-3- Il Druido

99 7 7
                                    


  Era stata una lunga giornata, le streghe si erano riunite e le reggenti del Palazzo di Fuoco e d'Acqua, gli altri due insediamenti sotterranei, avevano dopo lunghe discussioni accettato il piano di Aislin.
Iraen si era tenuto in disparte, seduto con altri hilm'een nel punto più lontano del consiglio aperto a tutti. L'enorme caverna che ospitava la più grande piazza del Palazzo di Pietra era gremita. Streghe e hilm'een da ogni Palazzo erano arrivati lì. In quei sette anni era cambiato molto, ma solo quel giorno aveva capito davvero quanto il sogno suo e di Aislin potesse davvero funzionare.
Sospirando si incamminò lungo i corridoi della corte interna, dirigendosi verso le stanze di Enda. La bambina aveva sette anni ora, una fiammeggiante chioma rossa e iridi dello stesso blu profondo della madre. Sorridendo appena, Iraen aprì la porta e la vide addormentata al centro del letto, circondata di pupazzi e con la sua volpe acciambellata al suo fianco.
L'animale aprì gli occhi per un solo istante, per poi tornare a sonnecchiare. Sedendosi al bordo del letto scosse piano la piccola, che dopo qualche momento aprì gli occhi, illuminandosi nel vederlo.
«Iraen!» Lei tese le braccia e lui la prese, facendola sedere sulle sue ginocchia. «Mi sei mancato. Bawi diceva che saresti arrivato, ma mi sono addormentata aspettando. Ho fame adesso.»
Guardando la volpe, lui annuì. Che le streghe parlassero con gli animali a quel modo era un fatto che suscitava ancora una certa meraviglia in lui, anche se potevano comunicare solo con quelle bestie con cui avevano stretto un legame.
«Bawi è una volpe saggia, dovresti darle più ascolto.»
«Sì.» La piccola si guardò in giro, posando distrattamente un bacio sulla guancia di Iraen. «La mamma dov'è?»
«Ora andiamo da lei.» L'hilm'een si alzò, incamminandosi con la piccola tra le braccia.
La sentì accarezzargli il collo, sospirando piano. Come ogni strega aveva accesso alla memoria ancestrale del suo popolo, anche se essendo così piccola ancora ne aveva una visione limitata. «Perché non posso chiamarti papà?»
Iraen si irrigidì, ma fortunatamente non c'era nessuno in giro. «Sai che non puoi. Sono Iraen, solo Iraen.»
«Però sei il mio papà. So cosa sono i papà, lo ho visto. Una volta tutte le bambine avevano un papà.»
«Enda, non dirlo più. Se non siamo soli, non dirlo più. Ci sono stati tanti problemi e i papà sono andati tutti in un posto da dove non si può tornare. La regina di allora ha...»
«...ha chiesto agli uomini chi tra loro volesse il nostro sangue, diventare hilm'een. Però erano troppo pochi per essere un papà per ogni bambina.» La piccola, che lo aveva interrotto, lo fissò con uno sguardo particolarmente saggio e antico, che non le si addiceva affatto. «Lo so che non è tutto così. Faccio tanti sogni, ultimamente. Mi fanno paura, ma Bawi dice che sono cose che non possono farmi male e su cui devo pensare. Io mi ricordo quando portavi il collare. Ricordo che poi anche tutti gli altri non lo hanno più portato e che la mamma piangeva. Tu eri con lei e le dicevi di non aver paura.»
Iraen rabbrividì. Come poteva ricordarlo? Era accaduto quattro anni prima!
Aislin aveva lavorato duramente in modo che i consigli dei tre palazzi accettassero di vivere in una sorta di parità con gli hilm'een. La paura era stata una nemica dura da sconfiggere mentre lui lavorava sul fronte degli altri suoi simili cercando di far vedere loro le possibilità che quella nuova strada dava a tutti. Potevano scegliere se rimanere o andarsene, anche se purtroppo il processo non era reversibile: una volta mutati in hilm'een non si poteva tornare umani. Così erano emersi sentimenti tenuti celati, non tutti loro odiavano le streghe. Tutto sommato non erano mai stati maltrattati davvero, solo la mutazione era stata dolorosa e le punizioni avvenivano solamente quando si compiva un atto di aperta disubbidienza che poteva risultare dannosa all'intera comunità. Certo, il vincolo di non poter nuocere alle streghe era doloroso se si cercava di aggirarlo, ma non avevano mai davvero motivo di farlo. Una volta che i collari erano stati tolti, la mancanza di problemi aveva rafforzato la posizione di Aislin e il suo progetto aveva iniziato ad apparire meno impossibile. Gli hilm'een rimanevano ancora il gradino più basso della società, eppure la differenza era notevole. Lavorare con le streghe per un obbiettivo comune stava aprendo possibilità che nessuno di loro credeva possibili. Agognavano il cielo e l'aria libera, poter uscire senza temere gli umani. Perché, anche se un tempo lo erano, erano temuti e odiati al livello delle streghe e lo avevano imparato a loro spese. Gli uomini non capivano, non sapevano, e quando avevano cercato di tornare alle loro vecchie case erano stati scacciati, torturati o uccisi.
Non si poteva tornare indietro, si poteva solamente andare avanti.
Ecco perché ora ogni hilm'een desiderava quanto lui quella pace, l'unica direzione rimasta a ognuno di loro era quella.
Iraen si sistemò meglio la bambina tra le braccia, attraversando corridoi ora più affollati, fino alle porte degli appartamenti personali di Aislin. Bussò e gli venne aperto da una delle sue dame.
Mise giù la piccola che corse dalla madre, riempiendole il viso di baci.
«Ho fame.» disse con voce decisa. «Anche Bawi vuole mangiare!» Aggiunse dopo un attimo, indicando la volpe rossa che li aveva seguiti, seduta poco lontano.
«Allora vai con Morwen, credo che in cucina ci siano ancora dei dolci, ma solo se prima mangi il resto.»
La bambina annuì, l'ancella le tese la mano e, a un gesto della loro regina, ogni altra strega uscì dalla stanza.
Aislin guardò con un sorriso stanco eppure colmo di entusiasmo l'hilm'een davanti a lei. «Vogliono anche loro fare il passo della fiducia. Presto anche nel Palazzo di Fuoco e al Palazzo d'Acqua gli hilm'een saranno liberi dai collari.»
«Ci abbiamo messo solo quattro anni a convincere le altre due città.» Iraen s sedette accanto alla strega, fissandola. Non c'era più odio nel suo cuore, tutt'altro. «Ora qual è il prossimo passo?»
Aislin si alzò, andando al tavolo della stanza accanto su cui erano aperte alcune mappe.
«Le Cail'ka ci riferiscono di una divisione tra gli uomini. Il tuo consiglio di iniziare un dialogo con i capi dei rispettivi villaggi sotto il nostro dominio sembra avere successo. In questi anni abbiamo ottenuto una certa collaborazione dai più. A quanto pare avevi ragione, i druidi hanno qualcosa a che fare con il mutamento. Lavorano da dietro le quinte influenzando il popolo per invogliarlo a collaborare e a guardare avanti, senza affondare nella melma del rancore e dell'odio.»
«Sono serpi.»
«Questo è un complimento, Iraen»
L'hilm'een sorrise, osservando la mappa su cui con diverse scritte Aislin teneva aggiornato l'andamento delle ostilità. «Lo so. Lo ho detto come lo direbbe una strega, non un uomo. I serpenti custodiscono i segreti della terra ed escono dal suo ventre, figli di una madre antica e potente. Così sono i druidi, credo abbiate molto in comune.»
«Resta il fatto che gli uomini si stanno dividendo in due fronti, ai confini dove non possiamo permetterci di agire, nei punti più lontani, si radunano dando forza a quelli che chiamano i territori liberi. Stanno dando inizio a un vero e proprio regno.»
«Lasciali fare.» Iraen disse, stringendosi nelle spalle. «Che vivano come vogliono, quel territorio è lontano, inclemente e duro. Se riusciranno a prosperare lì, se lo saranno guadagnato.»
«Non guardi abbastanza lontano.» Aislin si sedette al bordo del tavolo, il viso dipinto con una larga linea rossa orizzontale che prendeva gli occhi. «Non agire alla lunga darà loro il modo di rafforzarsi. Sarebbero una minaccia continua e costante, ricorda che non abbiamo un vero esercito come lo intendono gli uomini. Noi streghe combattiamo, ma non siamo veri soldati.»
«Ci avete decimato e soggiogato, però.» L'ombra dell'antico rancore sfiorò la voce di lui e la regina sospirò.
«A quale prezzo, Iraen? Mosse dalla disperazione e dal dolore ci siamo spinte oltre il punto che rende una strega ciò che è, seminando morte e corrompendo la nostra magia perché fosse in grado di dar luogo al male, forgiandola in un'arma. Siamo morte, dimezzando il nostro numero, crescendo nel ventre della terra nuove generazioni che vivevano l'orrore della guerra e il suo dolore. Bambine che si svegliavano urlanti rivivendo il sangue sulle punte delle lance e l'agonia di una ferita mortale. No, Iraen, non vivremo con le zanne di quegli uomini sul collo.»
La mano di lui si mosse in un gesto carico di amore e con dolcezza sfiorò il viso di Aislin, avvicinandosi fino a posare un bacio lieve sulle labbra di lei.
«Quindi li ucciderai tutti?» la voce di lui si abbassò, dura e dolce. «Sai meglio di me che non è quello che vuoi.»
«Quello che voglio e quello che devo raramente coincidono.» Alzò il mento, guardando con occhi duri come zaffiri quelli di smeraldo di Iraen. «Se accetteranno la tregua, di vivere nei loro territori mantenendo dei rapporti pacifici con noi, allora non muoverò guerra. Il mio dovere è però proteggere chi si porta all'ombra delle corna del grande padre, del cervo re. Sono sul mio capo, e sono io che devo fare da spada e scudo a chi desidera la pace.»
«Un tempo ero io a parlare di guerra, ora sei tu.» Iraen sospirò. «Sei la mia regina delle corna, Aislin. Hai tutto di me, e ti seguirò ovunque tu andrai.»
«Sai che il mio dovere viene prima di qualunque altra cosa, che non posso... non potrò mai, in nessun caso, metterti davanti al mio popolo.»
«Questa è una delle ragioni per cui ti amo. Nonostante il dolore, il cuore spezzato, farai sempre e soltanto il bene degli indifesi, del tuo popolo. A qualunque prezzo.»
«Spero solo di non dover mai testare i confini della mia volontà, Iraen. Non abbandonarmi mai.»
«Mai, Aislin. Mai.»  

La regina delle StregheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora