один - uno

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3 Gennaio 2018

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3 Gennaio 2018

San Pietroburgo è molto, anzi, estremamente innevata quest'oggi. Da soli tre giorni è iniziato il nuovo anno e le strade sono ancora scompigliate, ancora in festa, ancora allegre.
Questo periodo dell'anno, ahimè, non mi entusiasma come dovrebbe; d'altronde, nulla ormai mi entusiasma troppo.
Un giorno è come un'altro e, per quanto non vorrei fosse cosí, lo è, ed io non posso far più di tanto per cambiare le cose: quando non hai nulla su cui fare leva per virare la rotta, prosegui sulla strada che hai sempre conosciuto.

L'Università Statale di San Pietroburgo è letteralmente vuota, dato che le lezioni sono sospese fino al sette di Gennaio per le festività; dunque mi reco al banco informazioni della struttura per poter ritirare la documentazione che conferma la mia iscrizione per il nuovo anno alla facoltà di economia della SPSU.
Tra pensieri, ricordi di una vita passata ed il nulla più totale, quale migliore medicina del caro e vecchio studio?

Mi avvicino al distributore rosso per ritirare un ticket d'attesa, e mi tocca il numero ventuno, così tendo le orecchie e sento la signora al banco chiamare il numero diciannove. Ció vuol dire che non manca molto al mio turno, e quindi faccio per andarmi a sedere sulle seggiole blu oltre la linea d'attesa.

L'ambiente non è proprio accogliente, la struttura è blanda, estremamente pulita, ordinata e mastodontica, mette un certo disagio. Mi guardo intorno senza un motivo in particolare, quando il mio stato di trance viene scosso improvvisamente: del caffè bollente mi si versa sulla camicia bianco panna, stirata giusto un paio di ore fa.

«Merda

Sussurro in un'espressione di dolore, dovuta sia al caffè bollente, sia all'evidente macchia marrone sulla mia adorata camicia, che poco fa profumava di gelsomino e cannella.

«Veramente è caffè, non merda» Una voce maschile interrompe le mie imprecazioni mentali e mi riporta al mondo costringendomi ad alzare lo sguardo ora infuriato.
Ha voglia di scherzare?
Fortunatamente non ho il cappotto in dosso altrimenti non sarebbe ancora vivo questo ragazzo. Forse percepisce il mio umore perchè ora il suo sorriso si spegne lentamente, mentre i suoi occhi scrutano pensierosi l'armoniosa opera d'arte sulla mia camicetta.

«Scusami davvero tanto, sono mortificato, ero andato a prendere un caffè, sono il numero venti, temevo mi chiamassero, temevo di non arrivare in tempo e poi-» Dice tutto d'un fiato.
Sembra realmente dispiaciuto, irrequieto e ansioso.

«Okay, basta cosí! Hanno chiamato poco fa il numero diciannove, sei in tempo» diamine, questo ragazzo ha una parlantina impressionante. È abbastanza agitato ed inizia a frugare nelle tasche del giubbotto nero per poi tirarne fuori un paio di fazzoletti sgualciti e probabilmente utilizzati chissà quanto tempo addietro. Me li porge con fare innocente indicando la grossa chiazza sul mio petto. Lo guardo scettica, ed afferro quei dannati fazzoletti prima che ricominci a parlare o peggio, a scusarsi.
Inizio a tamponare sul bagnato, anche se non serve a molto, almeno il ragazzo sta zitto e mi sorride con un velo di scuse a coprirgli il volto.

Operazione V.O.D.K.A.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora