CAPITOLO DICIASSETTE. BETH

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«Sai già tutto, Beth. Quindi non hai bisogno che ti tenga informata sulle disposizioni del signor Ryan. Da questo momento in poi, ed è stato categorico, non devo perderti mai più di vista. Spero tu voglia collaborare. Sarà un po’ seccante averci tra i piedi, ma è per la tua incolumità» mi riferì Garth. Averci? Perché parlava al plurale? Che cosa voleva dire? Ora sì che ero sistemata a dovere: imprigionata in una casa senza potermi muovere, e controllata a vista. Senza contare che la mia vita privata sarebbe stata sbandierata ai quattro venti. Sapevo benissimo che Ryan cercava di aiutarmi, ma mi aveva promesso che non avrebbe parlato a nessuno di mio padre. Mi aveva detto di fidarmi di lui, e io l’avevo fatto. Deglutii a fatica: sapere che Garth fosse a conoscenza di cose così personali, mi faceva sentire a disagio. Ero delusa dal comportamento di Ryan, e questo mi demoralizzò. «Confido nella tua discrezione, Garth. Vedi, non mi piace parlarne, e non mi piace neanche il fatto che altri siano a conoscenza di tutto questo schifo.» Lo guardai a testa alta, non gradivo essere compatita e non volevo la sua pietà. «Naturalmente, Beth. Vedrai, chiunque sia il bastardo che ti sta perseguitando, non riuscirà ad avvicinarsi a te, questo posso assicurartelo!» Ero sorpresa, Ryan non gli aveva detto niente, aveva mantenuto la parola che mi aveva dato e questo mi rese piacevolmente euforica. A quanto pareva “Discrezione” era il secondo nome dei fratelli Anderson. «Certo. Scusami, non era mia intenzione insinuare il contrario. Sono solo un po’ nervosa. Sai cosa intende fare Ryan? Non volevo creare tutto questo disturbo, ma sembra che da quando mi ha conosciuto non riesca a fare altro. E mi dispiace molto» sospirai scoraggiata. «Non stai creando nessun fastidio, Beth. Il signor Ryan ti sta aiutando perché tiene a te. Perché ti riesce così difficile crederlo?» «Per me è difficile fidarmi di qualcuno. Ho sempre contato solo sulle mie forze da quando avevo sedici anni e, pensando razionalmente, mi ripeto che posso farcela da sola, anche se il mio cuore mi dice che posso fidarmi di lui.» Mi resi subito conto della gaffe che avevo fatto, provai con imbarazzo a riparare all’errore appena commesso, ma il mio rossore non lo fece passare inosservato. «Volevo dire che mi fido di voi, naturalmente.» Garth mi sorrise comprensivo, ma questo non mitigò il mio imbarazzo. «Non preoccuparti. Lascia fare a noi, va bene?» Annuii, sapeva ciò che stava dicendo, e questa sua sicurezza mi confortò. Un rumore alle spalle mi fece girare, mi ritrovai distante solo una spanna dal petto di Thomas. Sollevai i miei occhi, incontrando immediatamente i suoi. Il suo sguardo un po’ abbattuto mi fece sentire in colpa, sapevo che lui voleva solo aiutarmi, ma non avevo mai raccontato a nessuno del mio passato, l’unico a sapere era Ryan e volevo che le cose rimanessero così. «Perdonami, non era mia intenzione» provai a scusarmi. «Mi dispiace, sono stato invadente.» Avevamo parlato nello stesso momento. Mi sorrise, e per me fu un vero sollievo: eravamo nuovamente amici. Passammo il resto della giornata a ridere e scherzare. Garth fece in modo di non lasciarmi mai da sola. Thomas, dal canto suo, sembrava avesse accettato la mia decisione di non parlare della telefonata né dell’identità dell’uomo che mi stava perseguitando. Dopo aver cenato, ci ritirammo nelle nostre stanze. Non riuscii ad addormentarmi subito: l’ansia mi stringeva lo stomaco come una morsa. Nella solitudine di quelle quattro mura, vedevo l’enorme gravità della situazione. Se mio padre fosse rimasto libero, non avrei avuto nessuna via di scampo. Restai ore a rigirarmi sul letto, ma alla fine la stanchezza ebbe la meglio e scivolai finalmente in un sonno profondo e agitato. Mi svegliai di soprassalto, rendendomi conto, dalla luce che filtrava attraverso le due tende, che era già mattino. Mi alzai a fatica, e solo dopo aver fatto una doccia calda, mi sentii rinvigorita. Purtroppo la mia biancheria non era ancora stata portata, ma per fortuna avevo dei capi che mi erano stati messi a disposizione dal padrone di casa. Ero un po’ combattuta sull’usarli o meno, ma se non volevo indossare gli stessi abiti per giorni, avrei dovuto cedere. Mi vestii velocemente, scelsi un completino intimo in pizzo e dei jeans, entrambi neri, abbinando il tutto con una camicetta azzurra, che s’intonava perfettamente al colore dei miei occhi. Non usavo mai trucco, quindi, dopo un ultimo sguardo allo specchio, scesi di sotto nella stanza da pranzo. Trovai Thomas, intento a fare colazione. «Buongiorno» salutai. Appena sentì la mia voce, si girò verso di me. In quel momento il mio stomaco fece una capriola, ma poi mi resi conto, dal suo sguardo allegro, che non era Ryan. Cercai di nascondere la delusione, e mi avvicinai alla tavola. «Buongiorno a te, bella fanciulla.» Lo guardai, credendo di cogliere dell’ironia nelle sue parole, ma mi resi subito conto di essermi sbagliata. La tensione si dissolse. Thomas si posò con tutta la schiena sulla sedia e rimase a osservarmi per alcuni secondi. «Ho forse qualcosa in disordine?» domandai, assicurandomi che i vestiti fossero in ordine, ma non trovai nulla fuori posto. Vedendo la mia confusione Thomas sorrise. «Assolutamente niente, mia cara. Sei perfetta così come sei.» Continuai a non capire, aveva uno sguardo divertito, ma non beffardo. M’invitò a sedermi accanto a lui, offrendomi un bicchiere di succo d’arancia. Mi accomodai e smisi di farmi ulteriori domande. Parlammo a lungo, fu una mattinata gradevole. Thomas era divertente e di piacevole compagnia ma, per quanto mi trovassi bene con lui, non riuscivo a non pensare a Ryan. Lui era l’unico che riusciva, anche solo con il pensiero, a farmi battere il cuore. «Non sei qui con me, Beth» la voce di Thomas mi distolse dai pensieri. Gli sorrisi in segno di scusa. Lui ricambiò subito, si avvicinò e mi accarezzò una guancia. Era un uomo molto dolce, avrei tanto voluto sentirmi attratta da lui. Avvertivo dentro di me, che un uomo come Thomas non mi avrebbe sicuramente fatto soffrire. Al contrario, di ciò che la mia testa mi diceva, il mio cuore continuava a battere per Ryan. Ero irrimediabilmente persa per un uomo che non provava niente per me, se non attrazione fisica. «Scusami, stavo pensando. Mi hai chiesto qualcosa?» Era molto vicino, e questo mi rese nervosa. Aveva cambiato atteggiamento e non ne capivo il motivo. «Non esattamente, ma mi sono sentito come dire... di troppo. Avevi lo sguardo colmo di tenerezza e malinconico allo stesso tempo. Mi piacerebbe credere che quella dolcezza fosse per me, ma temo di sbagliarmi, vero?» Mi lasciò di stucco, possibile che in un solo giorno si potesse provare attrazione per un’altra persona? Se avessi dovuto giudicare il comportamento di Thomas nei miei confronti, allora avrei creduto proprio di sì, e d’altronde io ero l’ultima che potesse dire qualcosa. Mi alzai, allontanandomi da lui. Inaspettatamente le braccia di Thomas mi circondarono da dietro, stringendomi contro di lui. Per un momento rimasi senza fiato, colta alla sprovvista. Ero consapevole del suo corpo forte e muscoloso. Mi girò verso di sé, lo guardai con occhi spalancati, incapace di reagire. Un istante dopo la sua bocca fu sulla mia, l’ardore che mise nel bacio mi lasciò sbalordita. Fece pressione perché schiudessi le labbra, e questo mi fece tornare immediatamente in me: «No, Thomas, no. Ti prego.» Infilai le braccia tra di noi, e spinsi forte contro il suo petto, ma lui era più forte e non riuscii ad allontanarlo. La sua mano tra i miei capelli mi bloccava la testa, mi sentivo soffocare, incapace di spingerlo via. Io non lo volevo quel bacio, non desideravo lui. All’improvviso mi sentii strattonare, una voce furibonda mi colse di sorpresa. Fui liberata dalla stretta delle braccia di Thomas, finendo a sbattere contro un altro corpo forte e sodo, che mi strinse alle spalle. Alzai lo sguardo e mi ritrovai a fissare due occhi color argento che mi guardavano furenti. «Cosa cazzo stai facendo, Thomas? Come ti permetti di venire in casa mia e comportarti come un perfetto coglione?» Mi voltai verso Thomas: aveva uno sguardo colpevole, sapeva di aver sbagliato e non osava neanche guardarmi. Mi feci coraggio, mi schiarii la voce, e provai ad alleggerire l’aria pesante che si era creata in pochi minuti, prima con il colpo di testa di Thomas e poi con l’arrivo di Ryan: «Ryan, non è successo niente, forse è stata colpa mia, gli avrò fatto capire qualcosa involontariamente, non so, ma sono certa che non accadrà mai più.» Lo sguardo di Ryan non cambiò, e continuò a guardare il fratello in modo ostile. Thomas intervenne: «Di questo non puoi esserne certa, Beth. E lui non ha il diritto di comandare nessuno, neanche se siamo in casa sua.» Rimasi a bocca aperta per le parole chiaramente provocanti di Thomas. Aspettai con ansia la reazione di Ryan, che non si fece attendere, lasciandomi sbalordita: «Sei certo di quello che dici?» mentre pronunciava quelle parole, il suo braccio scivolò fino ai miei fianchi, e mi strinse ancora di più a lui. Provai ad allontanarmi, ma non me lo permise, consolidando la presa su di me. «Non capisco cosa vuoi dire, ma so che tu puoi aver diritto su di lei solo se...» Thomas smise di parlare all’istante. Notai il suo viso perdere colore, strinse i pugni lungo i suoi fianchi e mi guardò con il viso tirato, come se avesse appena fatto qualcosa di grave: «Ti chiedo scusa, Elizabeth. Non sapevo che tu stessi con lui, avresti dovuto dirmelo.» La sua voce mi suonò quasi come un rimprovero. Non capivo il motivo del suo richiamo. «Lei non ha nessuna colpa» intervenne Ryan. «Sono stato io a dirle di tenerlo nascosto, ma tu avresti comunque dovuto fermarti: sei a casa mia, cazzo!» Il mio sguardo passò da uno all’altro. Visti da vicino erano proprio identici, se non fosse stato che vestivano diversamente non sarebbe stato così facile distinguerli. A un certo punto, le parole di Thomas mi furono completamente chiare. «Cosa vuol dire che non sapevi che stavo con lui? Io non capisco di cosa tu stia...» «Basta, Elizabeth» mi bloccò Ryan. «Ne parleremo dopo, quando saremo soli, in privato. Non credo sia il caso di parlarne qui» Si accostò al mio orecchio, sussurrando piano ma chiaramente le parole, in modo che potessi sentirle solo io: «Ricorda il nostro accordo.» Mi allontanai per guardarlo meglio. Sapevo benissimo a cosa si stava riferendo, ma il suo modo di tenermi alla corda mi stava dando sui nervi. «Ricordo anche troppo bene il nostro accordo» dissi a denti stretti. «Volevo solo fargli capire che non stiamo insieme, che...» «Elizabeth» m’interruppe ancora una volta, e la severità della sua voce mi fece desistere. Era chiaramente seccato, questo mi convinse a lasciar correre, volevo evitare d’irritarlo ancora di più, cosa non facile. «Adesso dimmi, Thomas: che intenzioni avevi con lei? Volevi scopartela, vero? Lei è mia, stai lontano da lei.» Vidi Thomas incassare il colpo, era nervoso. Non credevo alle accuse di Ryan, forse gli piacevo, ma non era quel tipo di uomo, ne ero sicura. «Ryan, ti prego. Ti stai sbagliando, non è come credi, tuo fratello... Era solo un bacio, lui non ha cercato di... sì, insomma, non voleva...» «Smettila di difenderlo, o mi farai capire che la cosa non ti dispiaceva.» Una fitta al cuore mi travolse. «No! Ma cosa stai dicendo? Io non...» la voce mi venne a mancare. Perché mi stava accusando di una cosa del genere? Pensavo che ormai avesse imparato a conoscermi, ma mi ero sbagliata di grosso. «Smettila di fare lo stronzo, Ryan» lo riprese Thomas. «Lei non ha fatto nulla per incoraggiarmi, e lo sai bene!» Ryan esplose. Mi spinse via, come se toccarmi lo avesse scottato: «Io non so un cazzo di niente, ho solo visto te che cercavi di infilarle la lingua in bocca, e lei non mi sembrava poi tanto dispiaciuta.» La sua rabbia era quasi palpabile, non ne capivo il motivo. C’era stato un bacio, sì, ma in fondo io non ero nessuno per lui, e non aveva nessun diritto di parlarmi in quel modo. «Il fatto che stiate insieme non ti dà diritto di trattarla in questo modo, sei un vero stronzo, Ryan» lo criticò il fratello. La temperatura in quella stanza si stava surriscaldando, e gli animi erano troppo irascibili, dovevo cercare di calmarli, prima che venissero alle mani. «Vi prego, non è successo nulla, non è il caso di litigare. Ryan, per favore...» Lui non mi ascoltò, anzi, il mio intervento lo rese ancora più ostile. «Tu stai zitta, non è affar tuo» si rivolse a me in modo astioso, e non riuscii a mascherare quanto mi avessero ferito le sue parole. La reazione di Thomas fu immediata, si buttò su Ryan così all’improvviso da coglierlo di sorpresa. «Sei un gran bastardo, non te la meriti una così. Dovresti solo vergognarti!» sbraitò. Ryan non si scompose, sul suo viso apparve un sorriso sarcastico. «Guarda, guarda. Il fratellino vorrebbe prendermi a pugni. La stai difendendo con la speranza che poi lei te la dia per gratitudine? Beh, non puoi averla. Lei è mia, hai capito? Cerca di starle lontano, la prossima volta che la toccherai te la farò pagare.» Non mi era mai piaciuta la violenza, e se io ne ero la responsabile dovevo fare di tutto per cercare di sistemare le cose. Mi aggrappai al braccio di Ryan e cercai di calmarlo, ma appena lo toccai mi spinse via, scostandomi la mano. «Ryan, ascoltami! Non c’è bisogno di fare così, credimi se ti dico che non si ripeterà più. Thomas, lascialo, per favore, siete fratelli non potete litigare così.» Mentre i due continuavano a guardarsi in cagnesco, dei passi risuonarono dall’ingresso. Era Garth, accompagnato da altre persone di cui non riconobbi le voci. Mi voltai e in quell’istante vidi due donne incantevoli entrare nella sala. «Thomas Anderson, togli subito le mani di dosso da tuo fratello, se non vuoi che ti prenda per le orecchie.» Fu incredibile come entrambi si separarono immediatamente, sbiancando in volto. La donna che aveva parlato aveva un aspetto delizioso, la sua voce era delicata ma autoritaria, e somigliava incredibilmente ai due fratelli. «Mamma?» Ryan si girò verso la donna, che si avvicinò, abbracciandolo con affetto. La donna si staccò da lui e nel girarsi verso di me rimase letteralmente a bocca aperta. «Bambina, cosa ti è successo?» Si voltò di colpo verso Ryan. «Dimmi che non sei stato tu.» Schiusi le labbra per chiarire l’equivoco, ma Thomas mi anticipò: «No, non è stato lui… purtroppo, sennò prenderlo a pugni non mi bastava.» «La volete finire! Non le ho fatto niente, cazzo» esplose Ryan. «Ho avuto solo un incidente d’auto» dissi subito prima che Ryan facesse a pezzi il fratello. Superato l’attimo di tensione, intravidi dietro la madre una ragazza straordinariamente bella. Mi guardava sorridente, non si avvicinò ma non spostò mai lo sguardo da me, rimase a osservarmi con attenzione. Era molto alta, almeno quindici centimetri più di me, con gli occhi scuri e penetranti. Guardandomi intorno mi resi conto di essere circondata da persone molto attraenti, peccato che accanto a loro io mi sentissi insignificante. «Bene, bene, bene. Dimmi un po’ fratellone, chi è questa ragazza che ci tenevi nascosta?» disse con una nota di scherno la giovane arrivata. Si avvicinò a me, aveva la stessa espressione di Thomas: un viso simpatico con occhi allegri. «Phoebe, smettila, non sono affari tuoi» Ryan rispose subito, mettendosi sulla difensiva. Fu l’altra donna che replicò, gentile ma decisa: «Ha ragione Ryan, tesoro. Non sono sicuramente affari tuoi. Ma sono affari miei, ho diritto in qualità di madre di sapere! Ora dimmi, chi è questa ragazza?» Gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di me, mi sentivo a disagio. Non mi piaceva stare al centro dell’attenzione, e sperai di essere almeno presentabile, visto chi avevo di fronte a me. «Beh, non ci crederete, ma siete in presenza della fidanzata del nostro “non voglio impegnarmi”» rispose Thomas. Tutti gli sguardi, compreso il mio, si spostarono su Ryan. Non riuscivo a spiccicare parola, non credevo a quello che avevo appena sentito. Ci avrebbe pensato Ryan a dire come stavano veramente le cose, anche se doveva trovare un modo per nascondere cosa ci fosse realmente tra noi. Si avvicinò a me molto lentamente, mi cinse la vita con un braccio, imprigionandomi contro il suo fianco, poi si rivolse alla madre con voce ferma e decisa: «Non avevo previsto la vostra visita, ma ormai non posso più tenerlo nascosto: mamma, Phoebe, lei è Elizabeth. Non è la mia fidanzata, ma ci frequentiamo da qualche settimana e stiamo bene insieme, tutto qui.» Si girò verso di me e mi strinse più forte a lui nell’intento di tacere la realtà dei fatti. «Che notizia meravigliosa! Finalmente ti sei deciso, tesoro!» La madre di Ryan era sinceramente felice della notizia e, guardando attentamente il fratello e la sorella, lo parvero anche loro. Nonostante questo, intravedevo in Thomas una scintilla d’invidia. «Beh, fratellone, questa sì che è una notizia bomba» esclamò Phoebe. Ebbi il sospetto che mi trovavo di fronte a una ragazza che non aveva peli sulla lingua e molto sicura di sé. «Phoebe, smettila di stuzzicare tuo fratello» la riprese la madre. «Non vorremmo dar subito una cattiva impressione a questa graziosa ragazza? Rischieremmo di farcela scappare.» Mi sorrise dolcemente e, avvicinandosi, tese il braccio e prese la mia mano tra le sue: «È un vero piacere fare la tua conoscenza.» «La ringrazio, signora. Il piacere è tutto mio, mi creda.» «Chiamami pure Nicole, bambina, altrimenti mi fai sentire troppo vecchia» poi lanciò uno sguardo interrogativo al figlio: «Avresti qualcosa in contrario se invitassi qualche volta Elizabeth a fare spese? Magari poi potremmo anche mangiare qualcosa insieme. Sempre se ti fa piacere, cara.» Ryan era dubbioso, alzò un sopracciglio e serrò la mandibola a tal punto che pensai che si sarebbe spaccato i denti. Mi voltai e risposi garbatamente alla donna: «Mi farebbe molto piacere uscire con lei, ma non so se riuscirò a darle del tu. Ecco, io… posso provarci.» Ero felice che la signora fosse così gentile, considerando che mi aveva appena conosciuta. «No, mamma, mi dispiace, ma per il momento preferisco di no. Magari tra un po’ di tempo, se a Elizabeth farà ancora piacere...» «Ryan perché...» tentai di replicare ma il suo sguardo severo bloccò la mia protesta. Cominciai a tormentare le mie unghie, ero molto giù, ormai la mia vita era nelle sue mani. Lui decideva, mentre io dovevo obbedire senza discutere. Mi sentivo in gabbia, vivevo in una splendida casa, questo era vero, ma per quanto fosse bella, era pur sempre una gabbia. «Starebbe con me, tesoro, di cosa ti preoccupi?»
Ryan prese un respiro, e per qualche secondo mi strinse più forte a sé: «No, mamma, non è per te. Ti chiedo solo di non insistere, dammi un po’ di tempo, e poi potrai portarla ovunque tu voglia, ma adesso non è proprio possibile, mi dispiace.» La donna fece spallucce e mi fece l’occhiolino: «Va bene, aspetterò. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, bambina.» Mi sfiorò il volto con la mano, poi si rivolse ai figli, che erano rimasti ad ascoltare in silenzio: «È ora di andare, ragazzi. Si è fatto tardi e Ryan è visibilmente stanco.» I due la guardarono interdetti. «Mamma, possiamo stare qui stanotte, a Ryan non dispiacerà, vero fratellone?» domandò Phoebe. Lui non rispose subito, ma, da come si era irrigidito, era chiaro che avrebbe voluto che tutti se ne andassero. Solo in quel momento pensai che così saremmo rimasti da soli. Questa prospettiva mi eccitò, però mi rese anche molto nervosa: non avevo dimenticato che, neanche ventiquattro ore prima, stava con un’altra donna. Sentii una stretta al cuore. Non andava bene provare questi sentimenti per lui, ma non potevo andarmene: avevo fatto un patto, e non intendevo venir meno alla parola data. L’unico problema era che, se mi sentivo così legata a lui in così poco tempo, cosa mi sarebbe accaduto dopo qualche mese? La voce di Nicole mi distolse dal groviglio di domande che riempivano la mia mente: «Smettila, Phoebe. Vuoi restare solo per tormentare tuo fratello! Ryan caro, sabato vi aspetto a casa per cena. Non trovare scuse, non accetto un “No” come risposta. Adesso togliamo il disturbo.» Baciò e abbracciò il figlio, la sorella fece lo stesso. Per la prima volta da quando lo conoscevo, vidi amore nel suo sguardo. Adorava la madre e la sorella, m’intenerì, ma allo stesso tempo mi fece capire quanto fosse freddo nei miei confronti. Improvvisamente mi trovai tra le braccia di Nicole. Era così gentile e affettuosa con me, che mi sembrava strano che una donna così buona potesse essere la madre di un tipo come Ryan. Mi stampò un bacio sulla fronte e, dopo avermi tenuto per qualche secondo il viso tra le sue mani, pronunciò una frase che mi commosse: «Benvenuta in famiglia, bambina.» Mi baciò ancora una volta e si diresse verso l’ingresso. Non riuscivo ancora a credere a ciò che avevo appena sentito. Salutai i ragazzi quasi senza rendermene conto, la mia mente era ancora alle parole che Nicole mi aveva appena sussurrato. L’avermi accettato senza sapere niente di me, mi aveva reso felice, anche se non c’era nulla di vero in ciò che le aveva detto Ryan. Le sue braccia mi avevano stretto calorosamente e i suoi baci mi avevano ricordato quelli di mia madre, e Dio solo sapeva quanto mi mancasse. Alzai il braccio per un ultimo saluto, prima che la porta si chiudesse alle loro spalle. Un pesante silenzio incombeva nella stanza. Sapevo che Ryan voleva parlare dell’accaduto, ma l’ira che avevo letto nei suoi occhi poco prima che arrivasse la madre, non lasciava presagire nulla di buono. Decisi così per una ritirata strategica, cercando di inventarmi un mal di testa inesistente. «Credi che basti una banale scusa per evitarmi?» pronunciò lui tagliente. La tensione s’impadronì del mio corpo. «No, hai ragione. So che dobbiamo parlare, ma vorrei che ti calmassi prima.» Trattenni il respiro, aspettandomi un’esplosione di collera. «Io sono calmissimo, Elizabeth. Volevo solo che mi spiegassi perché cazzo Thomas stava cercando d’infilarti la lingua in gola!» Il mio volto diventò così rosso che lo sentii prendere letteralmente fuoco. Strinsi le labbra: non mi piaceva quando mi parlava in quel modo. Era arrivato il momento che la smettesse di rivolgersi a me come un orso: «Non hai nessun motivo di essere così volgare. Mi ha baciato, fine della storia.» Questa volta ero veramente arrabbiata: faceva tante storie per un bacio, mentre lui se l’era spassata con chissà chi. «Ho tutti i motivi che voglio! Fino a quando il nostro accordo non sarà concluso, nessuno dovrà mai toccarti, hai capito Elizabeth?» Spalancai gli occhi dalla sorpresa. Era forse geloso? No, era impossibile, scartai subito quell’ipotesi. Lui era solo un uomo che godeva nel possedere le persone in esclusiva, come si faceva con gli oggetti. Non riuscii più a controllare la mia collera e cominciai a urlargli in faccia: «Perché?» «Perché non mi piace condividere, Elizabeth. Il discorso è chiuso, devi stare lontano da Thomas, lui è un off limits per te, non solo per adesso, ma per sempre!» Fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso, non mi riteneva all’altezza di frequentare il fratello, non che io pensassi il contrario, ma sentirlo dire dalla sua bocca, mi ferì moltissimo. «Naturalmente, Ryan, non hai da temere niente. Sono pienamente consapevole di non essere degna di persone come voi, so stare al mio posto.» Mi sentivo mortificata. «Non era questo ciò che intendevo...» Alzai la mano, interrompendolo. Non volevo delle scuse, era così e basta ma, nonostante mi ripetessi che era stato solamente sincero, la cosa mi bruciava dentro. Mi voltai di scatto e mi misi a correre verso le scale. Nella mia precipitosa corsa, rischiai di cadere rovinosamente per terra, ma non mi fermai, avevo bisogno di stare da sola, perché di lì a poco ero certa che sarei scoppiata a piangere, e volevo salvare quel briciolo di dignità che mi era rimasto. «Aspetta, Elizabeth, non andartene. Non abbiamo ancora finito noi due!» Sapevo che si sarebbe infuriato, e che non obbedendo avrei peggiorato di certo la situazione, nonostante tutto continuai la mia corsa fino a quando non mi trovai al sicuro, nella mia stanza da letto. Sentii il pugno di Ryan battere contro la porta che avevo prontamente chiuso a chiave. Decisi d’ignorarlo, mi portai la mano al petto, sperando di calmare i battiti impazziti del mio cuore. Avevo ancora l’affanno, ma di certo non per la breve corsa appena fatta. Tentai di tranquillizzarmi, buttando fuori lentamente il fiato, e cominciai a svestirmi. Gettai i vestiti sul pavimento, senza preoccuparmi di metterli a posto, cominciai a camminare avanti e indietro, e indossai la maglietta di Ryan, quella che ormai usavo per dormire. «Elizabeth, apri immediatamente questa porta! Non costringermi a buttarla giù.» Mi strinsi il corpo con le braccia, temevo che l’avrebbe fatto sul serio. Ciononostante, non obbedii. «Vattene, per favore. Ho bisogno di stare da sola, ti prego, lasciami in pace.» Indietreggiai di un passo alla volta, fino a trovarmi con le spalle al muro. «Elizabeth! Fammi entrare subito, cazzo!» ormai stava urlando, era imbestialito. Il panico crebbe sempre di più, impedendomi di muovermi anche di un solo millimetro. All’improvviso sentii un colpo talmente forte, che la porta tremò, ma restò fortunatamente ancora chiusa. Tirai un sospiro di sollievo: Ryan stava cercando di sfondarla, senza risultato. Arrivò un altro colpo, accompagnato da uno scricchiolio sinistro. Non potevo crederci, la porta stava per cedere. Cercai di andare verso il bagno, ma il baccano dei colpi e il rumore del legno che andava in frantumi, mi bloccarono. Due occhi argentati mi penetrarono: era fuori di sé. Un campanello d’allarme suonò nella mia testa, dandomi la spinta per andare dare a rifugiarmi nel bagno, ma il corpo possente di Ryan si frappose tra me e la mia salvezza. «Eh no, ragazzina, questa volta non ti permetterò di sfuggirmi. È arrivato il momento d’iniziare a pagare il tuo debito.»

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