Capitolo primo

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Primo insegnamento, parte prima: mai fidarsi di una strega, mai.

Stella del Cane, poteva essere chiamato, beveva consuetamente dal calice il suo amato idromele, prospettando un nuovo giorno di regolarità ad Asgard. Moglie e figli legittimi erano morti, gli unici progeniti rimasti in vita gli erano nemici: Hel, se la potevamo reputare viva, la guardiana dei morti, affrontava la giornata nella Fortezza Nera, nel Mondo degli Inferi, con il moscio amato Balder, il quale Loki le aveva donato (egli in precedenza soggiornava nell'attuale dimora del Bugiardo: era detto "Dio della Pace", figlio di Odino); Fenris alias Fenny godeva la sua padronanza nella Foresta di Ferro, mentre il serpente Jormungand nel Mondo Sotterraneo rimaneva esiliato (i serpenti venivano ripudiati da suo padre, potete immaginarvi, quindi, l'amore genitoriale di cui poteva offrirsi).

Tutti bastardi, frutto di passione. Angrboda, o Angie, madre dei tre summenzionati badava al lupo Fenris, ancora adolescente. Lei sì che potevamo definirla una strega con i fiocchi: era molto potente e, se dovessimo guardarla con gli occhi dell'amante, anche molto eccitante.

La calma venne spezzata da un tuono: Thor poteva esserne il colpevole. Il Burlone posò il vetro, alzando il suo corpo atletico, ma sicuramente non possente come appariva la figura del Tuono. Sarebbe cambiato qualcosa in quel preciso istante.

Il Viandante, delle quali il Vecchio prendeva le vesti non dava presenza da due stagioni. Dio che amava il Popolo si impegnava a visitarlo in vesti sconosciute dalle Genti, con scampagnate che l'Astuto derideva.

Affacciatosi dalle sue stanze non vide però il suo compagno di viaggi (i due esploravano spesso le terre a loro disposizione, in cerca di avventure e, talvolta, anche di donne). Una fiamma dentro di lui si accese, la chiamavano "curiosità", ma il Figlio del Caos aveva da sempre creduto che esso fosse solo un insulso pseudonimo il quale nome reale doveva essere "modo per morire". Simile emozione lo impossessava in casi a parte, solamente quando prendeva sembianze umane: nella sua vera forma di fuoco non provava nulla. A sua vista, i sentimenti erano l'unica fronte negativa della vita da mortale, mortalità stessa a parte.

Tutti gli ammiratori (giusto per dare spazio ad un po' di sarcasmo) di Lucky brandivano posto in prima fila allo spettacolo dell'orizzonte. Il Rosso non trovava nulla fuori posto: la neve delle Genti delle Montagne era perenne sulle valli ed il cielo, limpido come non mai. Forse l'unico dettaglio ad immettere una campanella d'allarme era la vista di Hugin e Munin, i messaggeri del Generale, con meno piume del solito: normalmente si potevano osservare solo in forma di corvi, solamente in casi estremi mutavano.

Hugin era il più loquace, Munin sembrava la più viglie. Erano tutti e due nervosi, e a ragione: ora il Cane poteva capire lo sconforto nella quale era caduta Asgard. Dal Ponte dell'Arcobaleno si poteva intravedere Odino, ma il fatto sconvolgente era che non fosse solo. No, forse neanche ciò poteva mettere tutti sull'attenti. Specificatamente, non era il fatto di essere in compagnia, ma la persona con cui dava presenza, a scoccare le armi.
L'Antico, con l'unico occhio che aveva, li ammonì, freddamente.

<<Vecchio, ma cosa ti sta passando in testa?! Per Hel!>> Heimdall prese parola. Già Loki si era impossessato di un posto in prima classe, il Re della Menzogna, ad Asgard... La Sentinella non era al settimo cielo al solo pensiero. Ma Gullveig-Heid cosa poteva volere da loro?

Potrei parlarvi di una leggenda, ma io non sono qui, ora, per raccontare il passato, ma per mostrare il futuro, di conseguenza vi basti sapere che la soprannominata Heidi, parte dei Vanir, ma poi rinnegata, stipulò un accordo con il Caos e in tali propositi attaccò gli Æsir. Ah, giusto, dimenticavo: a quel tempo il Nostro Protagonista era volontariamente parte delle sue legioni, generale per eccellenza, voleva vendicarsi di Odino, ma per salvarsi la pelle cambiò ideali di vincita; in ogni caso, questa è tutt'altra storia.

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