La bianca pavimentazione dell'Agorà delle Direzioni si scuriva man mano che la distanza dalla piazza centrale cresceva. Gradualmente divenne di un intenso colore blu, come quello dei gioielli in lapislazzuli, venata di linee dorate nei punti in cui le mattonelle si univano.
Quando Garondyna raggiunse l'inizio del viale il blu s'era assestato in una tinta ultramarina, definita e da lì sempre regolare.
Aggirò la macroscopica Aquila Imperiale che divideva il primo segmento della via dal secondo, il tratto centrale che, serpeggiando con largo svaso, si divideva a bivio ogni volta che scivolava davanti ad una delle tre verdissime aiuole.
Si spostò gradualmente sul camminamento pedonale di destra per non calpestare i teschi, dorati e con dietro l'osso della nuca un paio di bianche ali spalancate, che puntellavano gemelli e paralleli la sezione centrale della via.Passare proprio su quelle mattonelle, pure con tutta la strada a disposizione, non era vietato e non vedeva alcun cartello alzarsi a proibirlo con avvisi a lettere cubitali ma le sembrava comunque qualcosa d'irrispettoso.
Era... era quasi uno sgarbo, ecco.
Erano mattonelle rievocative, inscritte delle battaglie combattute e dei trionfi vinti dalla Legio Lunar. Ognuna nominava esattamente ottantotto eroi caduti a partire dai primissimi scontri al principiare del trentesimo millennio, quando la Luna era stata unita all'Imperivm. Assieme a loro c'erano settantasette voci ignote, segnate come tali, messe a ricordare silenziosamente il fatto che non tutti i martiri per l'umanità potevano essere ricordati con glorie, onori e canzoni.
Passarci sopra le dava un sapore sbagliato.
La prima aiuola le scivolò gradualmente sulla sinistra. Un rigagnolo cristallino ruscellava quieto nel minuscolo, bassissimo fossato che divideva il prato dalla ringhiera.
Il profumo di cento diversi tipi di fiori le pungeva il naso. Erano sparsi a chiazze sulla collinetta e messe quasi per impedire al prato, altrimenti curatissimo e pareggiato, d'essere un monotono tappetino verde.
Si coprì il naso con un fazzoletto quando gli effluvi la fecero starnutire e continuò di buon passo la sua camminata verso l'uscita dal parco. La via scivolò verso il basso. Fiancheggiando i suoi passi con un muretto segnato da vasi di piante rigogliose e teschi d'ossidiana issati su capitelli memoriali, la portò ad una lieve china precedente il bordo della seconda aiuola.
Le lampade davano riflessi azzurrini alle ringhiere scure, con uno scintillio basso, cromato e ripetuto che s'alzava quando le loro luci colpivano la spada della Confratenitàs e gli ingranaggi dentellati, dominanti in silenzio.
Sulla cima albeggiò una cintura di statue colorate, alzate sopra un circolo di gradini bianchi e porosi che salivano a formare un cono di supporto, un'arena per sostenerle. Dalla strada l'effetto prodotto era quello di alzarle, a modo suo graziosamente, alla vista.
Una figura centrale dominava la vera di statue facendosi titanica sopra di loro. Da lontano il circolo poteva apparire come composto unicamente da Confratelli Ac Sthallivm, compagni di quelli dell'Agorà centrale e come loro intenti a dar battaglia ma era un'illusione.
Una finta presto dissipata.
I Cavalieri ed i Paladini della Confraternitàs erano presenti in quel circolo, sì, con numero e possanza espressa in quelle posizioni aggressive e slanciate alla battaglia con le quali erano stati ritratti dagli scultori però erano lungi dall'essere i soli comprimari del gigante.
A dominare sulle loro già stolide ed alte figure, superiori in statura d'almeno una testa e mezza, v'erano degli Adeptvs Astartes.
I suoi passi l'avevano condotta ormai a pochi passi delle ringhiere. Si spostò per costeggiarle. Di buon passo lasciò correre le inferriate stando attenta a non urtare i sigilli di purezza che vi erano stati apposti sopra.
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Band of Heroes Saga: the Aurelian Crusade
FanfictionNelle aule più riservate del Palazzo Imperiale, al di sotto di cupe volte gravate dal peso dei tanti millenni trascorsi, tra le mura di un salone dalla sconfortante vastità e lungo una parete ricca di crepe, illuminata da macchinari barocchi che mai...