Il solito sesso.

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Buonaseraaaa! Visto il ritardo nella pubblicazione del capitolo precedente, Quarantotto ha deciso di farsi perdonare pubblicando con un giorno di anticipo questo nuovissimo capitolo! Il prossimo è però ugualmente previsto per il mercoledì della prossima settimana!
Buona lettura!

***

La mattina successiva, contro ogni pronostico, Mario si svegliò di buon umore. Si aspettava di svegliarsi pieno di rimorsi e dubbi, ma si stupì nel realizzare il contrario. Fece mente locale sulla sera prima e tutto gli parve più chiaro: Claudio aveva bevuto parecchio, neanche si sarebbe ricordato di quello che aveva detto o fatto con lui, avrebbe continuato ad interessarsi a Viola. E lui, probabilmente, era solo troppo insofferente a causa dell'assenza di Filippo. A questo punto, aveva fatto bene a tacere al fidanzato quello che era accaduto, perché, a conti fatti, non era accaduto nulla. Lui lo amava, questo era ciò che contava. Scivolò fuori dalle coperte, scattò in piedi e si stiracchiò. Dopo aver buttato un'occhiata allo specchio si diresse verso la porta. Non appena la aprì, fu inebriato da odore di caffè. Si aspettava di trovare Viola davanti ai fornelli e, non appena raggiunse la cucina, la trovò in piedi esattamente nel punto in cui aveva immaginato che fosse. La ragazza, sentendolo arrivare, si voltò verso di lui, sorridendogli:
"Buongiorno dormiglione, come stai?" esordì.
Mario si avvicinò a lei per stamparle un bacio sulla guancia, prima di sedersi al tavolo.
"Buongiornoooooo a te! Sto molto bene!"
"Ci siamo svegliati di buon umore, vedo!"
"Assolutamente sì... Anzi, volevo chiederti scusa per ieri sera... Sai, per averti fatta tornare a casa e aver interrotto bruscamente la tua serata..."
Viola minimizzò con un gesto della mano. "Non è successo nulla di grave, stai tranquillo. Hai già fatto abbastanza." rispose Viola, versando il caffè in due tazzine, preparate accanto ai fornelli.
"Anzi..." esordì la ragazza, porgendo la tazzina di caffè a Mario.
"Avremo sicuramente modo di rivedere sia Pietro che Claudio..." disse, accennando un sorrisino.
"Ti hanno offerto un lavoro?" chiese Mario, entusiasta.
"Ehm... No, non ancora, almeno. Però Claudio ci teneva a rivederci in un contesto più tranquillo, ed è per questo che si è preso il mio numero di telefono..."
Mario rimase spiazzato da quella notizia. "Gli hai dato il tuo numero di telefono?"
"Eh, certo... Tu non lo avresti dato il tuo numero ad un figo del genere? A questo punto direi proprio che gli piaccio!"
Mario, che aveva appena avvicinato la tazzina alla bocca, rimase immobile.
"Mario tutto bene? Cosa ho detto?"
Il moro alzò lo sguardo e posò la tazzina sul tavolo. La sua espressione si fece seria, tanto da preoccupare Viola.
"Mario, non sto scherzando! Che succede?"
A quel punto, il ragazzo non riuscì più a rimanere in silenzio. "Viola, io devo raccontarti una cosa..."
Viola lo fissò, seria. "Dimmi... Che è successo?"
"Non è una cosa facile da dirti, perché so che ci rimarrai male."
"Mario, muoviti, mi sto preoccupando!"
Mario fece un respiro e, tutto d'un fiato, disse:"Non credo tu gli piaccia."
"Ah, grazie Mario..." disse quindi sarcastica, mostrando, però, dispiacere.
"No, no, non hai capito! Non è per te, tu sei bellissima! È solo che penso tu non sia, insomma... Il suo tipo."
Viola scosse la testa, mostrando di non capire.
"Senza giri di parole... Viola, Claudio ci ha provato con me!"
Improvvisamente, tra loro, calò il silenzio. Viola fissò Mario senza dire una parola e Mario fece lo stesso, per concedere all'amica qualche secondo per metabolizzare quello che le aveva appena detto. L'espressione di Viola era un misto tra stupore e confusione. Mario la guardò con fare dispiaciuto, pronto a spiegarle tutto per filo e per segno. Improvvisamente, però, Viola scoppiò in una risata fragorosa.
"Scusa, perché ridi? Cosa c'è di così divertente?" chiese Mario, incredulo.
"Mario, lo so..." disse Viola continuando a ridere.
"In che senso lo sai?"
Viola tossicchiò e poi, cercando di riassumere un'espressione seria, cominciò a spiegarsi.
"Senti, Mario, anche io non voglio fare giri di parole. Ieri sera, mentre eravamo in pista, ci ho provato con lui in maniera spudorata, penso tu te ne sia accorto; era la mia occasione. Mi avvicinavo a lui e lui faceva altrettanto, era praticamente fatta! Poi, però, all'improvviso..."
"All'improvviso?"
"All'improvviso, proprio nel momento in cui ho avvicinato la mia faccia alla sua, lui si è scostato e, per evitare che scoppiassi in lacrime in mezzo alla pista, mi ha detto la verità: che è gay e che gli interessi. E mi ha anche chiesto il permesso per provarci con te!"
Mario, nel sentire quella frase, si sentì percorrere da un brivido. Deglutì e si leccò le labbra per poter proferire parola, ma gli risultò difficile. Viola quindi, con un balzo improvviso, posizionò la sua sedia di fronte a quella di Mario, agitando le mani, in preda ad un moto di eccitazione.
"Ma non mi aveva detto ci avesse provato con te! IO VOGLIO I DETTAGLI, TU DEVI RACCONTARMI TUTTOOOOOOOOOOOO!"
"Ma sei felice? Non dovresti essere felice. Ti ho appena rivelato che il ragazzo con cui ci hai provato per tutta la sera, quello per cui mi hai trascinato in quel posto senza neanche avere la certezza che saremmo potuti entrare, è gay e ci ha provato con me, e tu sei felice! Qualcosa mi sfugge..."
"Beh, Mario, siete carini assieme, e visto che io non posso averlo in nessun caso...!"
"Viola..."
"Sto scherzando, sto scherzando! Ma voglio comunque sapere. Sono la tua migliore amica, merito un racconto dettagliato." Scherzò la ragazza, facendogli l'occhiolino.
"Allora, prima di tutto mettiamo in chiaro una cosa: amo Filippo e non ho occhi per nessun altro ragazzo."
Viola annuì, borbottando e facendo segno con le mani di continuare il racconto. Mario la rimproverò con lo sguardo, in attesa di una risposta accettabile.
"Mario, sto scherzando! So quanto vi amate! Su, racconta."
Mario si tranquillizzò e raccontò per filo e per segno quello che era successo la sera prima.
"Ti ha baciato?"
"Non mi ha baciato... Cioè, per sbaglio mi ha preso l'angolo della bocca..."
"Stai diventando rosso!"
"Viola, che dici! Mi ha fatto schifo..." disse Mario, sapendo di mentire a se stesso.
"Sì, come no, proprio schifo!"
Viola conosceva l'amico e sapeva che stava mentendo. Mario era pronto a rispondere alla ragazza per giustificarsi, quando il suo cellulare squillò, segnalando l'arrivo di un messaggio; il romano guardò lo schermo e il suo volto assunse un'espressione strana.
"Mario, tutto okay? Chi è?" chiese curiosamente Viola, sporgendosi verso l'amico, per poter leggere il messaggio.
"Un numero sconosciuto..." borbottò Mario, facendo scorrere il dito sullo schermo per aprire il messaggio.
"Viola..."
"Cosa?"
"Viola... Hai qualcosa a che fare con il fatto che Claudio Sona abbia il mio numero di telefono?"
"Beh... Io... Ecco, beh sì, potrebbe avermelo chiesto e io potrei essermelo fatto sfuggire..."
"Viola! Tu sei scema, lo sai?"
"E dai, cosa c'è di male?"
"C'è di male che io sono fidanzato, Viola. E felicemente pure, vorrei ricordarti. Cos'è, non ti sta più simpatico Filippo?"
"Oh, ma certo che mi sta simpatico! E sono felice se tu con lui sei felice... Solo che, ecco... Insomma, lo hai visto Claudio, sì? E poi penso che insieme potreste stare bene..."
"Viola, no! Ancora con questa storia? Io sono fidanzato, te lo ripeto. E poi, non vorrei stare con uno così neanche se fossi single: ha proprio la faccia di uno che se ne porta a letto uno diverso ogni sera."
"Magari non ha ancora incontrato quello giusto..."
"Magari hai ragione, ma non sono io, quello giusto, per lui. Io sono quello giusto per Filippo."
"Okay, capo, non darò mai più il tuo numero a nessuno, promesso. Scusa, volevo solo giocare un po'... Beh quindi che ti dice?"
"Mi chiede di vederci..."
"Beh rispondigli!"
"Sì, gli scrivo per declinare l'invito e dirgli di cancellare il mio numero e di farsi una vita..."
"Giusto..." accennò Viola leggermente delusa.
"Sì, è giusto così."
E così fece. Aprì il messaggio e declinò l'invito, sottolineando il suo essere fidanzato.
Ma, il ragazzo non aveva fatto i conti con una cosa: la caparbietà di Claudio. Il veronese non aveva alcuna intenzione di arrendersi.
"Ma è testardo, 'sto Claudio Sona! Gli ho detto di no e lui insiste, mi sa che non capisce l'italiano..."
"Dai non essere maleducato! Secondo me, dovresti incontrarlo!"
Mario sospirò. "Vabbè, sai che c'è? Hai ragione. Ci vado, a questo appuntamento. Ci vado e glielo dico guardandolo negli occhi, che deve lasciarmi perdere. Chissà, magari, leggendo il labiale, lo capisce!"
"Cosa? Sul serio? Io stavo scherzando... Meglio cosi! Quindi stai andando ad un appuntamento con Claudio Sona."
"No. Sto andando a levarmelo dai piedi. Vedrai, non ci prenderemo neanche un caffè, sarò di ritorno per ora di pranzo..."
"Scendi ora?"
"Sì, mi cambio al volo e vado..." rispose Mario, dirigendosi verso la sua stanza.
Aprì l'armadio e, all'improvviso, fu preso da mille dubbi. Cosa si indossa, per uscire con Claudio Sona? Vabbè, sì, per liquidarlo. Insomma, cosa doveva indossare? Una tuta poteva andar bene? No, non si può incontrare un modello indossando una tuta. Una camicia? E per andare dove, ad una festa? Okay, jeans e maglietta sarebbero andati più che bene. Si cambiò e si diresse verso il bagno, per lavarsi i denti e sistemarsi i capelli.
Sull'uscio, comparve Viola. "Ehi tu, hai preso la prima cosa che hai trovato nell'armadio, giusto?"
"Sì, ovvio, cosa vorresti insinuare?"
""Io? Nulla, nulla... E ti sei cosparso di profumo perché non avevi nulla da fare?" aggiunse la ragazza, maliziosamente.
Mario alzò gli occhi al cielo, senza risponderle.
"Vado nella mia stanza... Ti aspetto per pranzo. Se poi decidessi di non tornare, abbi almeno la decenza di avvisarmi e non lasciarmi morire di fame, grazie!"
"Torno sicuramente! A dopo!"
Uscito dal bagno, recuperò la giaccia e si avviò. Avrebbe fatto una passeggiata a piedi, tanto il bar che aveva proposto a Claudio non era molto distante da casa sua. Mentre camminava, fu accarezzato da un vento leggero. Non faceva troppo freddo, ma, nonostante ciò, Mario si strinse nelle braccia per bloccare il tremore. Passo dopo passo, si aggiunse alla sensazione di freddo una sudorazione accentuata e un battito accelerato.
"Mario, calmati!" disse tra sé e sé, provando ad autoconvincersi di non essere agitato all'idea di questo incontro. Quel ragazzo continuava a provocare in lui sensazioni contrastanti.
Improvvisamente, un messaggio lo distolse dai suoi pensieri. Era Filippo. Filippo. Neanche glielo aveva detto, quello che era successo. Perché? Beh, non aveva avuto tempo. Aprì il messaggio e iniziò a digitare una risposta, ma prima di premere invio, cambiò idea e cancellò ogni singola parola; poi, digitò un veloce 'mi manchi anche tu' e ripose il telefono. Ma sì, gli avrebbe raccontato tutto di persona, per evitare che si facesse strane idee. Sì, era meglio così. Non gli stava omettendo nulla, stava solo ritardando nel raccontargli l'accaduto.
In pochi minuti fu davanti al bar: di Claudio Sona nessuna traccia. Bene, era anche in ritardo. Fortunatamente, non dovette aspettare troppo; cinque minuti dopo, vide spuntare Claudio dal fondo della strada. Indossava dei jeans e una camicia bianca con sopra una giacca di jeans, occhiali da sole e capelli leggermente scompigliati  dal vento. Doveva ammetterlo, era davvero un bel ragazzo, con i lineamenti delicati, ma non troppo. E poi, quei tatuaggi che intravedeva da sotto la camicia... Ma a cosa stava pensando? Era forse impazzito? Scosse il capo e cercò di concentrarsi su quello che doveva dirgli. Doveva essere duro e diretto.
"Mario, ehilà! Scusami, ci ho messo un po' a trovare parcheggio!" disse sfoggiando un sorriso smagliante.
Claudio si avvicinò per salutare Mario con due baci sulla guancia, ma il romano fece due passi indietro, tossicchiando. "Poca confidenza... Non siamo qui per fare amicizia o altro. Concludiamo questa cosa in fretta."
Claudio sbarrò gli occhi e alzò le mani "Ehi, volevo solo salutarti, mica saltarti addosso... Stai calmo! Entriamo? O preferisci sederti qui fuori? In fondo, non fa poi così freddo..."
"Né dentro, né fuori, non ci siederemo da nessuna parte..."
Claudio lo guardò spiazzato. "Vuoi cambiare bar? Non ti piace questo? Eppure lo hai scelto tu... Però sei hai cambiato idea... Dove vuoi andare?"
"Non è il bar il problema. Semplicemente, io e te non passeremo del tempo insieme. Sono venuto fin qui solo per ribadirti quello che già ti avevo detto per messaggio, ma che, per una qualche oscura ragione, non ti è stato molto chiaro: io e te non abbiamo nulla da spartire, non voglio conoscerti, ho un fidanzato bellissimo di cui sono innamoratissimo e con cui sto benissimo. L'unica cosa che io e te abbiamo e avremo in comune è Viola, okay?"
"Si va bene... Dolce o salato?"
"Che?"
"Ti va il dolce o il salato? Forse, essendo quasi ora di pranzo, è il caso di ordinare qualcosa di salato... Potremmo fare aperitivo..."
"Ma hai sentito ciò che ti ho detto?"
"Oh, sì, certo che l'ho sentito... Ma, in tutta franchezza, hai detto una marea di cavolate. Rilassati, dai... Un aperitivo. Solo un aperitivo. E poi potrai tornare dal tuo uomo. A proposito, come si chiama?"
"Filippo, si chiama Filippo."
"Filippo. Bel nome... Allora, me lo concedi questo aperitivo, signor fidanzato di Filippo? Giuro che non ti sfioro neanche..." disse Claudio, alzando le mani.
Mario sospirò. Era un osso duro davvero. Però, per qualche strana ragione, nonostante tutto, non gli dispiaceva questo suo modo di fare. Anzi, doveva ammettere – almeno con se stesso – che lo incuriosiva. Per questo, si ritrovò a rispondere: "E va bene, facciamo questo aperitivo. Però, per pranzo devo essere a casa, c'è Viola che mi aspetta."
"Come desideri. Quindi, dentro o fuori?"
"Fuori andrà benissimo."
"Dopo di te..."
Presero posto ad uno dei tavolini liberi.
"Posso farti una domanda?" disse Mario, non appena si furono accomodati.
"Prima dici che non abbiamo niente da dirci e poi cominci con le domande... Sei incoerente, Mario Serpa. Ma va bene, vai!"
"La mia è una semplice curiosità: di te so molto poco, per lo più quello che mi ha raccontato Viola. Che, a sua volta, sa di te quello che ha sentito dire in giro. Ora, dimmi, per quale motivo tutti pensano che tu sia etero, mentre - perdona la franchezza - è decisamente chiaro che non è così?"
Un'ombra si posò sul sorriso di Claudio. "Perfetto è ciò che appare."
"Sarebbe a dire...?"
"Che non tutti sono pronti alla verità..."
"Chi è che non è pronto?"
"Non ti facevo uno che fa così tante domande tutte insieme, Serpa..." rispose Claudio infastidito, facendo capire di voler chiudere l'argomento.
Mario si sentì completamente a disagio, non sapeva cosa dire, riusciva solo a sentirsi in colpa, forse era stato troppo sfacciato. Claudio, invece, recuperò il suo buon umore in due secondi. "Allora, dimmi qualcosa di te... So solo che lavori in un negozio di abbigliamento e che sei felicemente fidanzato con Filippo. Raccontami qualcos'altro..."
"Non c'è molto da dire su di me, la mia vita non è molto interessante..."
"Eddai, ognuno di noi ha qualcosa di interessante da raccontare, sempre. Tu raccontami qualcosa, sarò io a decidere se mi interessa o meno..."
Mario lo fissò. Poi disse la prima cosa che gli venne in mente. "Ho scoperto di essere intollerante ad un sacco di cibi, ultimamente..."
Sul serio? Gli stava parlando delle sue intolleranze? Wow, bravo Mario, le troverà sicuramente interessanti!
"Davvero? Ah, mi dispiace! Sei uno a cui piace tanto mangiare?"
Oddio, mi ha davvero risposto. E sembra anche sinceramente interessato alla cosa.
E lo era davvero. Claudio era interessato a tutto ciò che riguardava Mario; non a caso, lo riempì di domande, raccontando anche molto di sé. Claudio ascoltava Mario parlare con un'attenzione che forse non aveva mai prestato in vita sua. Era completamente assorto nei discorsi del moro, sebbene non ne capisse neanche lui il perché. Era totalmente catturato dal movimento lento di quelle labbra disegnate che, la sera prima, avrebbe voluto tanto baciare.
Alla fine, grazie al suo carattere solare e alla sua grande parlantina, il veronese riuscì a far sentire l'altro a suo agio e il tempo tra i due trascorse in maniera piacevole. Così piacevole che, quando uscirono dal bar e Mario guardò l'orologio, urlò un "Oddio!" che fece trasalire Claudio.
"Che è successo? Tutto bene?"
"Oddio, no, è tardissimo! Sono le due, avevo detto a Viola di aspettarmi per pranzo..." disse il moro. bloccandosi. Claudio, che stava camminando al suo fianco, si voltò per porsi di fronte a lui.
"Ci penso io..."
"In che senso?"
Mario vide Claudio prendere il suo telefono, digitare tasti e portarlo all'orecchio.
"Viola, ciao, sono Claudio..." lo sentì dire. Aveva chiamato Viola? Che intenzioni aveva? "Ascolta, Mario si scusa, ma non tornerà per pranzo, penso che ormai tu l'abbia capito... No, no, sta benissimo... La colpa è mia, mi devi scusare, ma lo sto trattenendo più del previsto – sebbene non proprio contro la sua volontà -, quindi ti ho chiamata io personalmente per scusarmi con te del fatto che pranzerai da sola... Giuro che mi farò perdonare, per averti sottratto il coinquilino... Va bene? Okay, buon pranzo allora... A presto!"
Claudio chiuse il telefono, lo ripose e poi si rivolse a Mario, che, nel frattempo, lo guardava incredulo. "Tutto okay, non è arrabbiata. Anzi, sembrava piacevolmente sorpresa. Ah, ti saluta."
"Ma chi ti ha detto che non tornerò per pranzo? Sono in ritardo, ma vado..."
Improvvisamente, Claudio mise su il broncio. "No, dai, Mario! Ci stiamo divertendo! E poi, ormai sono le due e noi siamo ancora in giro... Pranziamo insieme! Mi è venuto in mente un posto che vorrei farti provare!" gli disse con tono di supplica, per poi aggiungere "E non preoccuparti, in questo posto hanno una vasta scelta di piatti, troverai sicuramente qualcosa che non ti faccia male... Ed è tutto buonissimo! Allora? Andiamo?"
E Mario proprio non se la sentì di dire di no a quella faccia da bambino felice che si trovava di fronte a lui. "Okay, andiamo... Proviamo questo posto!"
Anche il pranzo volò. E il caffè del primo pomeriggio. E il dolce per fare merenda.
Erano le sei del pomeriggio e i due ragazzi stavano facendo una passeggiata sul lungo Tevere, quando Mario decise di tornare a casa.
"Claudio, si è fatto tardi, devo proprio andare..." disse Mario, quasi dispiaciuto di dover pronunciare quelle parole.
"Va bene, tranquillo, vai! Non ti trattengo più!" disse Claudio sorridendo, prima di aggiungere "Giuro che non mi farò più vivo."
Mario sgranò gli occhi, sorpreso da quelle parole.
"Nonostante non mi sia interessato più di tanto, ho ascoltato il discorso che hai fatto prima che ti convincessi a rimanere. E, per quanto mi costi accettarlo, non posso fare altro che lasciarti stare."
Mario rimase impassibile. Era contento che Claudio avesse capito ma, nonostante ciò, qualcosa dentro di lui gli diceva che avrebbe voluto rivederlo.
"Grazie per essere rimasto e grazie per questo bel pomeriggio."
"Grazie a te." Fu tutto quello che Mario riuscì a sussurrare.
Claudio fece un passo verso di lui, per annullare totalmente la distanza tra di loro, e avvicinò il suo volto a quello di Mario, al quale sembrò di vivere un dejà vu. Mario rimase immobile, incapace di fare qualsiasi movimento. Claudio posò delicatamente le sue labbra sull'angolo della bocca di Mario, lo stesso angolo che aveva baciato la sera precedente. Quell'angolo che ormai Claudio sentiva un po' suo e che Mario quasi avrebbe affidato solo a lui.
Claudio si allontanò e, con un "Ciao, Mario.", lo congedò, prima di dargli le spalle e cominciare a camminare.
Mario scosse la testa e osservò quella sagoma allontanarsi da lui. Quando divenne un puntino lontano prese coraggio e si voltò, pronto a raggiungere casa.
Il viaggio di ritorno verso casa fu molto più lungo rispetto all'andata. Prima dell'incontro con Claudio era agitato, ma sicuro di sé, ora era pieno di dubbi e rimorsi. Un turbinio di emozioni contrastanti lo attraversavano. Aveva passato uno dei pomeriggi più belli e spensierati della sua vita. Ma non riusciva a godersi appieno quelle sensazioni, perché il senso di colpa nei confronti di Filippo era più forte.
Solo mentre saliva le scale del suo palazzo, Mario si rese conto di non aver calcolato il telefono per tutto il tempo. Lo estrasse dalla tasca dei jeans e, ovviamente, vi trovò chiamate e messaggi. Non si curò di chi fossero, ma immaginò che la maggior parte fossero di Filippo. Come avrebbe giustificato la sua assenza? Sospirò e si passò una mano nel ciuffo, rendendolo ancora più disordinato. Avrebbe dovuto dirgli una bugia, la seconda in meno di ventiquattro ore. Almeno fino a domani, no? Certo, gli avrebbe raccontato tutto non appena fosse tornato dal viaggio. Sì, ma tutto cosa? Si stava incasinando, lo sentiva, ma non capiva nemmeno lui perché. A lui, Claudio Sona non piaceva, su questo poteva metterci la mano sul fuoco. O forse no...
Entrò in casa e chiamò a gran voce la sua amica "Tesoro, sono tornato! Tu non puoi capire che giornata..."
Ma si interruppe quando, varcando la soglia, si ritrovò davanti l'unica persona che non avrebbe mai immaginato di trovare in casa in quel momento: Filippo.
"Amore, bentornato! Sorpresa!"
"Amore, ciao!"
Si avvicinò a lui per poterlo stringere in un abbraccio.
Alle spalle di Filippo c'era un'agitatissima Viola.
"Perché non mi hai avvisato?" Mario mimò con le labbra, ancora stretto nell'abbraccio con Filippo.
"L'ho fatto!" rispose con il labiale la ragazza.
A quel punto, intuì che tra le tante telefonate e messaggi che non aveva letto, ci fossero anche gli avvertimenti di Viola.
Mario, da sopra la spalla del suo fidanzato, guardò la sua amica e i due si scambiarono un'occhiata d'intesa, che stava a significare che c'era un racconto in sospeso.
Nel moro prevalse il senso di colpa nei confronti del fidanzato che lo stava abbracciando. Quelle braccia lo avevano sempre protetto, in quelle braccia si era sempre sentito nel posto perfetto. Non poteva assolutamente fargli questo. Lo amava, amava Filippo con tutto se stesso e non poteva permettersi di rovinare tutto per una stupida cotta da quindicenne.
Mario sciolse l'abbraccio, per poter dare finalmente un bacio al suo fidanzato. Però, nel momento in cui Filippo fece aderire le sue labbra a quelle di Mario, in particolare sull'angolo destro delle sue labbra, il moro si sentì percorrere da un brivido che lo fece scostare.
"Tutto bene?"
"Sì, scusami! Piuttosto, cosa ci fai qui? Non dovevi tornare domani?"
Filippo, a quelle parole, si bloccò e lo guardò di traverso, allontanandosi di qualche passo. "Ho terminato il lavoro prima del previsto e ho voluto farti una sorpresa... Ma, a quanto pare, non è stata una sorpresa gradita..."
Mario lesse la delusione e l'ansia negli occhi del suo fidanzato, e subito tornò ad annullare la distanza tra loro.
"Amore, ma cosa dici? Pensavo fossi tornato perché era successo qualcosa di brutto, ma ti pare che non sono contento di vederti? Mi sei mancato da morire!" disse, stringendolo a sé e sentendo quel profumo familiare invadergli le narici. Ed era vero, il suo uomo gli era mancato da morire e, adesso che ce lo aveva tra le braccia, improvvisamente, tutti i turbamenti delle ultime ore erano svaniti, insieme alla strana sensazione provata poco prima, quando le sue labbra si erano unite a quelle del fidanzato.
"Okay, piccioncini, io tolgo il disturbo! Esco fuori per cena... Avete la casa tutta per voi, contenti?" disse quindi Viola, prima di dirigersi in camera a prepararsi.
Rimasti soli, Mario e Filippo decisero di cenare in casa e non uscire, per godersi un po' di tempo da soli.
Parlarono di tante cose. Filippo gli raccontò i dettagli del suo viaggio e del suo lavoro; era entusiasta di quello che aveva realizzato e Mario era orgoglioso di lui. Era davvero in gamba, il suo fidanzato.
Poi, arrivò la domanda che tanto aveva temuto. "E a te, come è andato il fine settimana? Mi è dispiaciuto non essere con te alla serata di ieri, avrei potuto darti man forte contro quel Sola, Soma... Com'è che si chiama?"
"Sona, Claudio Sona. Dai, in fondo non è stato poi così terribile..." si sorprese a rispondere Mario.
"Ma come, non hai fatto altro che lamentarti tutta la sera..."
"Ma sì, ma sì, ma è solo un idiota qualunque..." disse, per correggere il tiro.
"Ah, comunque mi dispiace che tu abbia dovuto lavorare anche oggi che è domenica, spero almeno che ti paghi gli straordinari... Che poi è strano, come mai ha deciso di aprire di domenica? Di solito non lavorate mai nei fine settimana, salvo durante i saldi o le feste..."
"In che senso?" rispose Mario, colto di sorpresa.
"Ma si può sapere che ti prende? Dove hai la testa? Quando sono arrivato pensavo di trovarti a casa e, invece non c'eri, e Viola mi ha spiegato che hai dovuto lavorare anche oggi..."
Improvvisamente, gli fu tutto chiaro: Viola gli aveva dato l'alibi perfetto per giustificare la sua assenza da casa. Adesso aveva due possibilità: poteva assecondare quanto detto da Viola e continuare a mentire oppure raccontare la verità e spiegare tutto per filo e per segno, proprio come si era ripromesso di fare non appena Filippo fosse tornato. Non era poi così difficile, in fondo non aveva fatto nulla di male. Giusto? Sì, era giusto raccontargli tutto...
"Oddio, ah, sì, al negozio, certo!" disse, invece. "Non abbiamo aperto al pubblico, in realtà, c'era da finire l'inventario..."
"Ah, capisco! Beh, che ne dici se ci mettiamo a letto e ti faccio un massaggio? Così ti rilassi..." disse Filippo, con tono malizioso.
"Oh, perché no..." rispose Mario, un po' a disagio. "Prima però vado a farmi una doccia, okay? Tu aspettami a letto, arrivo subito."
"Va bene amore!" rispose Filippo, lasciandogli un dolce bacio a fior di labbra, prima di aggiungere "Non vedevo l'ora di tornare da te..."
Mario si limitò ad annuire; non ebbe il coraggio di aggiungere altro, si sentiva terribilmente in colpa.
Finita la doccia, entrò in camera. Filippo si era addormentato. Mario sorrise teneramente, a quella visione. Gli si stese accanto, cercando di non svegliarlo e si limitò a chiudere gli occhi, cercando invano di spegnere il cervello.
Mario ancora non lo sapeva, ma non era l'unico che non riusciva a dormire. Dall'altra parte di Roma, steso nel suo enorme letto bianco, anche Claudio non prendeva sonno, intento com'era a ripensare alla giornata appena trascorsa. Non riusciva a non sorridere, pensando a quel ragazzo. Possibile che si stesse facendo coinvolgere da qualcuno? Non avrebbe dovuto farlo, c'erano mille e più ragioni per cui avvicinarsi emotivamente a quel tipo fosse sbagliato. Eppure, non riusciva a controllare le emozioni che, in sole ventiquattro ore, aveva suscitato in lui.
Per questo, e perché amava le sfide, prese il telefono sul comodino e scrisse "Sono stato veramente bene. Nonostante le mie parole di oggi, non credo di non voler passare altro tempo con te."
Mario trasalì, sentendo il suo cellulare vibrare. Chi poteva essere a quell'ora? Con cautela, cercando di non svegliare Filippo, allungò la mano sul comodino e sbloccò lo schermo.
Non poteva essere. Non poteva essere vero. Lesse il messaggio e una strana sensazione lo colse alla bocca dello stomaco. Un misto tra disagio e piacere. Già, piacere. Non avrebbe dovuto provarlo, e invece. Ma era sbagliato, ne era consapevole. Per questo, rispose "Non succederà, io e te non abbiamo più niente da dirci. Buonanotte."
Ma, se Claudio non si era lasciato intimorire dal modo acido e distaccato con cui lo aveva trattato la sera prima e si era permesso di chiedergli un incontro, figurarsi se questo messaggio lo avrebbe fatto scomporre, dopo la bellissima giornata trascorsa insieme. Infatti, la risposta che Mario ricevette fu
"Scommettiamo? Alla prossima, Mario Serpa."

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