, io azzardavo qualche occhiata di tanto in tanto. Gli dissi dove fosse il supermercato, l'esistenza di un altro parco nelle vicinanze, del cinese e di un ristorante nella zona, gli parlai della gentilezza della signora al primo piano. Lui rispondeva sempre qualcosa per farmi capire che stava ascoltando mentre io parlavo di tutto ciò che non riguardava nessuno dei due. Lui iniziò a guardarmi quando assentiva con il mento, poi lo fece continuamente quando toccava a me parlare. Prima di uscire avevo deciso che la notte mi aveva portato già una quantità di tristezza sufficiente per tutta la giornata. Mi mostrai quindi allegra come realmente speravo di essere una volta dimenticato il motivo della mia camminata mattutina. Avevamo passeggiato per poco più di un'ora quando finalmente mi congedai per lasciarlo solo. Lui, contrariamente a quello che credevo immaginandomi invadente nei suoi confronti, mi seguì insistendo che continuassi a parlare. Arrivati sul nostro piano del palazzo ci dirigemmo entrambi alle porte dei rispettivi appartamenti.
Quando sentii le sue chiavi girare nella serratura mi voltai verso di lui e, sorridendo, gli posi un'ultima domanda.
《Caffè? 》
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Passi sulla neve || Harry Styles
Novela JuvenilHarry Styles è solo a Londra, abbandonato dal suo stesso sangue. Davanti a lui si mostra la promessa di un'esistenza felice, ma i demoni della sua infanzia minacciano di ucciderlo dall'interno. È fermo ad un bivio tra passato e futuro, incapace di s...