1.1 - COME IL MARE IN TEMPESTA

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Anche quel giorno, Emilia si era data alla strada: aveva assestato un colpo deciso al portone in legno massello di casa sua e si era lanciata a rotta di collo sulle scale del condominio dove abitava. Aveva costeggiato via Magenta fino ad arrivare in piazza Attias con De André che le sussurrava parole d'amore nelle orecchie, e poi si era diretta verso il mare, calpestando le solite vecchie piastrelle dei marciapiedi livornesi, senza badare agli sguardi indiscreti della gente, sempre con gli occhi fissi sui piedi veloci, per evitare di inciamparci sopra.

Emilia era impossibile non notarla, neppure se l'avessi voluta cancellare dalla faccia della Terra, o quantomeno dalla sua Livorno. C'aveva sedici anni e pochi mesi, ma il viso era ancora quello di una bambina con le gote tinte di un rosa vivace, gli occhi di un azzurro un po' sporco, lo stesso colore del mare d'inverno quando non ne vuol sapere di starsene buono e calmo.

Emilia negli occhi c'aveva Livorno, porto di anime incomprese come lei. D'altra parte la gente a Livorno ci andava per stare bene, e si sapeva che in quella città di mare erano tutti i benvenuti – per via di quelle Leggi Livornine che non discriminavano nessuno.

Sarà stato che Emilia era livornese dalla nascita e prima di lei la madre, il padre, i nonni e i nonni dei nonni erano stati livornesi. Non c'erano dubbi, Emilia era certificata livornese, sarà stato per quello che nei suoi occhi ti sentivi a casa.

COME IL MARE IN TEMPESTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora