Capitolo 4

103 8 0
                                    


Capitolo 4:

Quando raggiunsero il piano di sotto, il padre di Edward era furioso.

«Quel frocetto è ancora qui?»

Quelle parole colpirono Edward come un getto di acqua gelida.

«Frocetto? Di cosa stai parlando?»

Sapeva bene di cosa stava parlando, ma non voleva credere alle sue orecchie, la cosa che lo irritava di più era il fatto che avesse definito il suo ragazzo un frocetto.

«Deve andarsene da questa casa, non voglio che lo frequenti.»

«Non smetterò mai di vedere il mio ragazzo ... quindi se non ti sta bene me ne vado anche io.» Stava male nel pensare di dover lasciare casa sua, ma il pensiero di lasciare Aaron gli faceva mancare l'aria. Non avrebbe accettato mai un compromesso simile, era troppo per entrambi. Subito l'uomo si alzò e, d'istinto, Edward si mise davanti a Aaron; non avrebbe permesso a quello che era suo padre di toccarlo, non in quel momento. Sentì il ragazzo dietro di lui prenderlo per la maglia, stava tremando, lo avvertiva perfettamente.

Lo schiaffo che gli arrivò da parte del padre fu forte, ma non si spostò di un millimetro da dov'era, l'uomo puntava a Aaron. Voleva prendersela con lui, la sua mentalità ottusa era davvero snervante, e questa volta fu proprio la madre del ragazzo a mettersi tra loro due e l'uomo; era una donna forte e avrebbe protetto il figlio e il suo ragazzo a tutti i costi.

«Togliti, donna!»

A quelle parole, la donna in questione alzò un sopraciglio scettica: se il marito credeva che si sarebbe spostata, non sapeva bene chi aveva sposato. Quando fece per colpirla con uno schiaffo, prese prontamente il braccio del marito e glielo portò dietro la schiena bloccandolo, facendolo mettere in ginocchio.

«Caro, rifletti, non puoi mandare via tuo figlio, e soprattutto non puoi mandare via il suo ragazzo.»

L'uomo provò a muoversi, ma era del tutto inutile. Per un attimo Edward rimase sorpreso dalla reazione della madre intervenuta in loro difesa; sapeva bene che lei aveva capito prima di lui i sentimenti che lo legavano ad Aaron.

«Mamma, non preoccuparti, i due frocetti cambiano aria.»

«Dove andrete?»

«A casa di Aaron...»

La donna sorrise, Erika lì avrebbe accettati tranquillamente.

«State attenti per strada. Intanto cerco di far ragionare quest'idiota di tuo padre ricordandogli delle cose del passato»

Fece l'occhiolino ai due ragazzi, che ridacchiarono divertiti. Si ricordavano ancora di quando la donna aveva raccontato loro della relazione del padre con un suo amico, che poi lo aveva lasciato per uno di mentalità più aperta e che almeno aveva le palle di dire ai genitori che era bisessuale o omosessuale.

Dopo le parole della madre, Edward prese per mano il ragazzo e, tornato in camera, recuperò tutte le cose che gli servivano. Lasciò casa sua, lasciandosi dietro le urla dei suoi genitori che litigavano.

Andarono a casa di Aaron; il ragazzo era un po' scosso, ma bastarono le coccole di Edward a farlo rilassare e addormentare sereno tra le sue braccia. Il ragazzo rimase sveglio per un po' ad osservarlo, voleva essere certo che stesse bene prima di lasciarsi cadere tra le braccia di Morfeo.

La mattina dopo, quando si svegliarono, dovettero lasciare la casa passando dalla porta sul retro. Edward non voleva perdere tempo con i suoi genitori, che li aspettavano davanti all'entrata principale della casa di Aaron; non poteva proprio permettere che il ragazzo soffrisse.

«So già cosa vogliono i miei genitori e non lo avranno.»

Andarono a scuola e seguirono tutte le lezioni tranquillamente; solo all'ora di pranzo i due ragazzi andarono a giocare al campetto di basket. Ma lì ebbero una brutta sorpresa: i genitori di Edward li stavano aspettando.

«Edward, torna a casa.»

La madre era molto calma, ma in realtà era preoccupata per Aaron: lo aveva visto impallidire e prendere la mano di suo figlio ed aggrapparsi ad essa con forza.

«No, non ci torno... non accettare lui, significa non accettare me e i miei sentimenti.»

Guardava il padre freddamente, non gli avrebbe permesso di separarli. Sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per farlo, e non poteva permetterglielo. Prese per mano Aaron e cercò di condurlo lontano da lì, quando il padre lo afferrò per il braccio.

«Tu torni a casa!»

«No!»

Aaron si portò davanti a lui e allontanò l'uomo con uno spintone, mentre la ferita al collo si riapriva, facendolo cadere in ginocchio stringendosela con le mani.

«Aaron... aspetta, fermo, adesso ti aiuto... mamma, presto prendi lo zaino di Aaron e prendi le bende e le medicine»

Fece sedere il ragazzo e lentamente gli tolse le bende dal collo. Senza fargli ancora più male passò la pomata sulla ferita; le lacrime scendevano sul volto del ragazzo, e lo ferivano.

«Non piangere... non è grave...»

Gli asciugò il viso, e gli sorrise. Lentamente gli bendò il collo, sotto lo sguardo attento dell'uomo; la sera prima durante il litigio con la moglie aveva capito che il loro non era un rapporto semplice, ma si amavano moltissimo e non potevano vivere separati. Aveva visto negli occhi del figlio le fiamme dell'inferno, mentre guardava quella ferita che ornava il collo del ragazzo dai capelli biondo ramato.

«Fatto! Adesso starai bene...»

In quel momento, Aaron gli crollò tra le braccia privo di conoscenza e con il respiro affannato.

«Aaron!»

Quella reazione lo spaventò moltissimo, ma prese in braccio il ragazzo e lo portò fino a casa, dove videro la sorella del ragazzo rientrare a casa. Alla loro vista, Erika spalancò la porta di casa e li lasciò passare.

«Edward, mio fratello?»

«Sta bene... non preoccuparti, è solo crollato per lo stress, e credo abbia anche la febbre.»

«Portalo nella sua stanza...»

Fece passare i due ragazzi, e aspettò che i genitori di Edward la raggiungessero.

«Erika, si riprenderà Aaron?»

«Penso di sì... ma non gli fa bene tutto questo stress»

Non nascondeva la sua preoccupazione per il fratello. Entrò tranquillamente in casa e raggiunse i due ragazzi nella loro camera da letto; Edward gli mise un panno bagnato sulla fronte cercando di dargli un po' di sollievo, restando disteso sul letto al suo fianco.

«Edward, posso aiutarti in qualche modo?»

«No... faccio da solo. »

La donna osservava il figlio preoccupata: lo vedeva che soffriva moltissimo. Conosceva bene Edward, il sangue del suo sangue, non lo aveva mai visto lacerato in quel modo dal dolore e dai sensi di colpa.

«Aaron... perdonami, ti ho fatto soffrire di nuovo. Avevo promesso di non farlo mai più.»

Delle lacrime gli bagnarono il volto. Il ragazzo si svegliò, sentendo cadere sulla sua pelle quelle lacrime, e, con uno sforzo enorme, si alzò e lo abbracciò.

«Ho capito, sto bene... riposati.» Aaron si strinse a lui con forza; non voleva lasciarlo, aveva paura di restare solo.

«Resto con te per sempre... ma adesso per favore riposati.»

Il ragazzo si lasciò cadere tra le coperte. Stanco e sfinito, Edward lo raggiunse alcuni minuti dopo, posandogli un bacio delicato sulle labbra e immergendo le mani nei suoi capelli.

«Ti amo... ti amerò per sempre, anche se non potrai più parlare.» Aaron gli sorrise, prima di legargli le braccia al collo e stringerlo a sé con forza.

«Potete lasciarci soli?»

I tre lasciarono la stanza. 

Youre my destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora